Con la scomparsa del suo leader il partito poteva squagliarsi, fra divisioni interne e lotte per il potere. Invece ha saputo organizzarsi, mantenendo un elettorato di riferimento. Ora può tornare centrale anche in Europa
Quasi nessuno avrebbe scommesso, dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, che Forza Italia potesse arrivare così bene in vista delle elezioni europee. Molti analisti si attendevano una quasi immediata lotta intestina per l’eredità del capo, con conseguente possibilità di scissioni, e quasi tutti puntavano su un rapido collasso del consenso del partito proprio per il venir meno dell’eccezionalità di Berlusconi.
La leadership del Ppe, lo scorso settembre, si interrogava in privato se Forza Italia avrebbe potuto superare o meno la soglia di sbarramento del 4 per cento prevista dalla legge elettorale per entrare nel Parlamento europeo. Sei mesi dopo le cose stanno diversamente sia per merito del partito, il cui gruppo dirigente si è dimostrato a sufficienza coeso, sia per le scelte degli alleati, con Salvini che ha virato ancor più a destra e Meloni che gioca sulle ambiguità oscillando tra sovranismo e realismo.
I moderati
Forza Italia ha ottenuto un buon risultato in Sardegna, superando ampiamente la lista della Lega, e può ripetersi in Abruzzo e Basilicata. Oggi sia i sondaggi sia i segnali dal territorio lasciano presagire che il partito supererà abbondantemente la soglia di sbarramento alle Europee.
Di recente, inoltre, Forza Italia ha celebrato il suo congresso che ha confermato il ministro Tajani alla segreteria ed eletto quattro vice che esprimono un bilanciamento tra la storica anima liberale (Bergamini) e le nuove leve (Benigni), tra il nord (Cirio) e il sud (Occhiuto). Questo assetto ordinato sembra aver risolto, almeno nel breve periodo, anche i problemi di finanziamento del partito dovuti al venir meno della garanzia offerta da Berlusconi.
L’attuale resistenza di Forza Italia oltre Berlusconi mostra inoltre come l’elettorato di centrodestra resti coeso ma al tempo stesso composito: non tutti gli elettori sono affascinati dalla donna forte e non tutti credono alle promesse del sovranismo duro e puro.
C’è una quota di elettori di centrodestra, storicamente indisposti a votare altrove e disposti ad accettare alleanze con chi è più conservatore, che però non vuole rinunciare alla propria anima liberale, moderata, europeista e filo-atlantica.
Il centro
Da questo punto di vista, dunque, Forza Italia è una pedina strategica molto importante per la coalizione di centrodestra. Essa può bilanciare col suo atlantismo ed europeismo le spinte russofile ed euroscettiche della Lega, contrapporre idee più liberali rispetto a quelle corporativistiche di Fratelli d’Italia, promuovere il garantismo, integrare con il proprio animo borghese il panorama della destra populista.
Forza Italia, in altre parole, aiuta in questo momento ad allargare il perimetro della coalizione. Di questa capacità di resistenza dei berlusconiani ne stanno facendo le spese gli altri centristi. Carlo Calenda è costretto a tornare a guardare a sinistra, mentre Matteo Renzi ha abbandonato i sogni di gloria di un arrembaggio ai consensi di Forza Italia.
E tutti i movimenti centristi sommati, nei sondaggi e nelle elezioni locali, non fanno il partito fondato da Berlusconi. È il segno che oggi esiste un centro che vota a destra ben più di un centro che vota a sinistra.
In Europa
Ma anche nella partita europea che si aprirà dopo giugno Forza Italia può far valere il suo peso. Con un buon risultato elettorale (7-8 per cento), potrebbe diventare un interlocutore privilegiato delle forze europeiste.
D’altronde Forza Italia fa parte del Ppe ed è sempre stata nella maggioranza di Bruxelles. Ci resterà anche dopo le elezioni visto che i popolari saranno quasi certamente il primo partito. A quel punto, se si riformasse l’attuale maggioranza tra liberali, socialisti e popolari, un allargamento ai conservatori di Meloni potrebbe non essere più così necessario per la nuova commissione.
E ciò darebbe a Forza Italia ancora maggior centralità. Se Fratelli d’Italia per calcoli di consenso e per identità conservatrice non entrasse stabilmente nella prossima maggioranza europea, Forza Italia rimarrebbe la gamba del governo italiano che ha più solidi rapporti a Bruxelles e ciò darebbe a Tajani un ruolo anche nella scelta del prossimo commissario europeo espresso dall’Italia. Sono tutti assi nella manica non da poco per un partito che oggi avrebbe dovuto essere moribondo e invece ha riconquistato centralità.
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