Il segretario Cgil: «Ora lottiamo contro una finanziaria ingiusta. E ci prepariamo ai referendum». «Ci rivolgiamo alla maggioranza del paese che non vota: potrete decidere voi per i vostri diritti»
«Nella manovra c’è un taglio di 4,5 miliardi a un settore in crisi come l’automotive, inaccettabile; ci sono tagli alla sanità, agli enti locali, cioè tagli di diritti e di servizi. Del resto tutto deriva dal fatto che il governo ha votato l’austerità in Europa. Dunque per ridurre il debito, visto che non vuole aumentare le entrate con una vera riforma fiscale, oggi il governo taglia la spesa».
Maurizio Landini parla, intervistato da chi scrive a Perugia davanti a un’assemblea di sindacalisti, a poche ore dall’indizione dello sciopero generale di Cgil e Uil per il prossimo 29 novembre. C’è da prendere atto della risposta del governo. La premier Meloni ironizza sulle ragioni dello sciopero: «C’è un piccolissimo pregiudizio». Il vicepremier e ministro Matteo Salvini direttamente le nega: due sindacati «di estrema sinistra», dice, si scagliano «contro una manovra che aumenta lo stipendio a 14 milioni di lavoratori».
Per rispondere il segretario della Cgil non ha bisogno della calcolatrice. Salvini, spiega Landini, «parla del cuneo fiscale, ma quei soldi ci sono da due anni, grazie alle nostre richieste partite con il governo Draghi. Dunque non è un aumento, semplicemente in questo caso non hanno abbassato i salari. Diciamo la verità: l’unica cosa che aumenta nel 2024 sono le tasse, ovvero l’Irpef, che è pagata dai lavoratori dipendenti e dai pensionati. Porta ben 15 miliardi alle casse dello stato. Ecco: noi chiediamo che questi 15 miliardi tornino a chi li ha pagati sotto forma di investimenti nella sanità pubblica, nella scuola, nella non autosufficienza, sui rinnovi dei contratti nazionali. E vogliamo che la si smetta di fare condoni fiscali e marchette elettorali attraverso la flat tax».
Extraprofitti veri, tasse false
Di più non si poteva fare, dice il governo, altri soldi non ci sono. Eh no, dice il sindacalista: «I soldi vanno presi dove sono». Qui squaderna esempi: in Francia preparano a una tassa (vera) sugli extraprofitti, in Spagna la estendono al 2025, in Gran Bretagna allungano al 2029 la tassazione del 35 per cento ai profitti delle imprese energetiche. «Il governo Meloni invece ha chiesto un prestito alle banche, ma fra tre anni lo restituiranno indietro. Dicono che le banche faranno un sacrificio: ma il 2023 è un anno record di profitti, non solo per le banche. Ma il governo ha un’idea concreta di cosa significa fare i sacrifici?».
Nelle ragioni dello sciopero generale non c’è solo la manovra «ingiusta», c’è anche un governo che fa provvedimenti «pericolosi e autoritari». Dunque eccolo qui, il Landini che ha il vizietto di «fare politica»?
Landini fa il primo esempio, quello del ddl Sicurezza: «Qualsiasi forma di dissenso diventa un reato».
Poi ragiona più in generale: «Hanno scambiato il governo con il comando. Nei giorni scorsi ci è arrivata la convocazione a palazzo Chigi, bontà loro, per il 5 novembre. Non era mai successo finora che un governo facesse la manovra, la consegnasse al parlamento e solo dopo convocasse le parti sociali».
All’accusa di «fare politica», che a Landini viene rivolta da destra, ma anche da manca, e non raramente, lui replica per l’ennesima volta che comunque per lui «non è un’offesa. È vero: nel chiedere di mettere più soldi sulla sanità pubblica, sulla scuola, di aumentare i salari il sindacato “fa politica”. Sì, fa gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori. Svelo un segreto al governo: la Cgil è nata per rappresentare tutti i bisogni di chi lavora, non solo il salario e l’orario, anche il diritto alla salute e all’istruzione».
Primavera di referendum
All’ultimo sciopero generale il governo ha esibito cifre e parlato di un flop. Ma il segretario non se ne preoccupa, non teme affatto il flop «perché le persone si stanno accorgendo delle balle del governo. Non erano loro che dicevano che avrebbero tassati i profitti? Che avrebbero cancellato la legge Fornero? Invece la conservano e anzi aumentano l’età pensionabile. Danno incentivi per lavorare fino a 70 anni: ma è normale per un paese in cui i giovani sono costretti ad andare all’estero per cercare un lavoro dignitoso e non precario?». Su tutto questo, spiega, «parleremo con tutti», la Cgil farà assemblee in tutti i luoghi di lavoro.
E il 29 novembre «non sarà che l’inizio»: «Non intendiamo resistere fino alle prossime elezioni per vedere che succede. Abbiamo raccolto milioni di firme sui referendum, insieme a tante associazioni, laiche e cattoliche, perché la prossima primavera vogliamo andare a votare per cancellare leggi balorde, a partire dall’autonomia differenziata e la precarietà del lavoro. La democrazia si difende praticandola».
E se ai referendum non arrivasse al quorum, se i venticinque milioni di votanti non arrivassero? «Se non avessi fiducia nelle persone, non farei quello che ho fatto nella vita. Noi abbiamo più di cinque milioni di iscritti: chiedo a ogni iscritto di portare al voto cinque non iscritti. Cinque per cinque fa 25».
«Ma soprattutto vogliamo rivolgerci a quei diciotto milioni che non sono andati a votare. A loro in particolare diciamo questo: il referendum è lo strumento che permette a chi non si sente più rappresentato di tornare a decidere sulla sua libertà e i suoi diritti. Decidere direttamente. Sono sicuro che ce la possiamo fare. Il sindacato è nato proprio per dare voce a chi non ce l’ha. Non intendiamo stare a guardare».
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