Per loro nulla deve frapporsi tra il sovrano popolo e il potere politico: un neo-giacobinismo distopico, settario e virulento, senza il minimo afflato di liberté, égalité e fraternité. L’aggressione allo stato di diritto è una costante per la destra
Non facciamoci illusioni: al momento questo governo potrà sospendere ogni garanzia costituzionale perché si ritiene investito dalla volontà popolare e rappresentante unico degli interessi della nazione. E quindi legibus solutus. Non devono contare, e non conteranno nulla, tribunali e giudici: varrà solo la forza di chi comanda. Ogni ostacolo andrà travolto, con le buone o con le cattive.
La cultura illiberale che permea Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, due dei vertici dello stato, si dispiegherà in tutta la sua arroganza se, da dicembre, la maggioranza avrà nominato giudici amici in Corte costituzionale. Senza quella barriera sarà ancora più facile travolgere ogni argine.
Un frutto avvelenato
Considerare eversivo l’intervento di un magistrato che smonta il castello di carte della difesa dei confini nazionali attraverso la deportazione in Albania, illustra bene qual è la cultura politica di questa destra. Il frutto avvelenato lasciato dal populismo berlusconiano continua a produrre guasti al buon funzionamento di una democrazia che si vuole retta dai principi della costituzione.
Se già ora Meloni si sente in grado di attaccare frontalmente chi si permette di far rispettare la legge, c’è da immaginare cosa accadrebbe una volta eletta direttamente a palazzo Chigi con la riforma del premierato. Non si capisce l’ingenuità o il conformismo dei tanti giuristi (mentre la maggioranza dei politologi rimane critica) che assecondano questo progetto. Non si rendono conto che in un paese di debole cultura democratico-liberale, e del tutto inesistente a destra perché da quelle parti si ammira solo il valore della forza e del comando, la concentrazione e verticalizzazione del potere produce danni.
Oltre allo scontro con la magistratura, alimentato ad arte per coprire il fallimento dell’operazione Albania, avanza la criminalizzazione del dissenso. Dopo il diluvio di pene nei confronti dei rave party, evidentemente un problema primario di ordine pubblico che non fa dormire di notte i cittadini, adesso siamo alla limitazione della libertà personale per chi ha osato manifestare pacificamente.
Il caso più eclatante riguarda l’attivista ecologista Giacomo Baggio al quale è stato comminato il divieto di partecipare a eventi pubblici e di uscire dalle 20 alle 7, nonché obbligato a presentarsi all’autorità di pubblica sicurezza per aver partecipato alle proteste di Ultima generazione. Mentre gli ultras continuano a scorrazzare impuniti negli stadi e fuori, inermi cittadini vengono trattati come pericolosi criminali. Ormai manca solo il confino a Ponza e a Ventotene per chiudere il cerchio.
Del clima che monta sono consapevoli anche molti operatori del diritto. Ad esempio, gli avvocati del foro di Bologna sono insorti bollando con parole di fuoco il cosiddetto decreto Sicurezza del governo. Il documento approvato all’unanimità dall’Ordine di Bologna definisce liberticida il decreto Nordio perché intende «colpire i poveri e chi manifesta dissenso, non certo gli autori di crimini gravi». E rincara la dose il segretario generale dell’ Associazione nazionale forense che denuncia le «norme draconiane» e le «sanzioni manifesto», invitando i penalisti a scioperare per tre giorni all’inizio del prossimo mese.
Chiamata alla mobilitazione
Segnali, questi, incoraggianti. Ma la difesa delle libertà politiche e civili chiama alla mobilitazione tutti coloro che vogliono difendere i fondamenti del nostro sistema politico. E l’opposizione dovrebbe essere più attrezzata a reagire al livello della sfida. Invece, viene costantemente presa in contropiede. La sua voce non si sente. Eppure è evidente che chi proviene da culture politiche estranee al processo di redazione della costituzione sia all’opera per manomettere le basi del sistema democratico: del resto, la filiera neo/post fascista per ontologica incompatibilità fin dalla fondazione della repubblica, Lega e Forza Italia per la loro nascita in opposizione alle culture politiche fondatrici del sistema, sono tutte e tre portatrici di una medesima visione alternativa, sostanzialmente populista.
Per loro nulla deve frapporsi tra il sovrano popolo e il potere politico: un neo-giacobinismo distopico, settario e virulento, senza il minimo afflato di liberté, égalité e fraternité. L’aggressione allo stato di diritto è una costante per la destra. Gli anni del berlusconismo trionfante avevano già tentato forzature. Valga una per tutte, il rifiuto di accettare il verdetto delle urne nel 2006. Il risultato deve cambiare, disse all’epoca il presidente del Consiglio sconfitto, Silvio Berlusconi: un vero antesignano del trumpismo. Speriamo che non arrivano all’assalto del “Campidoglio italiano”.
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