Martedì alla Camera si vota la fiducia al decreto approvato dal governo. Poi toccherà al Senato. Ma i ritardi accumulati sono pesanti e senza i lavori di messa in sicurezza autunno fa paura
L’estate trascorre inesorabile con temperature da record, ma le ondate di calore non sono sufficienti a rimarginare le ferite causate dall’alluvione dell’Emilia-Romagna. A ormai tre mesi dalle prime inondazioni e della frane di inizio maggio, i territori chiedono risposte alle istituzioni: migliaia di famiglie vorrebbero tornare nelle loro abitazioni, le imprese aspettano i soldi per riprendere la normale attività e gli enti locali si arrabattano come possono, avendo anticipato complessivamente circa 500 milioni di euro con la procedura delle somma urgenza fuori bilancio.
E l’autunno fa già paura. Senza i necessari interventi di messa in sicurezza sui corsi d’acqua e sulle strade di collina si teme un remake. Così, mentre in Emilia si osserva con preoccupazione l’immobilismo di Roma, lunedì alla Camera si vota la fiducia al decreto Alluvione. Il governo Meloni ha infatti deciso di blindare il testo. Ennesima forzatura per evitare problemi interni alla maggioranza ma anche il dialogo con le opposizioni. Peraltro su un tema che avrebbe dovuto unire il paese. Dopo l’approvazione il testo passerà al Senato per diventare legge entro fine luglio.
Promesse scritte sull’acqua
A giugno la premier Giorgia Meloni aveva parlato di «indennizzi più alti possibile con l’obiettivo del 100 per cento». Ma le promesse stanno per infrangersi contro la realtà: non ci sono soldi a sufficienza. Il governo ha stanziato nel complesso oltre 4 miliardi di euro: 1,6 subito dopo la catastrofe e circa 2,7 con il decreto Ricostruzione, quello in cui c’è stata la nomina di Francesco Paolo Figliuolo a commissario.
Al netto dei tecnicismi sono cifre importanti, ma meno della metà rispetto ai 9 miliardi di danni stimati dal presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. E c’è un altro aspetto che fa storcere il naso: il primo miliardo e mezzo non sarà a disposizione né degli enti locali né della struttura commissariale, affidata a Figliuolo. Il plafond confluirà in vari capitoli di bilancio gestiti dai singoli ministeri. Alla Farnesina di Antonio Tajani le centinaia di milioni di euro per indennizzare le aziende danneggiate dal mancato export, al ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, le risorse per gli agricoltori. E così via.
Un grande caos con un dato certo: le famiglie hanno finora ricevuto solo i 5mila euro stanziati dalla regione Emilia-Romagna, d’intesa con la Protezione civile. Il commissario Figliuolo ha già avviato il dialogo con le amministrazioni per realizzare la ricognizione necessaria. Del resto, per quanto avvezzo alle emergenze, il generale non è un supereroe della Marvel e deve prendere contatto con quella realtà. Intanto i ritardi si accumulano, suo malgrado.
Incubo autunno
Sui territori si lamenta l’assenza di programmazione. Certo, rimuovere le frane e rendere agibili le strade ancora bloccate restano le priorità. Ma senza interventi strutturali sui reticoli di bonifica e sugli argini di fiumi e torrenti, alla prima pioggia più violenta l’intera regione può trovarsi punto e daccapo con l’alluvione. Come se non bastasse, in questi giorni, il maltempo è tornato a fare danni con temporali, grandine e trombe d’aria.
«Il tempo per i lavori si è oggettivamente ridotto da maggio a oggi», spiega Davide Baruffi, sottosegretario alla presidenza della regione Emilia-Romagna. «Gli interventi sui canali e sugli argini – aggiunge Baruffi – devono essere fatti quando il livello dei corsi d’acqua è basso, nella stagione estiva. Non è pensabile realizzarli quando arrivano le piogge». I cantieri rischiano così di partire fuori tempo massimo.
Palazzo Chigi, però, la butta in polemica, a caccia dello slogan giusto. Il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, ha addirittura rinfacciato agli enti locali di aver speso troppo per far fronte alla primissima emergenza. «Il governo non è un bancomat», ha detto, quando hanno chiesto i rimborsi. Per il resto nessuna risposta sugli stanziamenti per la ricostruzione dei privati, il capitolo che riguarda famiglie e imprese. «Per il 2023 i contributi ammontano a 120 milioni di euro», riferisce la regione Emilia-Romagna. Una goccia nell’oceano dei danni stimati: in media ammontano a circa 100mila euro per ogni azienda. E gli imprenditori sono in attesa anche delle regole per eseguire le perizie.
Comuni sovraccarichi
«Abbiamo perso mesi per la politicizzazione della nomina del commissario, ora ci sono i ritardi», osserva la deputata del Pd, Ouidad Bakkali, che ha seguito l’iter del decreto in commissione. In quella sede si è scontrata con una scarsa disponibilità al confronto della destra: «Non c’è stata nessuna concessione. Sono stati bocciati i nostri emendamenti sul fondo affitti, sul credito imposta per le aziende. Hanno accolto giusto le misure simboliche».
La grande mole degli stanziamenti, gli oltre 2 miliardi di euro del decreto, è orientata alla ricostruzione delle strutture pubbliche. Una somma che sarà spalmata sul prossimo triennio e che necessita di un’ulteriore ricognizione sugli interventi da programmare. Altro tempo che passa, ma con un orizzonte ristretto per Figliuolo: il suo mandato scade nel giugno 2024.
La situazione preoccupa gli amministratori. «Le persone ci chiedono conto dei problemi, ma non abbiamo risorse e personale sufficiente», spiega Gessica Allegni, sindaca di Bertinoro (Forlì-Cesena). E nei prossimi mesi, secondo quanto prevede il governo, saranno proprio i comuni a dover istruire le pratiche per la ricostruzione. Senza avere tecnici sufficienti, né fondi extra per reclutarli. Con queste prospettive serve una danza anti pioggia per evitare nuove criticità.
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