- Nel suo articolo pubblicato il 31 ottobre sul quotidiano la Verità, intitolato “Nuovi studi e il bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) smontano le balle sui vaccini,” il direttore Maurizio Belpietro scrive: «I dati dell’Iss dimostrano che chi si è sottoposto alle tre iniezioni si infetta più facilmente di chi non le ha fatte».
- Ovviamente, non è vero nulla.
- Anzi, quel documento dell’Iss dimostra che chi è vaccinato si infetta meno di chi non è vaccinato in tutte le fasce di età, e soprattutto è protetto dalla malattia grave e dalla morte, cosa che Belpietro stranamente si dimentica di dire.
Certe volte mi domando come facciano certi giornalisti italiani a scrivere quello che scrivono quando parlano di Covid.
Mi chiedo: non capiscono i dati e le pubblicazioni scientifiche che leggono, non hanno le competenze e le conoscenze tecniche per interpretarli, oppure manipolano volontariamente i numeri e la realtà a loro uso e consumo? Forse un mix delle tre ipotesi.
Questa volta vi voglio parlare di un articolo scritto da Maurizio Belpietro pubblicato il 31 ottobre sul quotidiano che dirige, la Verità, intitolato “Nuovi studi e il bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) smontano le balle sui vaccini”.
Scrive Belpietro: «I dati dell’Iss dimostrano che chi si è sottoposto alle tre iniezioni si infetta più facilmente di chi non le ha fatte». Ovviamente, non è vero nulla.
Belpietro prosegue: «C’è un grafico diffuso dell’Iss che taglia la testa al toro a qualsiasi polemica sulla diffusione del Covid da parte dei non vaccinati rispetto a coloro che si sono sottoposti all’iniezione antivirus».
Nel grafico, scrive Belpietro, «si scopre che coloro che non hanno offerto il braccio alla patria hanno un tasso di incidenza – ossia di contagio – ogni 100.000 abitanti inferiore rispetto a chi ha portato a compimento il ciclo vaccinale per la fascia che va dai 12 ai 60 anni. Solo per gli ultraottantenni la curva torna a favore di chi si è vaccinato».
Sembrerà strano, ma è vero esattamente l’opposto: quel documento dell’Iss dimostra che chi è vaccinato si infetta meno di chi non è vaccinato in tutte le fasce di età, e soprattutto è protetto dalla malattia grave e dalla morte, cosa che Belpietro stranamente si dimentica di dire.
Basta leggerlo, questo famoso documento, e uno capisce. Se si osserva la figura a cui fa riferimento Belpietro, per la precisione la numero 24, si può notare alla prima occhiata che dal marzo di quest’anno fino a oggi il tasso di incidenza del Covid ogni 100mila abitanti tra i non vaccinati è costantemente superiore a quello dei vaccinati per ogni classe di età (dai 12 ai 39 anni, dai 40 ai 59, dai 60 ai 79 e dagli 80 in su).
E chi è vaccinato ha una probabilità di essere contagiato dal virus tanto più bassa quanto più alto è il numero dei suoi richiami e quanto più recente è la data in cui ha fatto il richiamo: chi ha fatto la quarta dose rischia di essere contagiato meno di chi ha solo la terza, e chi lo ha fatto da più di 120 giorni rischia più di chi lo ha fatto da meno di 120 giorni.
Apparente paradosso
C’è solo una eccezione: nell’ultimo mese, il rischio di contagio sembra più alto tra i non vaccinati che tra i vaccinati, ma solo nelle classi di età tra 12 e 59 anni, mentre i vaccinati dai 60 in su hanno un rischio di contagio molto inferiore rispetto ai non vaccinati di pari età.
Come mai accade questo apparente paradosso? Lo spiega il bollettino stesso.
Sotto la figura c’è scritto: «Il tasso di incidenza degli ultimi 30 giorni potrebbe essere sottostimato. A causa dell’elevato numero di nuove infezioni, spesso non diagnosticate o autodiagnosticate e quindi non riportate alla sorveglianza, il numero delle persone a rischio considerate per il calcolo del tasso di incidenza è verosimilmente sovrastimato, in particolare nelle fasce 12-39 e 40-59. È inoltre verosimile la presenza di una più elevata sottonotifica delle diagnosi nella popolazione non vaccinata e vaccinata da oltre 120 giorni».
Che cosa significa? Significa che dato che la notifica della positività al coronavirus avviene su base volontaria, è assai probabile che molti – specie tra i non vaccinati, che non si fidano dello stato, e specie negli ultimi mesi, visto che è decaduto l’obbligo del green pass – non abbiano comunicato alle autorità sanitarie che erano stati positivi al coronavirus, e quindi erano diventati immuni al coronavirus.
In altre parole, secondo il bollettino nell’ultimo mese tra i non vaccinati solo 1.959 persone ogni 100mila sono risultate infette dal virus, ma è probabile che siano molto di più dato che soprattutto i non vaccinati sono più restii degli altri – diciamo così, per militanza – a comunicare allo stato la propria positività. Ma questo sballa ogni confronto.
