Oggi il presidente del Consiglio Mario Draghi tiene le sue comunicazioni di fronte al Senato sulla crisi di governo. Non è certo che si arrivi al voto di fiducia, tutto dipenderà da quello che dirà il premier in aula, se deciderà di rimanere alla guida del governo. Ecco una guida per capire cosa succederà oggi in parlamento
Oggi il presidente del Consiglio Mario Draghi tiene le sue comunicazioni di fronte al Senato sulla crisi di governo. Domani, invece, il suo discorso verrà letto alla Camera. L’intervento odierno ha un duplice scopo. Il primo è di chiarire le intenzioni del premier, ovvero se intende restare, anche con l’appoggio di una nuova maggioranza (senza il Movimento 5 stelle), oppure vuole presentare per la seconda volta le dimissioni al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Questa volta, però, irrevocabili.
Il secondo scopo è il rinnovo della fiducia al governo: nel caso Draghi decidessero di rimanere, i partiti che compongono la maggioranza dovrebbero dimostrare di avere i numeri per sostenere l’esecutivo. Ma soprattutto i Cinque stelle di Giuseppe Conte dovrebbero decidere da che parte stare.
Cosa succede in aula
Al di là delle decisioni politiche, la capigruppo del Senato, l’organo composto dai rappresentanti di tutti i partiti, ha deciso la scansione degli orari dell’aula.
Il presidente Draghi parla a partire dalle 9.30. Il suo discorso può durare mezz’ora come un’ora, non c’è un limite all’intervento del rappresentante del governo. Successivamente è prevista una pausa dei lavori dell’assemblea, dalle 10.30 alle 11, il tempo necessario per consegnare alla Camera, l’altro ramo del parlamento, il discorso scritto del presidente.
Subito dopo, nell’aula del Senato si svolgerà la discussione generale, il consueto momento di dibattito in cui i senatori potranno intervenire per dire la loro. Per non prolungare i tempi è stato deciso di contingentare gli interventi: a disposizione ci sono circa 5 ore e mezza. Dalle 11 alle 16.30.
La risoluzione e il voto
Una volta finito il dibattito, il presidente ha diritto alla replica, tra le 16.30 e le 17 circa. In passato Draghi ha sempre risposto ai dibattiti generali, quindi è verosimile che lo faccia anche questa volta. È a questo punto che verrà ufficializzato il voto di fiducia: se Draghi ha intenzione di rimanere, si potrà procedere.
Tra il primo intervento del premier e la fine del dibattito dei senatori, i partiti di maggioranza – Pd, Lega, Forza Italia, Leu (e forse il M5s) – dovranno presentare la risoluzione. Si tratta del documento con il quale le forze politiche si impegnano a sostenere Draghi e, nel caso si decida di votare, sarà la base da cui ripartirà il governo.
Rimangono da capire le intenzioni del Movimento. In mattinata, il presidente Giuseppe Conte dovrà comunicare ai suoi quale linea tenere durante l’eventuale voto: se votare o meno la fiducia, e quindi rimane ufficialmente in maggioranza.
Il voto
Le dichiarazioni di voto potrebbero iniziare intorno alle 18.40. Ogni partito, per bocca di un suo rappresentante (quasi sempre si tratta o dei leader politici o dei capigruppo), dirà ufficialmente qual è la posizione del suo gruppo.
A seguire si procederà con la chiama: in aula ogni senatore viene chiamato da un segretario che pronuncia nome e cognome; una volta raggiunto il banco della presidenza, dove siede Elisabetta Casellati, l’eletto pronuncia un Sì, un No o un “mi astengo” sulla richiesta di fiducia. Questo passaggio dura all’incirca 40 minuti.
Alla Camera
I deputati, invece, discuteranno della fiducia domani mattina. La conferenza dei capigruppo ha deciso che la discussione generale si svolgerà dalle 9 alle 11.30. Al termine, il premier sarà in aula e potrà decidere se replicare agli interventi dei deputati.
A seguire si terranno le dichiarazioni di voto. Tra le 13.45 e le 15.15 si procederà con “la chiama” per il voto di fiducia, con per appello nominale di ogni singolo deputato.
Se cade il governo
Il peggiore scenario possibile è la caduta del governo. Draghi può dire ai partiti che non ha intenzione di proseguire e che l’esperienza del governo di unità nazionale finisce qui. A quel punto un voto di fiducia sarebbe inutile.
Se quest’ipotesi di concretizzasse, al termine della discussione generale, Draghi potrebbe recarsi al Quirinale per consegnare nuove dimissioni a Sergio Mattarella. Ma questa volta irrevocabili.
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