Tra poche ore l'onda d'urto delle elezioni presidenziali americane investirà l'Europa devastata dal ciclone Dana, con la provincia di Valencia, trasformata in una Longarone spagnola e europea. La guerra civile tra il popolo e le istituzioni democratiche, tra il popolo e la democrazia, è il drammatico scontro di cui ha scritto Rino Formica su questo giornale, la posta in gioco delle elezioni americane del 5 novembre, con la sua ricaduta sulla politica europea e sull'Italia.

Nell'incertezza dei sondaggi, che indicano un leggero vantaggio per Donald Trump su Kamala Harris, la campagna elettorale si conclude con la violenza verbale del candidato repubblicano, le schede bruciate, la contrapposizione totale.

L'effetto di una «strategia dall'alto delle élite conservatrici per mantenersi competitive», perseguita fin dagli anni Novanta, spiega Mattia Diletti in Divisi (Treccani). Una polarizzazione che ha travolto tanti luoghi comuni del dibattito pubblico, anche italiano. Si vince al centro, con il pragmatismo, postulava l'ordine liberale, ma la polarizzazione ha travolto questo dogma.

C'è una relazione tra democrazia e mercato, si diceva, ma oggi avanza il nazional-capitalismo, «un'alleanza tra mercato e attori politici autoritari». Infine, le istituzioni di garanzia, come la Corte suprema, che nel conflitto vengono trascinate nella mischia. Il trumpismo è l'espressione più fragorosa di questa separazione del popolo dalla democrazia che negli Usa va avanti da un trentennio.

Una sua eventuale sconfitta elettorale non basterebbe a cancellarne gli effetti, come non fu sufficiente la vittoria di Joe Biden nel 2020. L'aumento della povertà e delle disuguaglianze (38 milioni di statunitensi che non possono soddisfare le necessità primarie, 108 milioni che si arrangiano al di sotto della soglia di povertà, un milione di studenti delle scuole pubbliche senza casa, sono i dati di cui scrive Matthew Desmond in Povertà, in America, pubblicato da La nave di Teseo), insieme alla scommessa sulle fratture (tra bianchi, neri e ispanici, tra uomini e donne), sono il segno dello scollamento tra popolo e potere che sconvolge l'equilibrio democratico. E costringe a elaborare un progetto alternativo. «Serve comprendere come rendere trasformativa e inclusiva, e non distruttiva e esclusiva, un'evidente domanda di protezione e cambiamento», scrive ancora Diletti.

Il vento americano arriva in Europa con la Commissione Von der Leyen 2 alla prova dell'esame sui commissari. È evidente lo smottamento a destra del centro popolare che fu di Kohl e Merkel, oltre che della Dc italiana. In Italia, dal 1945 in poi il paese europeo più influenzato da quanto accade oltre Atlantico, le destre dimostrano di aver imparato le lezioni americane. La centralità del capo, della leader, con un profilo ideologico blindato.

La sottolineatura dell'impresa libera da vincoli e l'addio alle antiche venature sociali. L'attacco alla magistratura, considerata in blocco tutta di parte, tutta nemica, politicizzata, rossa, quando fa rispettare la Costituzione, e alle istituzioni di controllo sovranazionali, come la corte di giustizia dell'Unione europea nel caso dei centri in Albania e dell'identificazione dei paesi sicuri.

Rispetto a questa sfida non basta affastellare somme di partitini, cercare per il Pd un partner di centro, dopo il naufragio dei 5 Stelle. Le alleanze galvanizzano la fantasia dei commentatori, ci sono sempre stati un Dini, un Mastella, un Alfano cui rivolgersi per una sinistra del potere, ma senza popolo, che ha lasciato la rappresentanza del popolo senza potere alla destra. Ma oggi non bastano i professionisti del bricolage di coalizione delle fasi precedenti, con il popolo che va altrove. E neppure i custodi, gli ottimati delle formule antiche. Fuori c'è la metà di italiani scivolata nel non voto che aspetta di essere inclusa.

La chiave del recupero sta nella ricostruzione di un terreno democratico, fondato sulla protezione delle fasce più deboli o più impaurite, una parola che la segretaria del Pd Elly Schlein usa spesso, accanto al cambiamento.

Un lavoro che non conosce vie brevi: richiede un progetto culturale, un'organizzazione nuova della partecipazione, classi dirigenti non decrepite ma contemporanee. Serve riunire il popolo e le istituzioni, laddove la destre hanno diviso e hanno vinto, scommettendo sulla crisi della democrazia che attraversa l'America e anche l'Italia.

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