Gli scienziati dell’Iss lo dicono chiaro e tondo: queste cifre non sono attendibili perché probabilmente i positivi non vaccinati sono molti di più, e quindi in realtà i vaccini proteggono dal contagio anche adesso, come hanno sempre fatto.
Valore statistico
Ogni bravo scienziato sa che tutti i dati raccolti su base volontaria non hanno praticamente valore statistico, valgono solo come indicazione di tendenza, difatti in nessuna pubblicazione scientifica seria sul Covid si usa “il numero dei cittadini che comunicano la propria positività allo stato”.
Ve lo spiego con un esempio. Immaginiamo che voi vogliate calcolare il numero dei cittadini italiani che hanno un reddito superiore ai 100mila euro. Cosa fate? Annunciate: “Chi ha un reddito superiore ai 100mila euro lo comunichi al comune”, e magari nella mia Bologna – città di 400mila abitanti – si presentano in quattro, così calcolate che 1 italiano su 100mila ha un reddito superiore ai 100mila euro: prendereste questa cifra come buona? Io no.
Difatti nessuno statistico si fiderebbe di questo dato. Uno statistico serio userebbe altri metodi: per esempio, sorteggerebbe a caso i conti bancari di 10milacittadini di Bologna oppure prenderebbe i conti bancari dei cittadini di un intero quartiere della città, e vedrebbe quanti di questi hanno entrate superiori ai 100mila euro annui, e da qui stimerebbe il numero di cittadini italiani con reddito superiore ai 100mila euro. Gli statistici fanno proprio così.
In quello stesso bollettino dell’Iss si trovano statistiche sulle quali non si può mentire, e che Belpietro dimentica di citare, forse perché dimostrano che i vaccini sono efficaci eccome.
Quando ti ammali di Covid grave e ti devono ricoverare in ospedale o addirittura in terapia intensiva, o peggio ancora muori, non sei tu che decidi se comunicarlo o no. I medici lo notificano allo stato, e basta.
La figura 25 del bollettino e le relative tabelle dimostrano che chi è vaccinato ha una probabilità tre volte inferiore di finire in ospedale o in terapia intensiva e sei volte inferiore di morire rispetto a chi non è vaccinato; per certe classi di età il rischio è ancora minore: per esempio, chi è vaccinato e ha più di 70 anni corre un rischio di morire di Covid dieci volte inferiore a un non vaccinato.
Lo stesso bollettino dimostra che la quarta dose protegge in maniera efficientissima dalla malattia grave e dalla morte.
Ma c’è di più. Nello stesso articolo, Belpietro scrive: «Aggiungo una ulteriore considerazione per i tanti che ancora si impalcano a distribuire lezioni a chi ha ritenuto liberamente di non vaccinarsi. Secondo uno studio del Journal of Clinical Medicine, l’immunità naturale, cioè quella conseguita da chi si è ammalato di Covid ed è guarito, dura più a lungo di quella indotta dai vaccini».
Lo studio antiscientifico
Chiariamo alcune cose. Per prima cosa, lo “studio” a cui fa riferimento Belpietro non è uno studio. Gli “scienziati” citati del Belpietro non hanno fatto uno studio, cioè una analisi statistica su una popolazione. No.
Alcuni “studiosi” italiani, molti dei quali ignoti alla comunità scientifica, hanno pubblicato un articolo dal titolo: “SARS-CoV-2- il ruolo dell’immunità naturale: una revisione narrativa”, e che quindi – come scrivono loro stessi – è una “revisione narrativa” e non uno studio.
Cioè, hanno preso alcuni articoli scientifici alla rinfusa, molti dei quali di scarso valore scientifico, e senza uno straccio di analisi statistica hanno dedotto che l’immunità naturale indotta dal Covid dura più di quella indotta dal vaccino.
Invece, decine e decine di articoli scientifici provano che l’immunità indotta dal vaccino è più efficace e duratura di quella indotta dalla infezione del virus.
Poi, quella su cui è pubblicato l’articolo non è una rivista scientifica vera e propria – difatti non è catalogata su Pubmed, il database della scienza – ma una rivista predatoria, dove chiunque può pubblicare un articolo sborsando pochi dollari.
Che ne so, io potrei scrivere uno “studio” in cui affermo che mangiare merluzzo previene il Covid, dato che la vitamina D contenuta nel pesce fortifica il sistema immunitario, e se pago lo potrei tranquillamente pubblicare su una rivista predatoria.
E gli autori di quello studio? Il primo autore è la dottoressa Sara Diani, una omeopata della scuola di musicoterapia dell’università Jean Monnet di Padova, ignota alla scienza; e tra gli altri figurano il dottor Eugenio Serravalle, noto medico No-vax, e il dottor Alberto Donzelli, della Fondazione Allineare Sanità e Salute. Ecco, allineiamo sanità e salute, così magari scopriamo che suonare il flauto dolce previene il Covid.
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