I dem criticano la legge di bilancio: all’interno favori al settore caccia e aggravi per i consumatori. Schlein vuole trattare sulle alleanze, ma Conte ad Atreju dice che non sarà «junior partner del Pd»
L’occasione è sfumata senza che Giuseppe Conte la cogliesse. Anzi. Dal palco di Atreju, il presidente del Movimento 5 stelle mira ancora a prendere le distanze dal Pd. È a Elly Schlein che sono dedicate bordate pesanti, la manovra, che pure in commissione ha accumulato nuovo ritardo e non arriverà in aula prima di mercoledì, passa in secondo piano.
Conte torna sull’emendamento shock che riguarda i ministri non parlamentari in mattinata, a cui nel tardo pomeriggio il ministro Guido Crosetto prova a porre rimedio: «Se non è il caso di estenderlo anche ai Ministri non parlamentari, in questi anni ed in questa legislatura, penso che l’emendamento debba essere mantenuto per chi verrà dopo di noi». Poi però Conte non insiste più di tanto durante l’intervista con Mario Sechi alla festa del partito di Meloni, pur escludendo un’alleanza con la destra «reazionaria».
«La comunità ha ribadito una cosa che ho sempre condiviso, non saremo mai cespuglio e junior partner di nessuno, saremo sempre lì per perseguire i nostri obiettivi e confrontarci con le forze progressiste» dice il presidente del Movimento. «A tempo debito vedremo se ci sono i presupposti per un'alternativa di governo solida» aggiunge. Un dito in un occhio a Schlein, che solo in mattinata aveva ribadito di continuare a essere «testardamente unitaria» raccomandando ai potenziali alleati di non rinviare all’infinito le trattative sull’alleanza: «Non possiamo passare quest'anno ognuno a fare gli affari propri e rinviare alla vigilia delle politiche il lavoro di sintesi».
Conte non sembra dello stesso avviso, anzi: attribuisce la scelta di Ernesto Maria Ruffini di lasciare il suo incarico per mettere sul piatto la propria disponibilità da federatore a una «operazione nata a tavolino dal Pd, che pensa non solo per sé ma anche ad avere tante forze intorno, a costruirsi il senso di una coralità con dei corollari, è brutto dire cespuglietti».
E ancora: «Se essere di sinistra significa combattere il governo attuale solo nel nome dell'antifascismo non ci sto, se essere di sinistra significa accogliere indiscriminatamente non ci sto, se essere di sinistra significa occuparsi solo delle zone bene e della ztl non ci sto». Tutte frecciate all’indirizzo della segretaria dem, che in attesa della decisione definitiva dell’ex-forse futuro alleato punta tutto sulla contestazione sul merito della manovra del governo.
Caos in commissione
L’esecutivo non risparmia spunti di polemica: con una manovra spericolata nel giro di una notte ha provato prima a sostituire il testo già in discussione, e poi ha presentato una serie di emendamenti che acuiscono ulteriormente le diseguaglianze già segnalate dalle opposizioni. Ma la trattazione già bizantina del documento in commissione dovrà aggiornarsi lunedì, quando è fissata la riunione per la discussione degli ultimi emendamenti dei relatori – tre al massimo, secondo la relatrice di FdI Ylenia Lucaselli – che andrà avanti fino a quando ce ne sarà bisogno, anche notte inoltrata. Martedì mattina, poi, il mandato al relatore per affrontare l’aula. Una gestione creativa che ha sollevato le polemiche delle opposizioni, che hanno chiesto – inascoltate, per il momento – la presenza del ministro Giancarlo Giorgetti a spiegare la nuova road map. «I conti non tornano e tutte le nuove tasse che il governo sta mettendo servono solo a cercare di coprire gli errori. Giorgetti si assuma la responsabilità politica di quanto accaduto» chiede il capogruppo del Pd in commissione Ubaldo Pagano.
Nel merito, nel testo sono tanti i provvedimenti che soddisfano la Lega, dall’Ires premiale con l’aliquota in calo dal 24 al 20 per cento per chi investe in azienda l’80 per cento degli utili – che nelle parole di Matteo Salvini viene finanziato «dalle banche», che vedono assottigliarsi dal 65 per cento al 54 per cento la quota di deduzione delle svalutazioni e perdite su crediti delle banche – al fondo di garanzia per le Pmi spacchettato in due sole aliquote, passando per il taglio dell’aumento dell’imposta sulle criptovalute: per il 2025 si fermerà al 26 per cento, ma anche in futuro non scavalcherà il 33 per cento, diversi punti al di sotto del 42 per cento richiesto dal ministero di Giorgetti nella prima stesura della legge di Bilancio. La webtax, infine, rimarrà in capo solo alle grandi aziende, una svolta che viene letta come vittoria dalle associazioni dell’imprenditoria.
Ma non mancano anche i rincari per i consumatori, come l’aumento della tassa d’imbarco per i voli intercontinentali o ancora la norma che aumenta la tassa sui pedaggi, che rischia di essere scaricato da chi trasporta i beni sul cliente finale. Premio di consolazione, il bonus da 100 euro per comprare elettrodomestici. Strizzata d’occhi del governo anche al sud, grande granaio di voti per Fratelli d’Italia: viene allargata la decontribuzione grazie agli sgravi del 25 per cento, rivolti alle micro, piccole e medie imprese di diverse regioni meridionali, con il credito d’imposta per la Zona economica speciale del mezzogiorno che sale da 1,6 miliardi a 2,2 miliardi.
A dispetto della narrazione dell’underdog tanto cara alla premier, il governo ha preferito offrire assistenza alle aziende, prime fra tutte quelle appartenenti al settore dell’automotive, che beneficeranno di 400 milioni di euro (200 per il 2026, altrettanti per il 2027) con cui sarà rifinanziato il fondo ad hoc. Ma nel testo c’è di tutto: perfino un emendamento che liberalizza la caccia ben oltre i limiti finora previsti per l’attività venatoria. Eppure appena a inizio esame gli esponenti animalisti della maggioranza elogiavano i miglioramenti che avrebbe portato la manovra agli animali. Un provvedimento che di economico ha ben poco, tanto che il M5s ha chiesto al presidente della Camera Lorenzo Fontana di non procedere alla votazione. L’esecutivo trova anche 20 milioni da destinare al fondo a sostegno delle imprese nel settore dell'editoria e gli esercenti dei punti per la vendita di giornali e riviste con una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno 2025. Una cifra che lascia con l’amaro in bocca la Fieg: «Il governo si dimostra sordo ad ogni iniziativa a sostegno del pluralismo e della libertà di stampa» dice il presidente della Fieg Andrea Riffeser Monti.
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