Prosegue la vicenda relativa alla risoluzione della concessione delle autostrade A24 e A25 nei riguardi della società Strada dei parchi, del gruppo Toto. Qualche giorno fa, il Tar del Lazio ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del decreto legge che ha “incorporato”, cioè “legificato”, il provvedimento di risoluzione. La vicenda va spiegata sul piano giuridico. Ma va spiegato pure come il diritto talora rischi di essere piegato dalla politica a esigenze che non solo prescindono dal diritto stesso, ma possono anche confliggere con esso.

I fatti

Il 14 giugno scorso, la Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili (Mims) aveva risolto la concessione delle autostrade A24 e A25 a causa del «grave inadempimento del concessionario, Strada dei parchi spa». La decisione era stata confermata con decreto del Mims il successivo 7 luglio. Nella stessa data, un decreto legge (85 del 2022, poi confluito nel decreto 68 del 2022) aveva “recepito” – “legificato” – il provvedimento amministrativo di risoluzione, attribuendo la gestione della rete autostradale ad Anas.

Strada dei parchi (Sdp) aveva presentato ricorso contro il provvedimento. L’11 luglio, il Tar del Lazio aveva accolto il ricorso in sede cautelare, con decisione monocratica, e così la gestione dell’autostrada era stata restituita a Sdp.

Il successivo 27 luglio il Tar aveva confermato in via collegiale la decisione, rilevando le inadempienze dell’amministrazione concedente, tali da compromettere la corretta gestione da parte del concessionario. Il Tar aveva pure evidenziato che, per salvaguardare la «continuità gestionale», la concessione dovesse restare a Sdp, e non passare ad Anas, fino alla definizione della controversia.

Ma, il 30 luglio, il Consiglio di stato (Cds) aveva ribaltato la pronuncia cautelare del Tar, togliendo la gestione a Sdp e attribuendola ad Anas, come già disposto dal provvedimento ministeriale e dal decreto legge che lo aveva “incorporato”. Il 25 agosto, il Cds aveva confermato la decisione in sede collegiale.

La questione era, quindi, tornata al Tar del Lazio per l’esame nel merito. L’ennesimo colpo di scena c’è stato il 29 dicembre: il tribunale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sul decreto legge che ha “recepito” il provvedimento di risoluzione della concessione.

Legittimità costituzionale

LaPresse-Manzoni

Il Tar ha rimesso alla Consulta la valutazione di una serie di profili di costituzionalità del decreto legge del governo di Mario Draghi: tra l’altro, la mancanza dei presupposti di necessità e urgenza, la “legificazione” del provvedimento amministrativo e l’interferenza con la funzione giurisdizionale.

Quanto al primo punto – dicono i giudici – «non sono state affatto palesate le ragioni di eccezionale gravità e urgenza che avrebbero dovuto sorreggere il ricorso al decreto legge». Il governo ha fatto riferimento soltanto a una generale «necessità e urgenza di adottare disposizioni finalizzate al rilancio del settore dei trasporti». Secondo il Tar, si tratta di presupposti non comparabili con quelli determinatisi «a seguito del crollo del ponte Morandi».

Quanto al secondo punto, il “recepimento” in un decreto legge del provvedimento di risoluzione della convenzione autostradale ha sottratto al Tar la valutazione della legittimità del provvedimento stesso. Con il decreto di “legificazione” – ha osservato il tribunale – si è determinata «una sorta di “cortocircuito” processuale».

Infatti, l’impugnazione da parte di Sdp e l’eventuale annullamento da parte dei giudici del provvedimento amministrativo avrebbero comunque lasciato vigente il «sovrapponibile testo di legge». Ma Sdp non poteva ricorrere dinanzi al giudice amministrativo per la legge di “recepimento” della risoluzione, il cui controllo spetta alla sola Corte costituzionale; né poteva portare direttamente la legge dinanzi a quest’ultima, poiché ciò spetta solo a un giudice.

A Sdp era consentito soltanto sperare che il Tar sollevasse la questione di legittimità costituzionale. La Corte, tuttavia, valuta solo la conformità della legge alla Costituzione, e non la legittimità dei presupposti di fatto e di diritto di un provvedimento amministrativo: ad esempio, l’effettiva sussistenza del grave inadempimento che per il Mims giustificava il venir meno della convenzione. Il risultato di tutto ciò è stato una limitazione del diritto di tutela per Sdp.

La sostituzione dell’atto amministrativo con un atto normativo e il conseguente passaggio dalla cognizione dal giudice amministrativo al giudice costituzionale – afferma il Tar – ha avuto l’effetto di precludere «insanabilmente qualsiasi sindacato sulla legittimità» della risoluzione del rapporto concessorio.

«Al Collegio, infatti, non è allo stato consentito né l’esame della relazione (di ben 82 pagine) della Commissione ministeriale per la verifica tecnico-giuridica sulla concessione autostradale (…) né, tantomeno, l’esame delle controdeduzioni depositate dalla ricorrente presso il Ministero resistente … (di ben 184 pagine)».

Le conseguenze

Insomma, la «“blindatura” del provvedimento amministrativo a mezzo di una norma di legge» ha fermato anche la possibilità per i giudici di valutare la legittimità delle ragioni giuridiche «che hanno condotto alla risoluzione del rapporto concessorio», e conseguentemente ha pure blindato la scelta del governo Draghi di togliere la concessione a Spd.

In altre parole, sostituendo il provvedimento ministeriale con una legge, si è prodotto il medesimo risultato – la risoluzione della concessione a Sdp – evitando al contempo che potesse poi esserne verificata la legittimità da parte del Tar.

A ciò si aggiunga un ulteriore elemento, che porta al terzo punto. Quando il governo Draghi ha deciso di “incorporare” in un decreto legge il provvedimento risolutorio, Sdp aveva già fatto ricorso al tribunale amministrativo.

Secondo il Tar, il decreto legge rappresenterebbe una interferenza nell'esercizio della giurisdizione amministrativa, e quindi nell’azione di tutela di Spd, finendo per tradursi «in un’abnorme compromissione del diritto di difesa» della stessa Sdp.

Infatti, dopo il decreto legge, a Sdp è rimasta soltanto la possibilità di «aspirare» al giudizio della Consulta, che tuttavia – come spiegato – non si occupa della fondatezza della risoluzione contrattuale.

Sarà interessante continuare a seguire la vicenda. Il tema non è solo la concessione autostradale, ma più in generale anche la possibilità che un governo possa ingerirsi nel rapporto fra cittadino e pubblica amministrazione con una legge che, “recependo” un atto amministrativo, si trasforma in una legge “personale”.

Sarebbe grave si consolidasse il principio – già applicato da Silvio Berlusconi nel 2008, con l’approvazione per legge proprio di convenzioni autostradali sottoscritte da Anas, evitando così i necessari pareri - che un esecutivo possa “blindare” attraverso la “legificazione” il provvedimento di un suo ministero.

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