Il sottosegretario rivendica risultati straordinari sulla riduzione dei testi per applicare le norme. Ma nell’ultima finanziaria sono quasi raddoppiati rispetto allo scorso anno
Il potente sottosegretario meloniano, Giovanbattista Fazzolari, dà ordini sui decreti attuativi. Ma i parlamentari, a braccetto con i ministri, disobbediscono: non hanno accettato l’imperativo, arrivato proprio dal consigliere principe di Giorgia Meloni, sulle misure auto-applicative da inserire nei provvedimenti per limitare il ricorso alle norme secondarie, quelle che di fatto applicano le leggi solo accennate o previste in determinati provvedimenti.
Nella manovra economica, approvata in via definitiva a fine dicembre, è arrivata un’altra grandinata di decreti attuativi da varare: secondo le prime stime, ne serviranno 103, quasi il doppio rispetto alla precedente legge di Bilancio che si era fermata a 54. Cifre che suonano come un affronto e una bocciatura del melonismo alla prova dei fatti.
Disobbedienza attuativa
Da un punto di vista numerico c’è un ritorno al livello della prima finanziaria firmata dall’esecutivo di Meloni (a dicembre 2022) che contava – nel complesso – la necessità di predisporre 111 decreti attuativi (di cui 20 attendono ancora l’emanazione a distanza ormai di due anni). Il dato è affine a quello del Conte II nella manovra approvata a fine dicembre 2019. Nemmeno il raffronto con alcuni dei predecessori riesce a edulcorare il quadro perché non si intravede alcun disboscamento dei decreti attuativi.
All’interno del poderoso testo ci sono vari articoli che rimandano a provvedimenti successivi da adottare sia dai ministeri che da altri amministrazioni (in primis Agenzia delle entrate). Le risorse ferme per il 2025 sono circa un miliardo e 800 milioni di euro. Perciò i testi ministeriali sono soldi che esistono solo sulla carta, come per i «criteri di assegnazione della Carta del docente» (60 milioni di euro all’anno), la distribuzione dei 10 milioni di euro contro i danni per il virus lingua blu (che colpisce gli ovini) e ancora di più per i 500 milioni della carta «Dedicata a te», che mette a disposizione un plafond di spesa di 500 euro per l’acquisto di beni di prima necessità ai più poveri.
Il Dipartimento per il programma di governo, contattato da Domani, non commenta questi numeri, perché «sta elaborando i dati relativi ai provvedimenti attuativi collegati alla legge di bilancio 2025 che, come di consueto, verranno inseriti sulla piattaforma “monitor” intorno alla metà di gennaio».
Quindi, «prima di allora non è possibile fornire un dato certo, verificato e affidabile né effettuare una comparazione puntuale rispetto alla precedente legge di bilancio, che – si ricorda – è stata la legge di bilancio recante il minor numero di provvedimenti attuativi da quando esiste l’attuale sistema di rilevazione, ossia da undici anni». La scorsa finanziaria è stata in effetti la migliore su questo versante. Ma rischia di essere un caso isolato. E peraltro non risultano emanati ancora 21 decreti attuativi, il 40 per cento del totale previsto.
Prova muscolare
Il sottosegretario Fazzolari ne ha fatto un punto di onore: ha voluto un apposito dpcm per abbattere la quantità di provvedimenti attuativi, che – puntualizzano dal suo dipartimento – «vale solo per i decreti legge non si applica agli emendamenti parlamentari». Questo dpcm introduce «in via prioritaria, norme immediatamente precettive e tendenzialmente auto-applicative». Inoltre, si propone di «valutare l’opportunità del ricorso ad allegati all’atto normativo per la disciplina degli aspetti tecnici», quindi «evitare il rinvio ad atti secondari per l’attuazione delle norme primarie, qualora essa possa essere affidata ad atti amministrativi generali di indirizzo» ed «escludere il rinvio a provvedimenti attuativi all’interno dell’articolato normativo dei decreti-legge».
Principi che non vengono rispettati: le riformulazioni degli emendamenti sono scritti dalla maggioranza d’intesa con l’esecutivo. Ma pure per i ministri la cosa è difficile da digerire. Il decreto Cultura, licenziato nell’ultimo consiglio dei ministri dell’anno e appena incardinato in parlamento, ha messo in conto dei provvedimenti attuativi cruciali come l’adozione del piano Olivetti per la cultura e il riparto del fondo per il sostegno alla filiera editoriale.
I risultati dell’operazione - Fazzolari non sono insomma tangibili. Certo, l’emanazione dei decreti attuativi affligge tutti i governi. Mario Draghi, quando era palazzo Chigi, aveva affidato il dossier al suo sottosegretario fidato, Roberto Garofoli. Ogni mese venivano assegnati degli obiettivi da raggiungere per i singoli ministeri.
Fazzolari ha scelto una linea ancora più muscolare: prevedere una stesura dei testi originali in grado di aggirare il tema dei decreti attuativi. Solo che la strategia non sta funzionando. Così viene anche meno la narrazione dell’infallibilità del sottosegretario.
Dentro Fratelli d’Italia viene venerato grazie all’inossidabile sodalizio che ha instaurato con Meloni. Ma nel concreto non si scorgono trionfi. Fazzolari, per quanto sia noto come ideologo e stratega del melonismo, deve infatti occuparsi del dipartimento per l’attuazione del programma. Quindi deve presidiare la pubblicazione dei provvedimenti, come quelli attuativi. E se raddoppiano, un problema c’è.
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