- Nazionalismo, popolarismo e conservatorismo, con varie sfumature, sono le tre grandi correnti della destra europea. Molti partiti europei, di governo e non, si ritrovano in una di queste ideologie oppure combinano i loro elementi così da tenere insieme fermezza e moderazione.
- È osservando questo paesaggio europeo che Giorgia Meloni ha definito la propria identità politica negli ultimi anni. Il punto di partenza era naturalmente il nazionalismo, derivante dall’esperienza di Alleanza Nazionale.
- La sfida del conservatorismo meloniano è affrancarsi del tutto dal post-fascismo e dalla postura anti-establishment per spostarsi nell’asse della destra di governo europea. Una strategia sensata sulla quale pesa però il dubbio relativo alla consistenza del partito.
FOTO
01/05/2022 Milano, MICO, giornata finale del congresso di Fratelli dÕ Italia. Italia energia da liberare, conferenza programmatica di FdI. Fitto
Nazionalismo, popolarismo e conservatorismo, con varie sfumature, sono le tre grandi correnti della destra europea. Molti partiti europei, di governo e non, si ritrovano in una di queste ideologie oppure combinano i loro elementi così da tenere insieme fermezza e moderazione.
È osservando questo paesaggio europeo che Giorgia Meloni ha definito la propria identità politica negli ultimi anni. Il punto di partenza era naturalmente il nazionalismo, derivante dall’esperienza di Alleanza nazionale.
Quello di Gianfranco Fini, però, era un nazionalismo accomodante, tollerante con l’Europa, laico, che aveva rotto col post fascismo e con l’antisemitismo. Una piattaforma non più sostenibile nell’èra dell’antipolitica e del populismo.
Così, a destra, si è iniziato a guardare ad altre esperienze. Dai conservatori inglesi, fondatori del gruppo dell’Ecr, si è carpito lo scetticismo verso un’integrazione europea omnicomprensiva; dal nazionalismo post sovietico si è estratto il tradizionalismo cattolico sui temi etici e il senso dello stato sovrano; dai Repubblicani americani la polemica contro il politicamente corretto e dal trumpismo l’idea di voler rappresentare i “dimenticati della globalizzazione” da destra.
Con questa pragmatica combinazione Fratelli d’Italia si è infilato nella crisi del popolarismo europea, la destra moderata egemone in tutta Europa fino a qualche anno fa. In Italia, il popolarismo è entrato in una crisi irreversibile proprio con l’esplosione del Popolo della Libertà, da cui è nato Fratelli d’Italia, mentre in Europa la sua crisi è culminata con la fine dell’èra Merkel, la sconfitta del Partido popular in Spagna, la retrocessione a medio partito dei gollisti.
Quella cultura, per lungo tempo incline a fare concessioni ai progressisti e a governare con socialisti e liberali, si è consunta ed è stata sopraffatta dalla nuova destra Il conservatorismo è un concetto, dunque, che viene utilizzato per marcare una destra diversa dall’ultimo popolarismo, troppo pallidamente centrista, ma senza ricorrere a termini più controversi come nazionalismo, populismo e tradizionalismo.
La cultura di Fratelli d’Italia
In tutto questo processo evolutivo, dunque, chi ha costruito e gestisce la vita culturale di Fratelli d’Italia? Ci sono i padri nobili d’area, già protagonisti della stagione aennina, come Gennaro Malgieri, Marcello Veneziani, Pietrangelo Buttafuoco, Gennaro Sangiuliano e Alessandro Giuli.
Poi c’è un giovane capace e intraprendente come Francesco Giubilei. Editore sin da adolescente di testi conservatori, fondatore dell’associazione Nazione Futura, Giubilei ha costruito un vasto network internazionale che va da Budapest fino agli Stati Uniti.
Scrive su The American Conservative, ha partnership editoriali con Regnery, partecipa agli incontri della Edmund Burke Foundation e fa parte della rete internazionale del National Conservatism fondato dall’israeliano Yoram Hazony.
In Italia, Giubilei, che non ha incarichi nel partito, presiede la Fondazione Tatarella che funge da cassa di risonanza alle nuove idee conservatrici così come la Fondazione Farefuturo di Adolfo Urso, una macchina da guerra in fatto di seminari, presentazioni di libri e scuole di politica.
La direzione scientifica è stata di recente affidata a Luigi Di Gregorio, un brillante politologo con importanti pubblicazioni internazionali e già advisor della comunicazione di molte campagne elettorali della destra.
Se la Fondazione Tatarella rappresenta l’anima storica che lega Fratelli d’Italia ad Alleanza Nazionale, Farefuturo rappresenta la destra istituzionale, una fondazione che ambisce a fornire personale di governo. Nella stessa costellazione, ma spostato più a destra, c’è l’Istituto Stato e Partecipazione, diretto dallo storico Francesco Carlesi, che si occupa di temi sociali ed economici con una prospettiva più corporativista e protezionista.
A cosa serve Fitto
Da ultimo, non va dimenticato l’operato di un politico esperto come Raffaele Fitto che in questi anni ha aperto a Meloni le porte del gruppo Ecr, dove già stazionava da anni con la sua componente Conservatori&Riformisti.
Fitto è un moderato, di estrazione popolare, ben introdotto a Bruxelles con tutto il mondo del centrodestra europeo. È lui il gancio con la fondazione New Direction, sponsor di molti eventi internazionali dei conservatori. E proprio questo legame europeo di Meloni offre l’occasione per ampliare la riflessione sulla sua destra.
L’opera di moderazione e avvicinamento all’establishment, seppur ancora incompiuta, può dare il senso della missione di Fratelli d’Italia, se sarà il primo partito della nuova maggioranza: portare il gruppo dei Conservatori dell’Ecr nel mainstream della politica europea insieme a popolari, liberali e socialisti.
La presenza assidua in Italia di Manfred Weber, presidente del Ppe, e le sue aperture politiche ai conservatori sono più di un segnale alla leader di Fratelli d’Italia. Come a dire a Meloni di prendere il suo bagaglio culturale e il suo risultato elettorale per traghettare i Conservatori verso una qualche forma di alleanza, o almeno di cooperazione, con i Popolari al fine di dare legittimazione ai primi e nuova linfa ai secondi.
Qui risiede, in buona sostanza, la sfida del conservatorismo meloniano: affrancarsi del tutto dal post fascismo e dalla postura anti establishment per spostarsi nell’asse della destra di governo europea.
Una strategia sulla quale pesa però il dubbio relativo alla consistenza del partito. Fino a che punto, infatti, nel corpaccione di Fratelli d’Italia sono disposti a seguire Meloni, nella sua operazione di compromesso politico e culturale, al fine di essere pienamente accettata come leader in Europa?
© Riproduzione riservata