- Per Conte le porte del Nazareno restano aperte, ma per minimizzare l’impatto di un eventuale strappo con i grillini. Letta cerca alleanze anche territoriali.
- Traccia di questo lavorio si ritrova nelle pagine dell’agenda Google del segretario. Nonostante la campagna per le amministrative infila ogni settimana qualche incontro con vista sulle politiche.
- Vede spesso Fratoianni e Bonelli. E mercoledì ha visto Zedda, leader progressista sardo, e Smeriglio. Il punto è mettere insieme una rete di alleati che sostengano le sfide territoriali. Operazione possibile, ma non scontata. Oggi a Roma il varo di «Alternativa comune».
«Mai detto che l’alleanza Pd-M5s non funziona». Ieri all’alba, alla lettura dei giornali, Stefano Patuanelli si è precipitato a smentire il titolo di un’intervista alla Stampa che dice l’opposto di quello che il ministro grillino ha in testa. Che è invece: «La nostra alleanza deve essere inserita in un progetto per il paese, sulle cose che ci uniscono, sulla valorizzazione delle eventuali differenze, non in un continuo scontro sulle differenze. È qualcosa che non stiamo facendo ed è ora di iniziare». Il paradosso, per uno dei più convinti dell’asse giallorosso, è finire fra quelli che cercano la rottura. O che tengono una pericolosa rotta confusionaria. A partire dal presidente Giuseppe Conte.
La Sicilia e il resto
L’incontro del 26 maggio fra Enrico Letta e Conte incentrato sulle primarie di coalizione alle regionali siciliane a prima vista sembra una ricucitura del turbolento rapporto fra i due partiti. Eppure appena filtrata la notizia dal Nazareno è partita la frenata: l’incontro, è stato spiegato, è stato «interlocutorio», «l’idea di primarie congiunte in Sicilia è in fase di discussione, ma nessuna decisione è stata assunta. Resta, al momento, una delle opzioni». La precisazione non va letta in chiave strettamente isolana. Si parla di Sicilia, si legge elezioni politiche. I vertici del Pd da settimane temono l’esito, volontario o involontario, delle intemperanze di Conte. La rottura è data ormai come «una delle opzioni». Bisogna correre ai ripari. Ma come? Le possibilità di una riforma proporzionale tendono allo zero, anche grazie a Conte: «Più fa vedere che strappa con il Pd, più Salvini si convince che la vittoria in coalizione gli è servita», spiega un parlamentare vicino a Letta. Resta dunque il macigno dell’attuale legge elettorale che obbliga alle coalizioni: senza uno straccio di alleanza il Pd in molti collegi rischia di non entrare in partita.
Per questo al Nazareno si ragiona su un “piano B”. Le porte con l’alleato M5s restano aperte. Ma si lavora all’eventualità che a chiuderle siano proprio i Cinque stelle. Al Pd i “tecnici” fanno i conti sui collegi. E, a alcune condizioni, spiegano, «non va esagerato l’impatto del M5s nei collegi». Anche perché i Cinque stelle, si vedrà alle prossime amministrative, conservano la loro forza nel voto di opinione, dove resiste il simbolo e il residuo fascino della protesta. Ma non nella sfida “o di qua o di là” caratteristica dei collegi uninominali. Insomma senza M5s la sfida per il Pd è difficile, ma non impossibile. A patto che, collegio per collegio, siano rinforzate le alleanze con gli alleabili di ogni ordine e grado: e se i centristi di Renzi e Calenda fanno professione di autonomia, al Nazareno è in corso un lavorio riservato sulla galassia delle sinistre rossoverdi, sulle associazioni e sui movimenti, anche locali. Obiettivo: mettere insieme tutti, ma proprio tutti.
Si fa presto a dire rossoverdi
Traccia di questo lavorio si ritrova negli appuntamenti di Letta. In quelle pagine di agenda Google, nonostante gli impegni serrati della campagna per le amministrative – il segretario si sta spendendo senza economia di sforzi – infila ogni settimana qualche incontro con vista sulle politiche. Al Nazareno ormai sono di casa Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, di Sinistra italiana e dei Verdi. Le due organizzazioni sono intenzionate a costruire una lista unitaria, affidabile alleata ma con ampi margini di autonomia sui singoli temi, a partire dal pacifismo. Dal lato rossoverde non sono gli unici a confrontarsi. Mercoledì scorso, per esempio, Letta ha incontrato Massimo Zedda, leader del Partito progressista, già “Progressisti sardi”, un’area a sinistra del Pd regionale. Zedda ha ottimi rapporti con il braccio destro del segretario Marco Meloni, che è cagliaritano (di Quartu) come il due volte sindaco della “città bianca”. Zedda a sua volta fa parte di una rete di amministratori locali, nata con la regia dell’europarlamentare Massimiliano Smeriglio, presente all’incontro.
La rete di Smeriglio, Zedda e compagnia si riunisce oggi a Roma. Mette insieme realtà territoriali dalle principali città. Dalla Rete civica di Bologna, alla Sinistra civica ecologista di Roma e della Toscana, a Futura di Milano. Ci saranno Elly Schlein ed Emily Clancy, vicepresidente dell’Emilia e leader di Coraggiosa la prima, e vicesindaca di Bologna e leader della civica la seconda. Oggi si tiene a battesimo Alternativa comune, la rete di Roma e Lazio alle regionali, capitanata da Amedeo Ciaccheri. A incoraggiare il movimento stamattina, nello spazio recuperato di largo Venue sulla via Prenestina, arriveranno Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi. Si parlerà di pacifismo, municipalismo ed ecologia. E dell’inceneritore romano progettato dal sindaco Roberto Gualtieri: tema che taglia in due l’area progressista. Ora, il punto è che Letta e i suoi non sottovalutino la difficoltà, storica ma anche contingente, di mettere insieme questi mondi, e non li consideri già come acquisiti.
Un ritocco al Rosatellum
Ma l’operazione alla fine ha qualche possibilità. Tanto più se andasse in buca un altro lavorio sotto traccia che va avanti da settimane in parlamento, nel confronto serrato fra i responsabili delle riforme istituzionali dei principali gruppi su piccole modifiche al Rosatellum per limitare l’impatto maggioritario. Tradotto: per usarlo anche senza coalizioni.
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