- Se provassimo a identificare Matteo Salvini con un luogo, questo sarebbe la riviera romagnola, o meglio il Papeete, il locale dei vip dell’europarlamentare Massimo Casanova. Certamente non potrebbe essere Pontida, che invece salta subito alla memoria se facessimo lo stesso giochino con chi ha preceduto Salvini alla guida della Lega. Tanto è vero che anche quest’anno salta il raduno di Pontida.
- A Pontida tuttavia il sovranismo non ha mai attecchito a dovere. Una sfida quasi impossibile, solo apparentemente riuscita, più per il forte carisma del leader Salvini e dei risultati ottenuti, mai raggiunti dalla Lega nordista di Umberto Bossi (benché sia stata forza di maggioranza fissa nei governi Berlusconi degli anni Duemila). L’amalgama tra le due leghe fatica a solidificarsi, resta unita solo nel nome del leader.
- Tra i buoni motivi per far saltare il raduno c’è anche il non dover spiegare alla base l’inciucio in corso con Silvio Berlusconi per la creazione di una forza unitaria in vista delle elezioni politiche del 2023. I militanti hanno la memoria lunga, ricordano lo slogan del 2016 urlato proprio dal sacro palco di Pontida: «Mai più schiavi di nessuno».
Se provassimo a identificare Matteo Salvini con un luogo, questo sarebbe la riviera romagnola, o meglio il Papeete, il locale dei vip dell’europarlamentare Massimo Casanova. Certamente non potrebbe essere Pontida, che invece salta subito alla memoria se facessimo lo stesso giochino con chi ha preceduto Salvini alla guida della Lega. Tanto è vero che anche quest’anno salta il raduno di Pontida. L’anno scorso era saltato con una scusa più che valida: la pandemia. Quest’anno è tutto più vago, ma non certo il virus visto che Salvini è in giro per l’Italia senza alcun problema.
Pontida è un’altra storia, è il fantasma che preoccupa Salvini. Il ritrovo annuale del popolo della Lega non s’ha da fare, nato per celebrare il movimento fondato da Umberto Bossi e che rievoca il “giuramento di Pontida”, che secondo la tradizione aveva sancito la nascita della Lega Lombarda per combattere contro il condottiero del Sacro Romano Impero Federico Barbarossa.
Pontida, quindi, simbolo del Nord che resiste contro l’invasore: un tempo il nemico era l’impero, negli anni Novanta e fino al 2012 è diventato lo stato centrale e il meridione “parassita”. Le ultime quattro edizioni sono state organizzate a settembre, poche volte eccezionali è stato cancellato. L’ultima volta nel 2012, anno orribile per la Lega segnata da scandali giudiziari e lotte intestine per la leadership.
La svolta salviniana
Nel 2013, l’ultimo prima di Salvini e con Roberto Maroni segretario, il titolo che campeggiava sullo striscione ufficiale del palco era “Prima il Nord”. L’anno successivo la narrazione cambia radicalmente, “Un’altra Europa è possibile”, è l’inizio di un percorso che allontana il partito dai territori tradizionali. Entrano i no euro, gli ammiratori e i sostenitori del modello di governo russo di Vladimir Putin, la Lega e la Pontida di Salvini imboccano la strada del sovranismo. L’anno successivo viene fondato il movimento Noi con Salvini per fare proselitismo al centro sud, primo elemento di frizione con la base lombarda e veneta. Questo produrrà una prima grande contraddizione, incarnata dall’immagine di un pratone di Pontida non più fatto solo di militanti vestiti di verde con le corna da vichinghi e le ampolle di acqua del Po ma anche di fan venuti dal sud per venerare il leader che stava portando la Lega verso un successo mai visto dai suoi predecessori. È il principio della rivoluzione social del movimento, dei toni inaspriti sull’immigrazione e sull’Euro, della campagna elettorale permanente sulle piattaforme digitali gestita da una squadra di esperti che costa molti denari e che assicura milioni di follower alla pagina del leader e molti meno quelli della nuova Lega nazionalista.
La frattura insanabile
Salvini era certo che la frattura con i nordisti si sarebbe ricomposta grazie ai successi elettorali e i sondaggi sempre positivi. Da quando Salvini ha dato vita al partito parallelo e personale, dandogli il nome Lega Salvini Premier, nel luogo sacro sono arrivati i militanti del sud arruolati a partire dal 2015 prima nel movimento Noi con Salvini e poi inglobati nella Lega Salvini premier. E dunque se osserviamo le immagini dell’ultima Pontida, anno 2019, da un lato lato ci sono i nordisti che un tempo insultavano i meridionali con la più classica delle ingiurie, “terroni”, dall’altro gli stand curati dai militanti del sud della nuova Lega fondata da Salvini, il cui cognome ha sostituito la parola Nord nel simbolo.
Negli ultimi anni a Pontida, il prato è di proprietà del partito, hanno convissuto queste due anime. All’ultimo raduno di Pontida in bella mostra sui tavoli delle leghe regionali del sud erano esposti i prodotti tipici. La Lega Salvini premier Calabria aveva portato l’artiglieria pesante tra cipolle di Tropea, ‘nduja e salumi locali. Il sovranismo ha unito cioò che il federalismo aveva diviso.
A Pontida tuttavia il sovranismo non ha mai attecchito a dovere. Una sfida quasi impossibile, solo apparentemente riuscita, più per il forte carisma del leader Salvini e dei risultati ottenuti, mai raggiunti dalla Lega nordista di Umberto Bossi (benché sia stata forza di maggioranza fissa nei governi Berlusconi degli anni Duemila).
Il ritorno del nord
L’amalgama tra le due leghe fatica a solidificarsi, resta unita solo nel nome del leader. Ne è prova la recente richiesta ufficiale fatta al partito da Gianni Fava, sfidante di Salvini alla segreteria nel 2017 e autonomista convinto, di potere utilizzare il vecchio simbolo del partito con la scritta Nord alle elezioni amministrativo in appoggio di una candidata civica contro Fratelli d’Italia. Fava ha ricevuto una risposta bizzarra, uno stringato «non ci interessa». La guerra fredda tra le due anime è all’apice e il rischio per Salvini è che si trasformi in un conflitto aperto che prima o poi possa mettere in discussione la sua leadership.
Dunque, per questo, il fronte padano e nordista, che giudica il progetto nazionalista di Salvini un tradimento alle istanze federaliste del nord, legge nella volontà di non organizzare il raduno di Pontida 202 il timore dell’ex ministro dell’Interno di confrontarsi con le critiche per la gestione del partito e per le scelte nel reclutamento della classe dirigente del centro Sud, spesso fatta di riciclaggi di altri partiti, di personaggi con relazioni pericolose con i clan e di nostalgici di Mussolini.
Tra i buoni motivi per far saltare il raduno c’è anche il non dover spiegare alla base l’inciucio in corso con Silvio Berlusconi per la creazione di una forza unitaria in vista delle elezioni politiche del 2023. I militanti hanno la memoria lunga, ricordano lo slogan del 2016 urlato proprio dal sacro palco di Pontida: «Mai più schiavi di nessuno», riferendosi alla storica alleanza dei nordisti guidati da Bossi con Silvio Berlusconi: «Se qualcuno pensa che il futuro della Lega sia ancora quello di un partitino servo di qualcun altro, di Berlusconi o di Forza Italia, ha sbagliato a capire. Noi non saremo più schiavi di nessuno. Noi accordi al ribasso non ne faremo con nessuno». Per dribblare critiche ed evitare mugugni, meglio dare la colpa alla maledetta pandemia che ha reso impossibile organizzare l’evento per il secondo anno di fila.
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