Marciare divisi, colpire uniti. Vecchia massima che le opposizioni italiane non sembrano conoscere. Cercare le convergenze su alcuni elementi programmatici, ad esempio, il contrasto al precariato, non danneggia certamente chi converge. Allo stesso modo, accordarsi su quali punti della sedicente riforma della giustizia ad opera di Nordio è imperativo proporre soluzioni alternative, per esempio, recuperando tutto o quasi quello già fatto dall’allora ministro Orlando, è raccomandabile.

Certo, le convergenze vanno comunque costruite. Non basta andare in piazza con i pentastellati senza neppure preoccuparsi di come quella manifestazione è costruita e senza sapere chi parlerà. Poiché non credo alla smania di protagonismo di Elly Schlein e neppure ad un suo desiderio di fuga in avanti, penso sia stata ingenuità. In questo caso da valutare come un errore che l’intendenza correntizia del partito democratico non poteva appoggiare giulivamente.

Mi pare che la consapevolezza che, numericamente, i parlamentari e gli elettori del Movimento Cinque Stelle sono essenziali ad una qualsiasi alternativa al centro-destra di Meloni, non sia ancora stata pienamente raggiunta. Poi, naturalmente, si pone il problema della compatibilità politica. Su alcuni aspetti cruciali, il sostegno all’Ucraina aggredita dalla Russia e i rapporti con l’Unione Europea, le distanze sono tali da rendere praticamente impossibile la formazione di una coalizione che si candidi al governo.

Senza escludere strascichi, sperabilmente non rancorosi, l’Ucraina potrebbe non essere più un problema fra qualche, breve, tempo. Sarà la campagna per l’elezione del Parlamento europeo nel giugno 2024 a dire quanto distanti/vicini possono trovarsi il Pd e le Cinque Stelle. Al momento, le premesse non sono entusiasmanti.

Poco entusiasmo anche in casa del partito democratico che la segretaria Schlein ha chiamato alla mobilitazione estiva dalle montagne alle spiagge, dalle Alpi alla Sicilia. Al proposito, il problema non è tanto che la maggior parte dei dirigenti e forse persino dei militanti sono da tempo disabituati alla mobilitazione (una lezione di vita politica) quanto, piuttosto, che non è chiaro con quali attrezzi concettuali e ideali si presentino agli italiani/e.

Schlein sostiene che bisogna accentuare (forse scoprire, forse darsi) l’identità del partito democratico.  Allora di questo dovrebbe prioritariamente discutere negli organismi dirigenti. Dubito, lo scriverò in politichese, che la gente si appassioni all’identità.

Quello che ho imparato è che la grandissima maggioranza dei cittadini nel mondo democratico vuole conoscere le priorità che un partito sceglie e le soluzioni che propone. Le une e le altre per essere trasmesse e spiegate necessitano del vigoroso e convinto apporto delle minoranze interne al partito democratico. In spiaggia, sui monti, nelle città d’arte.

© Riproduzione riservata