- L’Italia è da lungo tempo un epicentro del fenomeno anarco-insurrezionalista e rappresenta un riferimento per i gruppi anarchici di diversi paesi del mondo.
- Le forme e i contorni della minaccia anarchica in Italia potrebbero subire dei mutamenti con il ritorno dell’anarchismo al centro del dibattito pubblico.
- Il caso Cospito potrebbe attirare simpatie e indurre all’emulazione.
L’anarco-insurrezionalismo italiano è arrivato ora al centro della discussione pubblica e della polemica politica con la vicenda di Alfredo Cospito, ma in realtà ha una storia lunga e rilevante nel nostro paese. L’Italia, infatti, costituisce storicamente un epicentro fondamentale di questo fenomeno estremistico, che pure è diffuso in altri paesi.
L’anarchismo insurrezionale rappresenta una tendenza estremistica all’interno dell’eterogeneo movimento anarchico, che enfatizza appunto la pratica dell’“insurrezione” rivoluzionaria attraverso immediate azioni illegali e violente, non soltanto contro cose (per esempio, ripetitori, veicoli, sportelli bancari e così via), ma anche ai danni di persone.
Nel nostro paese, già dalla metà degli anni Ottanta, gruppi e individui anarchici erano stati responsabili di decine di attacchi.
Per più di un decennio, le tattiche più utilizzate erano state atti di vandalismo, sabotaggi e incendi dolosi su piccola scala. Dal punto di vista dell’uso della violenza, la svolta è maturata soltanto alla fine degli anni Novanta, quando gli anarchici insurrezionalisti hanno iniziato a usare frequentemente metodi più pericolosi, come ordigni esplosivi.
La Federazione anarchica informale
In Italia l’entità più importante di questa frangia estremistica è la famigerata Federazione anarchica informale (Fai), una rete di individui e piccoli “gruppi di affinità” temporanei. È importante ricordare a questo proposito che la Fai informale non ha nulla a che vedere con la storica Fai (Federazione anarchica italiana), del cui acronimo si è deliberatamente appropriata in modo beffardo.
Subito dopo la sua nascita nel 2003, la Fai informale ha lanciato una campagna di violenza terroristica, anche contro persone; il suo primo obiettivo, nel dicembre di quell’anno, è stato l’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi.
Negli anni successivi, decine di atti di violenza sono state rivendicate con il “brand” Fai informale in Italia e anche in altri paesi europei.
La maggior parte degli attacchi contro persone ha assunto la forma di lettere bomba e di ordigni esplosivi rudimentali. Soltanto in una occasione due affiliati alla Fai, tra cui proprio Alfredo Cospito, hanno fatto ricorso a un’arma da fuoco, per gambizzare il manager Roberto Adinolfi a Genova, il 7 maggio 2012.
Questa lunga scia di attacchi ha provocato feriti, ma, ad oggi, nessun morto; tuttavia, alcuni di questi atti di violenza erano potenzialmente letali. Anche per questa ragione, da anni le autorità italiane considerano l’anarco-insurrezionalismo la principale minaccia terroristica interna, escludendo il pericolo jihadista.
Al centro del progetto eversivo dell’anarchismo insurrezionale si è posta proprio la Fai. Come enfatizza l’aggettivo «informale», questa entità si è sempre presentata come una rete priva di centro decisionale, orizzontale, persino dichiaratamente caotica, fondata su un’applicazione compiuta del principio anarchico dell’opposizione a qualsiasi organizzazione gerarchica.
La Fai informale è formata da singoli individui o piccoli “gruppi di affinità” dotati di larga autonomia.
Mostrando alcune similitudini organizzative con altre forme di estremismo violento contemporanee (come il “sistema”, contrapposto alla “organizzazione”, dello jihadismo globale in occidente e la “resistenza senza leader” dell’estrema destra americana), gli anarco-insurrezionalismi non hanno bisogno di conoscersi personalmente tra loro, di appartenere organicamente a una medesima organizzazione né tantomeno di ricevere ordini per attivarsi.
