Telemeloni non riesce a sfilare spettatori di centrodestra a Mediaset, nonostante i tentativi di rivoluzionare i palinsesti. La dimostrazione sta in un sondaggio di Swg, che certifica come gli elettori d’area continuino a preferire Mediaset
Telemeloni non funziona, e non è la prima volta che i dati lo rivelano. A fare un passo in più è Swg, che in un recente report segnala come il telemercato di quest'estate abbia favorito Mediaset: dalla Rai, invece, gli spettatori si sono allontanati. Soprattutto quelli di sinistra, che però non vengono compensati da chi vota la destra e ha con la nuova gestione preferisce il servizio pubblico.
Secondo il sondaggio, infatti, il 9 per cento degli intervistati oggi si sente più vicino di prima allo stile e all’offerta di Mediaset, mentre apprezzano la Rai il 6 per cento degli intervistati in meno rispetto a qualche tempo fa. A essere particolarmente interessante però è il dato specifico per area politica: nel dettaglio, infatti, si sento più attratti da Mediaset il 26 per cento degli interpellati di centrodestra in più rispetto a prima, mentre i palinsesti di viale Mazzini ne catturano il 15 per cento in più. Il tonfo per gli ascolti della Rai arriva però dall’elettorato di centrosinistra: a sentirsi più lontano di prima dai palinsesti è ben iI 34 per cento degli intervistati.
Il sondaggio rivela anche che nel complesso le scelte di Pier Silvio Berlusconi, che ha voluto rimuovere il trash dai palinsesti di Cologno Monzese, è parecchio più apprezzata delle nuove proposte della Rai. La scommessa del servizio pubblico dunque non paga: gli elettori di centrodestra che hanno un nuovo interesse per la Rai non compensano quelli di centrosinistra che se ne sentono meno attratti. E, comunque, se devono scegliere, preferiscono sintonizzarsi su Mediaset.
Ugualmente interessante è un’altra domanda posta agli intervistati in cui si domanda quale sia la ragione alla base dei cambiamenti dei palinsesti: per quanto riguarda Mediaset viene identificata soprattutto la novità e la voglia di innovazione rispetto al passato (53 per cento), in Rai il motore dei ritocchi alla programmazione per il 60 per cento degli intervistati sono le logiche politiche.
Conduttori non azzeccati
Che il telemercato abbia influito sulla scelta dei telespettatori viene invece rivelato chiaramente da una domanda che verte su quale sia la ragione prioritaria per guardare un programma piuttosto che un altro: per l’83 per cento degli intervistati è il conduttore, per il 61 per cento a contare è l’emittente televisiva.
Infatti tra i conduttori c’è chi raccoglie più seguito e chi meno: a guidare la classifica è Bianca Berlinguer (che effettivamente ha mantenuto la stessa quota di share che raccoglieva in Rai) con il 63 per cento di opinioni positive. Seguono Caterina Balivo, Fabio Fazio, Pino Insegno Lucia Annunziata e Myrta Merlino. Nunzia De Girolamo si ferma al 46 per cento. Una percentuale anche generosa rispetto all’ultima performance dell’ex ministra conduttrice.
Martedì il suo programma si è fermato al 2,7 per cento di share, ultima delle prime otto reti. Per avere un termine di paragone: Berlinguer arriva al 6,1 per cento, Di martedì al 7,5 per cento, Boomerissima su Raidue tocca il 6 per cento, ma De Girolamo è battuta addirittura da Pechino Express su Tv8. Tant’è vero che Emanuela Imparato, capoprogetto di Avanti popolo e braccio destro di Massimo Giletti, ieri ha presentato le proprie dimissioni. Starà a Freemantle trovare un sostituto, ma sembra la ciliegina sulla torta per due mesi di programmazione che hanno certificato come la Rai continui a perdere costantemente terreno nei confronti del grande rivale, Mediaset.
Serve a poco che viale Mazzini dirami una nota nel corso della giornata per specificare che a essersi ristretta è tutta la platea dei telespettatori in generale, secondo i vertici Rai in parte compensata dalla fruizione online.
Una lettura che però non perdona il flop di quasi tutte le scelte dei nuovi vertici, con i nuovi programmi incollati ad ascolti rachitici e una tenuta delle trasmissioni storiche che regge in piedi l’azienda (e le prospettive della raccolta pubblicitaria): da Pino Insegno a Max Giusti, gli esperimenti non hanno premiato le idee dei dirigenti meloniani. Una circostanza su cui vuole vederci chiaro l’opposizione, che chiede la convocazione dei vertici in commissione Vigilanza (dove però il ciclo di audizioni trimestrali è già stato pianificato per le prossime settimane).
A gennaio, poi, i palinsesti saranno quasi tutti da rifare. L’attesa è grande per il rientro di Giletti, dopo che il lancio dell’altro big rimasto nella scuderia di viale Mazzini, Fiorello, è arrivato con tutti i crismi e le speranze del caso a inizio settimana. Che riesca a rilanciare Raidue da solo resta da vedere.
La rete è in grossa difficoltà, ma l’azienda è riuscita a non valorizzare a dovere neanche l’intervista esclusiva al papa di Gian Marco Chiocci del primo novembre: l’orgoglio dell’ad Roberto Sergio è arrivato solo in tarda serata, quello del direttore generale alla governance – e non all’offerta editoriale – Giampaolo Rossi addirittura il giorno dopo, nonostante le agenzie avessero battuto la notizia già nella mattinata di mercoledì.
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