L’azienda Internationale Biolife è stata selezionata dagli uffici dell’ente guidato da Nicola Zingaretti tramite conoscenze. La ditta aveva i soci sospettati dall’antimafia ed è stata indicata ai dirigenti della Sanità da un imprenditore sotto processo per bancarotta
- La Internazionale Biolife, società tarantina attiva nel commercio di profumi, ha venduto milioni di mascherine alla protezione civile regionale nonostante pesassero sull'azienda sospetti di legami con la criminalità organizzata
- «A segnalare il nome dell'impresa alla regione è stato Dario Roscioli che è amico della internazional Biolife», spiega l’avvocato Pietro Rosati.
- «Ho chiamato Roscioli come tutti gli altri imprenditori, una cinquantina di nomi, di cui mi è stato fornito il nominativo», dice la dirigente Lorella Lombardozzi che conferma la ricostruzione. E Roscioli spiega di essere amico del direttore generale.
Il passaparola, in regione Lazio, vale 27 milioni di euro. Con questa procedure informale, basata su voci e consigli, è stata scelta la Internazionale Biolife: società tarantina attiva nel commercio di profumi, che ha venduto milioni di mascherine alla protezione civile regionale nonostante pesassero sul socio dell'azienda sospetti di legami con la criminalità organizzata.
Nei giorni scorsi avevamo rivelato i rapporti con affiliati a camorra, cosa nostra e gruppi di narcotrafficanti. Luciano Giorgetti, amministratore delegato, aveva assicurato che adesso sono cambiati i soci, che l’azienda è pulita. Sappiamo, però, che nell’azionariato è ancora presente uno dei personaggi indicati nelle informative dell’antimafia. Ora, però, si aggiunge un nuovo capitolo. Quello che riguarda le modalità di selezione di questa azienda, attraverso albergatori, in passato arrestati, scambiati per panettieri e dirigenti della regione che sfogliavano elenchi di soggetti alla ricerca di mascherine e camici. Una ricerca grossolana, dettata dall’emergenza sanitaria, dall’ansia di fare magazzino, che ha avuto esiti fallimentari, senza controlli sulle aziende beneficiarie di soldi pubblici.
L'avvocato tra olio e servizi
A fine agosto il numero dei contagi è tornato a salire. Nello stesso periodo un container veniva scaricato sulla banchina del porto di Bari. Proveniva dalla Turchia. Destinazione: i magazzini di una ditta di Taranto. Conteneva quasi 2 milioni tra camici e tute isolanti destinate alla protezione civile del Lazio. La fornitura era parte di un carico di dispositivi anti Covid comprati dalla regione. A Roma, però, il materiale non arriverà mai: la procura di Taranto e la guardia di finanza hanno sequestrato il container prima che i camici partissero verso la Capitale. Il timore è che la merce non sia a norma. La fornitura riguarda un accordo sottoscritto tra la società di Taranto e la regione Lazio. Vale 27 milioni di euro e viene stipulato a fine marzo. La mancata consegna del materiale ha scatenato la guerra legale, ma la regione ha già versato 4,9 milioni di euro come acconto. Una commessa con in gioco diversi protagonisti.
Uno è Luciano Giorgetti, procuratore legale della società dal giugno 2020 e socio della Ruggiero costruzioni srl che detiene il 75 per cento della Biolife. «Giorgetti si occupava in particolare del reperimento di disponibilità finanziarie dall'estero attraverso banche straniere», dice l'avvocato Pietro Rosati. «È falso», risponde Giorgetti, che conferma di essere sposato con la cugina di Andrea Marcucci , il capogruppo Pd al Senato. Giorgetti, inoltre, ribadisce che «ormai l'azienda Biolife è pulita, ma purtroppo i documenti della Camera di commercio di Taranto non sono stati aggiornati». Sarà come dice Giorgetti, ma gli atti societari aggiornati a ieri dicono altro.
Un altro protagonista è Pietro Rosati, di mestiere avvocato. Viene citato, non indagato, nell’inchiesta che, a Latina, ha portato in carcere il presidente della Confcommercio locale, Luciano Iannotta, uno che aveva rapporti con imprenditori, politici, ma anche con esponenti della malavita locale.
Il 21 maggio 2018 Iannotta ha organizzato un pranzo nella sua villa. E qui che entra in scena Rosati, in qualità di«collegamento con i servizi di informazione e sicurezza», scrive il giudice per le indagini preliminari Gilberto Muscolo. Poco prima di quel pranzo, Iannotta parlava al telefono con un altro indagato, l’ufficiale dei carabinieri Alessandro Sessa, dei futuri commensali, definendoli «nostri protettori», riferendosi agli agenti dei servizi. «Non sono dei servizi segreti, a Iannotta ho solo fornito i numeri di due commercialisti. Sono stato in quel pranzo, ma non c'erano né spie né niente, Iannotta lo conosco perché ho comprato il suo buonissimo olio», dice Rosati, che spiega anche il suo ruolo nella commessa da 27 milioni di euro. «A segnalare il nome dell'impresa alla regione è stato Dario Roscioli, amico dell’allora socio di Internazional Biolife». Una commessa milionaria assegnata sulla parola.
I dirigenti
Nel 2013 Dario Roscioli, di mestiere imprenditore nel settore alberghiero, è stato coinvolto in un’inchiesta per frode internazionale: «Sono stato assolto per una bancarotta, per un’altra sono ancora a processo, ma preciso che per quest’ultima vicenda non ci sono frodati e mio padre, buonanima, pagò 21 milioni di euro». Nel 2020, in piena pandemia, ha aiutato Biolife a entrare nell’affare mascherine. È in questo periodo, secondo alcuni documenti bancari, che l’imprenditore riceve 15mila euro da Biolife. Non sappiamo se prima o dopo aver segnalato agli uffici della regione la ditta di Taranto.
Possibile che una commessa da 27 milioni di euro venga decisa così? «Sì, ho chiamato Roscioli, come chiamato come tutti gli altri imprenditori, una cinquantina di nomi, di cui mi è stato fornito il nominativo», conferma Lorella Lombardozzi, dirigente Area politica del farmaco della regione Lazio.
Sapeva chi era Roscioli, visto la commessa milionaria? «Roscioli, a Roma, è quello del pane, c'è un forno che si chiama così, lo chiamavo senza sapere chi chiamavo come tutti quelli ai quali ho telefonato». Poi, Lombardozzi, aggiunge: «Io chiamavo e chiedevo disponibilità del materiale, infine passavo i nominativi alla protezione civile per le offerte, non mi occupavo dei controlli, ognuna di queste persone che contattavo aveva aziende di riferimento». Per reperire mascherine questa è una procedura? «La cosa importante era il tempo di consegna». Eravamo in piena pandemia. Ma da chi sono stati indicati quei nomi? «Mi è stato fornito dal mio direttore Renato Botti». Botti, ora, è direttore generale della sanità. Roscioli dice di conoscerlo da tempo. E aggiunge: «Mia sorella, in contatto con Formaro (il socio della Biolife sospettato dall’antimafia ndr), mi aveva detto che c’erano mascherine disponibili, così ho chiesto a Botti se ne avessero bisogno». Contattato, Botti non commenta.
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