- Al talk della Cgil intitolato “Il lavoro interroga”, nel bell’Acquario romano che ospita la Casa dell’architettura, il segretario Maurizio Landini ha sistemato tutti i leader di un centrosinistra immaginario.
- Da Carlo Calenda di Azione al segretario comunista Maurizio Acerbo, fino al segretario Pd Enrico Letta e al renziano Ettore Rosato.
- Landini smentisce di aver intenzione di fare il partito del “populismo rosso" «sto facendo il sindacalista» anche se «a me non fa paura la parola populismo, il tema è tornare ad essere vicini ai problemi delle persone».
Al talk della Cgil intitolato “Il lavoro interroga”, nel bell’Acquario romano che ospita la Casa dell’architettura, il segretario Maurizio Landini ha sistemato tutti i leader di un centrosinistra immaginario, seduto uno accanto all’altro. Panchina lunga, consueto colpo d’occhio di “tutti maschi” (o quasi, a parte la conduttrice Lucia Annunziata, c’è una sola signora) ma il punto è un altro: tutti parlano civilmente ma per la gran parte sono incompatibili con il vicino di fianco.
C’è per esempio Carlo Calenda di Azione che avverte Elly Schlein, l’ambientalista che nell’immaginario del Pd è la leader di una lista civica nazionale, che «arriveremo a zero emissioni entro il 2050, ma per farlo serve il nucleare». Disapprovazione generale.
C’è il segretario comunista Maurizio Acerbo che critica Mario Draghi e elenca tutte le leggi targate centrosinistra che hanno aumentato la precarietà del lavoro. Acerbo è inalleabile con il Pd; e invece è alleato del Pd l’ex compagno di partito Nicola Fratoianni, oggi segretario di Sinistra italiana, anche se sul premier la pensa esattamente come Acerbo.
C’è il renziano Ettore Rosato, padre di una legge elettorale universalmente giudicata un disastro, che sostiene che la politica è poco credibile da quando i Cinque stelle hanno dichiarata abolita la povertà, per questo li considera non imparentabili; a differenza di Roberto Speranza, ministro della Sanità e segretario di Articolo 1; c’è Giuseppe Conte, leader M5s, che sulle alleanze – e non solo – resta vago.
Ed Enrico Letta, segretario Pd, che invece ambisce a mettere insieme tutti. Manca Luigi Di Maio perché, spiegano alla Cgil, «questo evento era pensato prima della sua scissione». Sarà. Sarà che mettere Conte e Di Maio allo stesso tavolo sarà difficile. «Il campo largo è un campo minato», scherza ma neanche tanto Annunziata.
Nessun populismo rosso
Landini smentisce di aver intenzione di fare il partito del «populismo rosso» (copyright Il Giornale), «sto facendo il sindacalista» anche se «a me non fa paura la parola populismo, il tema è tornare ad essere vicini ai problemi delle persone». Il tema del confronto sono le proposte Cgil per la prossima finanziaria: Landini lamenta disinteresse da parte di Draghi e annuncia un autunno in un clima che è «già molto caldo».
Senza parlare – infatti non lo fa nessuno – del fatto che sui social ci sono grillini che invocano lo strappo con il governo. Landini chiede di cancellare le forme più precarie di lavoro riducendo le tipologie contrattuali; di intervenire sul contratto a tempo determinato legandolo solo a specifiche causali; di introdurre un contratto di inserimento al lavoro con formazione e garanzie di stabilità. «E ben pagato», gli dà ragione Letta che è d’accordo su quasi tutto.
Calenda molto meno. Su una cosa sì: il famoso taglio del cuneo fiscale per Landini va distribuito ai lavoratori per alzare i salari. Ma i due si fanno la stessa domanda: i soldi per la previdenza da dove si prenderanno? Per il leader del Pd è comunque «azzeccata» la scelta di chiamare tutti: «Un centrosinistra se vuol essere serio e unito discute delle cose».
Landini si schermisce: «Non è compito del sindacato decidere quello che succederà della politica» ma chiedere «che ci sia pari dignità fra il lavoro e l’impresa», e aggiunge un po’ di autoironia: «Non sto pensando al superamento del capitalismo, sono in una fase moderata». Promette mobilitazioni. Quanto alla politica, il «campo largo» è si è inaridito e solo la Cgil riesce a mettere insieme tutti i contadini. Insomma, per dirla con il ministro del Lavoro Andrea Orlando: «Bisogna continuare a zappare».
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