- Mentre un accordo sulla messa a gara delle concessioni balneari sembra ormai a portata di mano e la Lega accetta la proposta del governo pur di non rischiare la fiducia sul testo base, si apre un nuovo fronte.
- I Cinque stelle cambiano linea in corsa e provano a mettere mano al calendario di palazzo Madama per portare in aula il presidente del Consiglio.
- La richiesta viene respinta e la capogruppo Mariolina Castellone incassa un’altra sconfitta, dopo che nel primo pomeriggio il Movimento aveva rinuncaito anche alla vicepresidenza della nuova commissione Esteri.
La maggioranza non fa in tempo a disinnescare un dossier rischioso per la sua tenuta che si apre un altro fronte. Anche i partiti più riottosi sulle concessioni balneari, Lega e Forza Italia, hanno accettato di ricominciare a trattare sulla proposta del governo.
La giornata si chiude però con due sconfitte del Movimento 5 stelle. I grillini hanno rinunciato, dopo aver perso la presidenza, anche alla vicepresidenza della commissione Esteri al Senato.
Hanno anche visto respinta dagli alleati la loro richiesta di portare di nuovo Mario Draghi in aula in vista del Consiglio europeo straordinario del 30 e 31 maggio.
I balneari
Nonostante l’esame dell’articolo 2, quello che riguarda la messa a gara delle concessioni balneari entro il 2024, sia stato per il momento accantonato in attesa di un accordo politico, il clima sul provvedimento è cambiato.
Il centrodestra si è mostrato disponibile a prendere in considerazione il compromesso proposto dal governo, che combina un rinvio della scadenza per l’indizione delle gare di un anno, alla fine del 2024, con un indennizzo commisurato agli investimenti effettuati per chi finirà per perdere la propria concessione.
Con l’inizio dei voti in commissione sugli articoli meno problematici, i partiti hanno evitato che arrivasse in aula il testo base e disinnescato il rischio che il governo ponesse la fiducia su quella proposta.
«A questo punto, l’intesa è solo questione di giorni» spiega un senatore del centrodestra: il programma è quello di chiudere i lavori entro giovedì. Anche perché il calendario stringe: forti di un accordo di massima, i capigruppo riuniti in conferenza hanno stabilito che il provvedimento debba arrivare in aula lunedì 30 maggio e essere approvato il giorno stesso.
Giusto in tempo per rispettare la scadenza indicata da Draghi alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, nella lettera inviata la settimana scorsa.
Il 30 è anche l’ultimo giorno utile per evitare il forfait di Forza Italia, che ha già annunciato di non poter presenziare il 31, giorno del congresso del Partito popolare europeo.
Soddisfatti dell’accordo i Cinque stelle, che vedono recepite le loro proposte nel testo. Anche il Pd rassicura sulla tenuta della maggioranza sul provvedimento: il segretario Enrico Letta dice che il governo «non cadrà sui balneari», il sottosegretario alle Politiche europee Enzo Amendola ricorda che «sulle concessioni c’è una sentenza del Consiglio di stato, non solo un pronunciamento europeo».
Il Movimento alla deriva
Proprio mentre i dem provano a sciogliere le tensioni sul disegno di legge sulla Concorrenza, si apre un nuovo fronte sul calendario d’aula di palazzo Madama. Appena finita la conferenza dei capigruppo, i Cinque stelle cambiano idea sul calendario proposto dal ministro grillino per i rapporti con il parlamento Federico D’Incà. Nel documento non è previsto un appuntamento per le comunicazioni di Draghi in vista del Consiglio europeo straordinario in programma per il 30 e 31 maggio.
Le comunicazioni non sono infatti obbligatorie in caso di Consiglio straordinario. Con una giravolta, dovuta secondo fonti parlamentari a un intervento diretto del presidente del movimento, Giuseppe Conte, la capogruppo Mariolina Castellone ha prima accettato il calendario proposto, salvo poi chiedere in aula insieme a Fratelli d’Italia e Costituzione, Ambiente e Lavoro di Emanuele Dessì le comunicazioni del presidente del Consiglio in assemblea. La richiesta è stata bocciata. A respingere il tentativo di portare in parlamento Draghi contro la sua volontà sono stati tutti gli altri partiti di maggioranza. Il capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo, ha spiegato che «non avendo la disponibilità del presidente Draghi, non possiamo votare contro il calendario, senza entrare nel merito della richiesta del Movimento 5 stelle», sottraendo ancora una volta il sostegno della Lega agli ex alleati grillini.,
Più aggressivo Davide Faraone di Italia viva che reputa «grave» che il M5s voti contro il calendario concordato.
Le parole più pesanti sono di Luigi Zanda che parla per il Pd e invita il movimento «alla prudenza politica». Se il richiamo dei Cinque stelle «dovesse portare a un voto non unanime della maggioranza sul calendario non è buon augurio per il prossimo futuro della maggioranza», ha aggiunto.
Un bilancio disastroso per Castellone, che nel primo pomeriggio aveva anche dovuto mandar giù la seconda débâcle dei Cinque stelle in commissione Esteri.
Dopo la sconfitta del candidato alla presidenza Ettore Licheri, che aveva perso la settimana scorsa contro Stefania Craxi, il movimento ha deciso di votare come vicepresidente il senatore del gruppo misto ex grillino Fabio Di Micco. Licheri, ancora scottato dalla sconfitta, non si è voluto candidare: il nome che avrebbe potuto raccogliere con facilità i voti necessari per l’elezione era quello di Simona Nocerino. La senatrice di area dimaiana, già snobbata per la candidatura alla presidenza, ha dovuto lasciare però anche stavolta il passo a causa della sua scarsa vicinanza a Conte.
Niente comunicazioni dal presidente e niente voto collegato al Senato, dunque. Resta da vedere cosa succederà alla Camera, dove il capogruppo Cinque stelle Davide Crippa ha segnalato alla presidenza la necessità di comunicazioni del presidente del Consiglio già lo scorso 17 maggio.
Roberto Fico non ha mai risposto né ha spinto a palazzo Chigi per facilitare un intervento, un atteggiamento che nel Movimento non è passato inosservato.
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