L’appuntamento clou è il vertice di giugno in Puglia a Borgo Egnazia, meta preferita dei vip di tutto il mondo. La premier punta sul filo-atlantismo, ma in Ue è cresciuta la diffidenza
L’immagine è tutto. Ancora di più se gli ospiti sono gli uomini più potenti della terra e mentre sono in corso due guerre, in Ucraina e nel Medioriente. Per questo Giorgia Meloni ha scelto accuratamente la location del G7 in Italia, che si terrà dal 13 al 15 giugno: la tenuta di Borgo Egnazia, la mecca dei vip nella Valle d’Itria, in Puglia, scelto da Madonna per festeggiare i compleanni. Il vertice nel resort non basta. È solo la tappa intermedia di un’esperienza lunga un anno: la presidenza italiana del G7. Meloni ha la possibilità di lustrare la propria reputazione sul piano internazionale. La premier sogna di affermarsi come punto di riferimento, nell’anno del voto che rappresenta il termometro del gradimento verso il suo operato con il voto per le Europee. Provando a conservare il piglio sovranista, almeno nei toni, in un evento che conserva per definizione un’allure istituzionale.
Macchina G7
Intanto, Palazzo Chigi ha messo in moto da tempo la macchina per predisporre al meglio la parte pratica del G7. Al momento non è ancora online il sito ufficiale della presidenza italiana. Non c’è ancora una data precisa, si apprende dagli uffici governativi. Ma l’attivazione è prevista nei prossimi giorni. È stata comunque completata la gara per l’ideazione del logo: se l’è aggiudicata l’agenzia milanese Carmi e Ubertis per una cifra di poco superiore agli 11mila euro. Il governo ha provveduto poi tra ottobre e novembre ad assegnare sostanziosi bandi, attraverso la Consip, per oltre 30 milioni di euro. Lo scopo è quello di prevedere la preparazione del vertice, affidandosi a società esterne, esperte del settore. Il più importante è stato il lotto da 13 milioni di euro per i «servizi di progettazione, organizzazione, allestimento e gestione “chiavi in mano” degli incontri ministeriali e altri eventi di livello politico». E sono stati ultimati gli iter per la definizione di altri servizi, dall’agenzia per il lavoro, la Randstad, che curerà le assunzioni a tempo determinato fino agli accrediti da realizzare per l’evento. Mentre è stato prorogato fino alla fine di febbraio il bando per la «sponsorizzazione tecnica relativa alla fornitura di doni istituzionali, prodotti innovativi e servizi, da utilizzare negli eventi ufficiali.
Oltre all’organizzazione pratica, c’è il piano politico su cui muoversi. La presidenza del G7 richiede un mix di propaganda, perché si tratta pur sempre di un anno elettorale, e di rassicurazione dei leader mondiali. E la posizione filo atlantista assunta da Meloni rappresenta una sorta di salvavita del governo, almeno per i prossimi mesi. Solo qualche giorno fa è stato pubblicato il decreto per l’invio dell’ottavo pacchetto di armamenti all’Ucraina. Sul sostegno a Kyiv, Palazzo Chigi è stato ligio al dovere e inflessibile alleato dagli Stati Uniti di Joe Biden. Un’intransigenza conservata nonostante nella coalizione di governo ci sia l’ingombrante presenza della Lega di Matteo Salvini, che incarna un’anima meno ostile verso la Russia. Anzi. Ma il partito del ministro delle Infrastrutture è rimasto isolato nell’alleanza dopo la morte di Silvio Berlusconi, che non ha mai celato il fastidio per la chiusura totale dell’occidente nei confronti di Vladimir Putin.
Anche sulla guerra tra Israele e Hamas, Meloni ha tenuto un profilo pro-Israele, provocando la reazione dei movimenti islamisti, come Hezbollah, che ha inserito l’Italia nella «coalizione del male». Fin qui le note positive. Di mezzo c’è però una linea non altrettanto chiara e apprezzata sull’Europa. Meloni che flirta con i sovranisti di Vox in Spagna non facilita la distensione del clima con il premier spagnolo, Pedro Sanchez. Non è da meno la vicinanza politica e ideologica con la spina nel fianco dell’Ue: il leader ungherese Viktor Orban.
Lo sherpa di Meloni
La figura chiave della presidenza del G7 diventa Luca Ferrari, di professione ambasciatore, e consigliere ascoltato dalla presidente del Consiglio. Si racconta che, già prima dello scivolone sulla finta telefonata dei leader africani, l’ex consigliere diplomatico, Francesco Talò, soffrisse la concorrenza interna di Ferrari. Ed è lui lo “sherpa” scelto da Meloni: è l’uomo che pianificherà tutto in materia diplomatica. Il pedigree è di primo piano: prima della pandemia è stato ambasciatore in Arabia Saudita, e dopo, fino al 2022, è stato invece in Cina per curare le relazioni sull’asse Roma-Pechino, in una fase di avvicinamento tra i due paesi. L’intesa con Meloni è solida. «Lei mi detta la linea e cerchiamo di adeguarci e di adattarla: ha il pieno possesso della situazione e sa dove vuole andare», ha raccontato Ferrari in un’intervista alla testata locale Lerici In.
Per Meloni abbondano le incognite, nonostante gli sforzi. Un esempio? I compagni di viaggio non sono in forma smagliante. L’amico Rishi Sunak, primo ministro britannico, rischia un pesante rovescio alle prossime elezioni nel Regno Unito. Il presidente statunitense, Joe Biden, non è così saldo in sella: sullo sfondo resta lo scontro elettorale con Donald Trump, un tempo idolo della destra italiana. Ora un po’ meno, almeno per la premier filo-atlantista, posizione lontana dal tycoon ex presidente. Nell’Unione europea, poi, la principale sponda sarebbe quella della presidente della commissione, Ursula Von der Leyen, che si appresta a vivere l’ultima fase del suo mandato. Avverte la necessità di non inimicarsi i paesi più importanti. In testa a tutti Francia e Spagna. Certo, i rapporti personali con Meloni sono buoni. Ma il “no” del parlamento al Mes è stato vissuto come un colpo basso. C’è infine qualche leader più scettico nei confronti di Meloni, su tutti il presidente canadese, Justin Trudeau. C’è stata una polemica accesa sui diritti lgbti, che ha marcato la distanza. E non è da meno il presidente francese, Emmanuel Macron, con cui il rapporto è quantomeno altalenante. Spesso tendente al negativo. Il quadro delle alleanze è instabile, scivoloso. Così la presidenza del G7 può rivelare ai leader del mondo il vero volto che devono attendersi da Meloni. E per questo il prestigioso incarico può trasformarsi in un boomerang.
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