- Giuseppe Mazzini è l’uomo cui più di tutti si deve la trasformazione di un concetto fino ad allora essenzialmente culturale, la nazione, nel pilastro della legittimità politica moderna.
- Era pienamente consapevole che dalla fiamma della nazione potesse scaturire l’incendio del nazionalismo, tanto da immaginare sin dall’estate del 1831 l’Unità italiana come un tassello della più ampia rivoluzione europea.
- Al motto – già classico ai suoi tempi – “Dio, Patria, Famiglia”, Mazzini aggiunge, significativamente la parola “Umanità”. È il suo lascito più attuale.
Ben pochi personaggi storici possono vantare a oltre 200 anni dalla nascita, un richiamo, magari non di massa, ma costante e persistente nel dibattito pubblico come Giuseppe Mazzini. Al patriota è stato dedicato lo scorso 19 giugno un convegno a Roma, promosso dal ministero della cultura in collaborazione con l’istituto di storia del Risorgimento italiano, il 22 un altro a Genova, sua città natale, promosso dalle principali istituzioni pubbliche dedicate alla sua figura – l’istituto mazziniano e il museo del Risorgimento della città ligure e la Domus mazziniana di Pisa – con la partecipazione dell’università di Genova e dell’associazione mazziniana italiana e il patrocinio del comitato nazionale per le celebrazioni del 150esimo anniversario della morte.
La ragione di questo duraturo “successo” si deve senza dubbio alla straordinaria personalità del ligure, personaggio poliedrico, ben oltre la figura del cospiratore nell’ombra, in grado di dialogare da pari a pari con i giganti della cultura europea, da John Stuart Mill a Karl Marx, da Marie d'Agoult a John Ruskin, ma soprattutto al suo contributo fondamentale alla nascita della politica contemporanea.
Giuseppe Mazzini è l’uomo cui più di tutti si deve la trasformazione di un concetto fino ad allora essenzialmente culturale, la nazione, nel pilastro della legittimità politica moderna. Per secoli scrittori e intellettuali, da Dante ad Ariosto, da Petrarca a Metastasio si erano detti italiani senza trarne nessuna conseguenza politica. Con Mazzini la nazione scende in campo e l’Italia fa il suo ingresso da protagonista in quella straordinaria età delle rivoluzioni che, iniziata alla fine del ‘700, sulle coste del Nord America si è diffusa in tutto il mondo dando vita al moderno stato nazionale democratico. Non è un caso che nei due secoli successivi, dovunque ci si battesse per l’autodeterminazione e la democrazia di un popolo, dall’India di Gandhi all’Africa di Anton Lembede, si guardasse necessariamente al Risorgimento italiano e a Mazzini.
Mazzini peraltro era pienamente consapevole come dalla fiamma della nazione potesse scaturire l’incendio del nazionalismo, tanto da immaginare sin dall’estate del 1831 l’Unità italiana come un tassello della più ampia rivoluzione europea, la Giovine Italia come articolazione di una più ampia Giovine Europa, dove fossero rappresentate tutte le anime del continente, la latina, la germanica e la slava.
Al motto – già classico ai suoi tempi – “Dio, Patria, Famiglia” Mazzini aggiunge, in modo significativo la parola “Umanità”. Non si tratta qui di stabilire se ci si trovi di fronte ad un progetto conservatore o meno (basterebbero del resto le polemiche recenti a testimoniare come, anche nel campo della rivendicazione dei diritti ci sia richiesta e bisogno, ad esempio, di più famiglia e non di meno), ma di riflettere sulla straordinaria “trasformazione di segno” che l’inserzione mazziniana produce, dando vita, per riprendere una felice definizione di Nadia Urbinati, ad un vero e proprio “cosmopolitismo delle nazioni”.
La nazione non è il porro unum, il fine e la giustificazione dell’agire politico, ma un necessario elemento intermedio che consente all’individuo di sfuggire all’individualismo atomistico cui l’aveva condannato l’illuminismo per agire come zoon politikon, come animale politico, cioè sociale, all’interno di una comunità di destino. La nazione è la scala che consente all’uno di agire insieme per il bene collettivo, non della nazione stessa, ma dell’intera umanità, sola autentica interprete della volontà divina, nell’immaginifico linguaggio religioso mazziniano.
La lucida individuazione dell’umanità, non come ente astratto ma nella sua articolazione storica e concreta in comunità nazionali, come soggetto collettivo dell’azione politica è il lascito più attuale di Giuseppe Mazzini, ciò che lo rende ancora oggi “contemporaneo dei posteri”, insieme al primato del dovere, cioè alla responsabilità, allo stesso tempo collettiva e individuale, che tutti noi, come parte dell’umanità abbiamo nei confronti di chi non può rivendicare i propri diritti: le generazioni future e l’intero pianeta.
© Riproduzione riservata