Il tribunale di Napoli ha accolto il ricorso del direttore artistico uscente. La norma di Sangiuliano per conquistare viale Mazzini è illegale
Un pasticcio giuridico del governo fa tornare indietro come un boomerang la soluzione trovata dall’esecutivo per sostituire Carlo Fuortes, ex amministratore delegato della Rai. Creando imbarazzi su imbarazzi, a partire dal tempismo. L’ordinanza del tribunale di Napoli ha imposto di reintegrare Stéphane Lissner come sovrintendente al teatro San Carlo di Napoli è arrivata nel giorno in cui il nuovo sovrintendente, Fuortes per l’appunto, si apprestava a godersi la ripresa della stagione con la Madama Butterfly di Giacomo Puccini per la regia di Ferzan Özpetek.
E invece, la complicata vicenda del trasloco dell’ex ad da viale Mazzini a Napoli ha subito una svolta improvvisa. Con il risultato di creare l’assurda situazione di «un teatro per due» e lasciando Fuortes, atterrato al San Carlo per volere del governo, in uno stallo su cui al momento non si sono espressi né palazzo Chigi, né il ministro Gennaro Sangiuliano, impegnato nella presentazione de Il segreto del tenente Giardina al suo ministero. Insomma, nessuno ha voluto proporre una soluzione a un problema creato dall’incuria dell’esecutivo. Che, però, ha ottenuto con quasi due anni di anticipo il controllo totale del servizio pubblico. L’accoglimento in via cautelare del ricorso dell’ex sovrintendente e direttore artistico Lissner, che ha impugnato il “pensionamento” determinato da un provvedimento ad hoc dell’esecutivo, è stato lo scotto da pagare.
La norma era stata stesa appositamente dal ministero della Cultura per agevolare la conclusione anticipata della sovrintendenza di Lissner. Una manovra che si era resa necessaria nel momento in cui Fuortes aveva scelto di lasciare viale Mazzini dopo i primi mesi di calata della destra sul servizio pubblico: a quel punto, la coppia Giorgia Meloni-Sangiuliano aveva offerto al manager una exit strategy in direzione Napoli. Non era certo la Scala, che l’amministratore delegato uscente avrebbe preferito, ma era la soluzione per sfuggire allo stallo che si stava creando in Rai, dove le ambizioni della destra si scontravano con una governance di un’altra fase politica. In particolare, il rapporto non ostile con Meloni si era infranto sulla richiesta dell’inquilina di palazzo Chigi di nominare Giampaolo Rossi direttore generale.
Le fragilità del testo
Ora, però, i nodi vengono al pettine. Che il decreto, scritto in fretta e furia al ministero della Cultura, avesse dei passaggi attaccabili era noto già all’indomani della pubblicazione, tanto che Lissner aveva immediatamente proceduto a presentare ricorso.
Ma ieri, poche settimane dopo che Fuortes aveva sciolto i suoi dubbi scegliendo di accettare l’incarico e aveva risolto il problema del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, rimasto di colpo senza un sovrintendente, la norma ha dimostrato tutta la sua fragilità.
Fuortes, nel dubbio, ha deciso di presenziare lo stesso alla prima, pronto in ogni caso a rimettersi alle decisioni del Consiglio d’indirizzo della fondazione a cui fa riferimento il teatro, ossia il sindaco Manfredi. Che, da parte sua, ormai spera soltanto di mettere un punto alla vicenda viziata fin dall’inizio dalla gestione spericolata del governo. «A breve riunirò il Consiglio d’indirizzo della fondazione per rendere effettivo il reintegro per poi valutare la presentazione del reclamo in appello» si legge in serata in una nota. Anche perché, in origine, Fuortes era considerato in maniera tutt’altro che ostile dai dem, che governano a palazzo San Giacomo (insieme ai Cinque stelle) e in regione. Anche Vincenzo De Luca, dopo un’iniziale scetticismo nei suoi confronti, era sceso a patti con la decisione di accogliere l’ex amministratore delegato Rai a Napoli. Meno amichevole il Pd nazionale, che sperava che Fuortes rimanesse a difendere la sua poltrona in Rai. Ieri i dem si sono limitati a denunciare l’illegalità dell’atto del governo, senza esporsi per il manager.
«Il governo Meloni aveva approvato un decreto legge contro personam per rimuovere il sovrintendente del teatro San Carlo di Napoli, Stéphane Lissner, dal suo incarico per raggiunti limiti d’età e metterci al suo posto l’amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes. Il tribunale di Napoli ha oggi reintegrato Lissner. Un atto di giustizia. Questo della Meloni è un governo contra legem» ha scritto in una nota Sandro Ruotolo, responsabile Informazione e cultura in segreteria Pd. In commissione di Vigilanza Rai, i dem parlano di «bulimia di poltrone» della destra, mentre i Cinque stelle accusano Meloni e Sangiuliano di mettere il San Carlo «al centro di una partita a figurine».
Le prospettive sono ancora incerte, anche se un nuovo avvicendamento tra i due sovrintendenti appare improbabile. Dopo qualche giorno necessario per i tempi tecnici richiesti dalla giurisprudenza, si aprirà una nuova fase. Non è ancora chiaro come ministero e comune vogliano uscire dal pasticcio: c’è la via giudiziaria, con la possibilità di un ulteriore ricorso contro la decisione della giudice del lavoro. Ma quella che appare a oggi la strada più percorribile per risolvere la questione è quella del negoziato economico tra Lissner e il Consiglio d’indirizzo. Lissner potrebbe infatti anche preferire una compensazione economica al reintegro. Ma anche in questo caso c’è chi evidenzia dei rischi: il risarcimento sarebbe finanziato da fondi pubblici. E all’orizzonte c’è sempre la Corte dei conti, che potrebbe voler dire la sua.
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