Questo modello altamente decentrato e mutevole, peraltro favorito da alcuni aspetti delle nostre società come lo sviluppo del web, tende a resistere meglio all’azione di infiltrazione e repressione degli apparati di sicurezza. In questa visione, la Fai non è tanto un’organizzazione, quanto un “metodo” d’azione.
Nondimeno, occorre sottolineare che le dinamiche interne della Fai, così come le sue stesse dimensioni in termini di aderenti, non sono ancora pienamente note.
È quindi opportuno verificare con accuratezza se il modello organizzativo pubblicizzato ufficialmente da questa sigla clandestina trovi sempre riscontro nei comportamenti effettivi.
In questa direzione, alcune indagini svolte di recente sulla Fai hanno suggerito che la rappresentazione ufficiale di un network fluido possa persino costituire soltanto uno “scudo”, studiato a tavolino per fronteggiare la “repressione” statale (anche in merito alla configurabilità del reato di associazione con finalità di terrorismo, previsto dal Codice penale): in particolare, una sentenza della Corte d’Assise di Torino del 2019, in discontinuità con pronunce precedenti, ha esplicitamente sostenuto che la Fai informale presenta clandestinamente un «organismo centrale» che coordina l’azione delle sue cellule e che quindi non aderisce nei fatti al modello teorico che propugna a parole.
La rete avrebbe quindi “nodi” rilevanti, e Cospito sarebbe uno di questi.
L’internazionalizzazione
Il progetto “rivoluzionario” dell’anarco-insurrezionalismo si estende peraltro al di là dei confini nazionali.
Lo stesso Cospito ha enfatizzato la dimensione internazionale della “lotta”, anche negli scritti estremistici che ha diffuso dal carcere prima che fosse sottoposto al regime del 41 bis. In questa direzione, gli aderenti alla Fai informale hanno costruito nel tempo contatti e relazioni con gruppi e militanti stranieri.
In particolare, questa rete clandestina ha forti legami ideologici e di solidarietà con i gruppi anarchici greci, specialmente con la Cospirazione delle cellule di fuoco (Ccf), un gruppo armato rivoluzionario anarco-individualista emerso nel 2008.
Intorno al 2011, la Fai ha anche ufficialmente promosso lo sviluppo del Fronte rivoluzionario internazionale (Fri), con l’ambizione di coordinare gruppi di azione ideologicamente affini a livello internazionale.
Negli ultimi anni, diversi militanti e gruppi hanno utilizzato il marchio Fai per rivendicare la responsabilità dei propri attacchi (di solito atti di sabotaggio o incendi dolosi) in diversi paesi, dal Cile all’Indonesia.
La minaccia anarchica
In Italia, la minaccia posta dall’anarco-insurrezionalismo è stata efficacemente contrastata con diverse operazioni di polizia, ma non è venuta meno. Di recente, come altri estremisti violenti, militanti anarchici hanno cercato di approfittare della pandemia di Covid-19, denunciando le presunte modalità repressive e militariste con le quali l’emergenza sarebbe stata affrontata.
Tra gli attacchi, si può anche ricordare l’attentato incendiario al portone dell’Istituto superiore di sanità nella sera del 14 maggio 2021.
Oggi, gli anarco-insurrezionalisti potrebbero essere in grado di beneficiare dalla visibilità che il caso Cospito sta offrendo. A ben guardare, molto prima che questo esponente di spicco della Fai finisse al centro del dibattito pubblico, molte «azioni dirette» erano già state compiute «in solidarietà rivoluzionaria con i compagni imprigionati» in Italia e all’estero.
La solidarietà con i detenuti, infatti, è da sempre un aspetto assolutamente centrale dell’anarco-insurrezionalismo.
Questo tema di mobilitazione, peraltro, può consentire di ridurre le distanze con altri settori della galassia anarchica e del mondo composito dell’antagonismo e, in casi eccezionali, come appunto l’affaire Cospito, potrebbe attirare simpatie, più o meno passive, anche dall’esterno di tali ambienti radicali, potenzialmente non soltanto per la specifica vicenda umana del detenuto in sciopero della fame, ma anche per la sua causa estremistica e violenta.
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