La cancellazione delle fermate di sei treni nelle stazioni di Parma e Modena. La propaganda e l’inazione dopo i giorni dell’alluvione di maggio. Le manovre sui centri di permanenza e rimpatrio degli immigrati. È ormai palese l’avversione del governo per l’Emilia-Romagna, specialmente da parte di Salvini che quattro anni fa perse le elezioni regionali nelle quali si era impegnato molto.
L’ultimo siluro lanciato nei giorni scorsi dal governo contro l’Emilia-Romagna è stata la cancellazione da parte di Trenitalia (leggi ministero dei Trasporti) delle fermate di sei treni Frecciarossa nelle stazioni di Parma e Modena, treni che normalmente trasportano persone che si muovono per affari o turismo. Un colpo all’attività economica delle due città.
La guerra era cominciata con l’alluvione della Romagna. Dopo aver perso alcuni mesi preziosi e dopo molti sorvoli propagandistici della presidente Meloni sulle zone allagate, fu nominato come commissario un noto militare che poco sa della regione, anziché il presidente Bonaccini che la conosce da tempo. Inoltre, Bonaccini era stato richiesto da tutti i sindaci di ogni colore politico, da altri presidenti di regione e dalle parti sociali. Nei giorni successivi all’alluvione, il governo aveva promesso di stanziare inizialmente 2,2 miliardi di euro per affrontare l'emergenza. Per contro, il primo decreto legge conteneva in realtà stanziamenti per un totale di 1,6 miliardi di euro. Eppure la stima provvisoria dei danni, effettuata dalla regione in pochi giorni, era stata di circa 8,8 miliardi, stima praticamente confermata dal governo (8,5 miliardi) nonostante le accuse della destra agli amministratori locali del Pd di gonfiare le cifre. Ma solo il 30 agosto il governo ha sbloccato 289 milioni di euro per l’emergenza. Quindi, per ora, gli interventi sono stati assai modesti. Ma i romagnoli sono persone determinate e hanno cominciato subito la ricostruzione con fondi propri, senza aspettare le promesse dello stato. In particolare le imprese, tanto che solo il tre per cento di loro è ricorsa alla cassa integrazione. Un po’ come era successo al biomedicale di Mirandola dopo il terremoto del 2012.
Per l’immigrazione il governo, oltre a far sbarcare migranti nei porti romagnoli, facendoli navigare per altre 900 miglia rispetto al sud Italia, aveva tentato di aumentare nella regione Emilia-Romagna da 9 a 23 i cpr (centri di permanenza e rimpatrio). Ma il presidente Bonaccini si oppose. Inoltre, l’Emilia-Romagna è già la regione che accoglie più migranti rispetto alla popolazione residente e la seconda in numero assoluto dopo la Lombardia che però ha più del doppio di abitanti rispetto all’Emilia-Romagna.
È dunque palese l’avversione del governo per l’Emilia-Romagna, specialmente da parte di Salvini che quattro anni fa perse le elezioni regionali nelle quali si era impegnato molto.
L’Emilia-Romagna è una regione che dalla fine della guerra è stata amministrata dalla sinistra, che ha avuto eccellenti sindaci legati al Partito comunista, come Dozza, Corassori, Zangheri e Imbeni, che hanno favorito la nascita dell’automotive e l’industria ceramica a Modena, l’alimentare a Parma, il packaging e la Ducati a Bologna, il turismo in Romagna. È una regione che contribuisce al Pil nazionale per l’8,8 per cento e che ha un reddito pro capite terzo in Italia dopo Trentino-Alto Adige e Lombardia con 35.300 euro.
L’Emilia-Romagna rappresenta anche un’eccellenza nella sanità nella quale prevalgono le strutture pubbliche rispetto a quelle private che in Lombardia hanno creato grossi problemi al tempo del Covid. La ragione sta nel fatto che le strutture private non fanno assistenza ma solo prestazioni a pagamento. Il rapporto Istat sulla mobilità sanitaria del 2017 (contrariamente a quanto sostiene Salvini) dice che l’Emilia-Romagna è stata la seconda regione con il saldo positivo tra crediti e debiti per mobilità sanitaria più alto d’Italia. Questo significa che il numero delle persone di altre regioni che vengono a curarsi in Emilia-Romagna è assai superiore a quello degli emiliano-romagnoli che vanno a farsi curare in altre regioni.
È comprensibile dunque che questa regione rappresenti una spina nel fianco per un governo di estrema destra che ha presentato una Nadef costretta a ignorare buona parte delle promesse fatte in campagna elettorale e che aumenta il debito pubblico. Un governo che non fa nulla per ridurre le disuguaglianze sociali che sono un freno allo sviluppo e alla crescita. Un governo che si occupa solo di occupare territori, come quello della Rai che sta cadendo nell’audience e quindi nella pubblicità. Un governo che attua una politica migratoria che ignora le necessità di manodopera che avremo sempre più fino al 2050. Infine, un governo che si preoccupa di zittire le voci critiche.
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