È una Liliana Segre che non si fa remore di prendere posizione rispondendo alle domande della giornalista Marianna Aprile. Nell’intervista affronta diversi temi dall’antisemitismo al 7 ottobre. Ma anche sul ruolo della donna oggi e il suo rapporto con Mattarella
È stata una lunga intervista quella rilasciata dalla senatrice a vita Liliana Segre al programma In Onda di La7. Nei giorni scorsi era stata pubblicata un’anticipazione che conteneva la sua risposta all’inchiesta di Fanpage sui giovani neofascisti di Fratelli d’Italia.
«Io ho seguito nelle varie trasmissioni questa seduta, chiamiamola così, inneggiante anche a “Sieg Heil”, quindi anche con questi motti nazisti che purtroppo io ricordo in modo diretto e non per sentito dire. Ora alla mia età dovrò rivedere di nuovo questo? Dovrò essere cacciata dal mio paese da cui sono stata già cacciata una volta?», ha detto Segre riguardo alle immagini trasmesse degli insulti razzisti e antisemiti di alcuni membri della Gioventù nazionale del partito di Giorgia Meloni.
È una Liliana Segre che non si fa remore di prendere posizione rispondendo alle domande della giornalista Marianna Aprile. Nell’intervista affronta diversi temi dall’antisemitismo, al 7 ottobre, passando per il femminismo e il suo rapporto con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Sul 7 ottobre e la guerra a Gaza
«Non mi aspettavo questa vendetta immediata. Io sono una donna di pace, sulla vendetta non ho avuto bisogno di maturare. Anche se, quando io avrei avuto bisogno di vendicarmi, subito dopo la fine della guerra, ero una ragazzina di 14 anni e ora sono una donna di 93, ma è più forte di me. Sono una donna di pace. I bambini degli uni e degli altri mi continuano a straziare. Ostaggi che non tornano, palestinesi che vengono ammazzati ogni giorno», ha detto Segre.
«Quando ho saputo del 7 ottobre mi sono sentita quella di una volta. Avrei voluto che quelle immagini inguardabili fossero state trasmesse molto di più perché sono state dimenticate troppo in fretta. Ma dal mio punto di vista strettamente personale, con la mia storia, anche di mamma, di nonna, quei bambini non colpevoli di nulla se non di esistere, mi avevano colpita a tal punto… mai avrei pensato che avrei sofferto altrettanto nei giorni seguenti. Non mi aspettavo questa vendetta immediata. Io sono una donna di pace», ha ribadito la senatrice a vita. Ferma e diretta più che mai.
La guerra a Gaza ha anche aumentato gli episodi di antisemitismo in Occidente, ma secondo Segre c’è sempre stato un forte sentimento antisemita anche se «celato, nascosto» «e questo è stata occasione perfetta per spararlo a tutti gli effetti e in tutti gli ambienti».
«Giovani ignoranti della storia»
Traspare forte il desiderio di lasciare qualcosa a queste generazioni che non riescono a ricordare, ma che hanno bisogno di avere strumenti per coltivare la memoria.
«All’inizio mi sembrava così difficile che non avrei saputo raccontare Auschwitz, e in effetti non si racconta mai tutto. Tutti i testimoni più di tanto non hanno trovato le parole per farlo - ha detto Segre -. Dalla timidezza delle primissime volte, con 20-30 ragazzi, sono arrivata tranquilla a parlare davanti a 5mila come fossero 5 o 50. E raramente sono stata delusa. Ora credo che la maggior parte di questi ragazzi, così diversi da quelli che fino a 3-4 anni ho avuto davanti a me, siano soprattutto molto ignoranti della storia. Un po’ perché non viene insegnata, un po’ per colpa della vita. Un ragazzo di oggi non sa niente di quello che è successo ieri e non può neanche preoccuparsi di quello che succederà domani. Si occupa di quello che farà nel momento. Questo mi fa molta paura, perché il futuro va progettato, e ognuno deve avere una sicurezza di sé che questi ragazzi non hanno».
«Una donna deve essere libera»
È una Liliana Segre femminista quella che si racconta a Marianna Aprile. «Una donna deve essere libera» ha detto la senatrice.
«Non si deve fidare di un uomo che la tocca, se non amorosamente. Una giovane donna deve essere molto sicura di sé, non essere mai la schiava di nessuno. La prima volta che qualcuno fa un piccolissimo atto, anche un buffetto sulla guancia, la donna deve mandare via questa persona. Non si deve fidare di un uomo che la tocca, se non amorosamente. La donna deve essere libera, deve lavorare e non dipendere da nessuno. L’indipendenza economica è molto importante, anche imparare un mestiere se non si ha una laurea».
«Mi piaceva l’anonimato»
Liliana Segre ha raccontato anche la sua vita precedente all’entrata in Senato e l’esposizione mediatica che l’ha portata a ricevere insulti antisemiti e minacce, tanto da valerle la scorta. «Io non ero nessuno e anzi mi piaceva moltissimo l'anonimato, mi sentivo libera, mi sentivo una qualsiasi che camminava per strada. Mia figlia, la più giovane, stava sempre con me. Questo non avviene più, perché la quantità di ingiurie, di improperi, di minacce, di parolacce spaventose nei miei confronti che io volevo ignorare, non è stato possibile perché Lamorgese, allora ministro dell'Interno, mi disse “devi avere la scorta”. Io mi sono battuta ma mi ha costretto».
Rispondendo a chi gli chiede se le minacce ricevute dipendano anche dal fatto di essere una donna, Segre aggiunge: «Sicuramente il fatto di essere una donna invoglia questi personaggi malati che ingiuriano a inventarsi delle cose che fanno parte di una fantasia a volte maschilista e ignorante, a volte di fantasie morbose. Alcune sono donne che ingiuriano altre donne, vecchie, e sono persone da curare. Mi preoccupo per loro, maschi o femmine che siano».
«Guai se non ci fosse Mattarella»
Sul suo rapporto con il presidente della Repubblica: «Io stimo talmente tanto, anzi voglio bene come a un fratello a Mattarella, gli sono grata, mi piace così stortino com’è, è un uomo meraviglioso, al posto giusto, guai se non ci fosse. Però lui non c’entra niente con questo. Lo so io e lo sa benissimo lui. Io non voglio e non posso tacere, posso dire anche una cosa che Mattarella non pensa, però non è mai Mattarella che mette in bocca a me delle cose da dire in Senato, assolutamente».
È stato detto perché lei è una donna? «Io sono molto femminista, indubbiamente la donna in un paese latino come questo è sempre vista come una che non è all'altezza dell'uomo e non so quanti altri secoli ancora ci vorranno prima che ognuna di noi prenda il proprio posto nel mondo. Può anche darsi che ci sia questo lato, io non lo vorrei avvertire. Preferisco pensare che gli uomini non abbiano pensato questo».
Oggi a preoccupare più che mai Liliana Segre è il «pericolosissimo desiderio della destra che vuole una persona sola al comando».
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