- Il leader di Italia viva e Lucio Presta sono indagati dalla procura di Roma. L'indagine verte sui rapporti economici ei bonifici da quasi 750mila euro versati dall'agente delle star all'ex premier per il documentario Firenze secondo me e alcuni contratti per la cessione di diritti d'immagine.
- L'accusa: «Fatture relative a operazioni inesistenti, Presta e il figlio Niccolò (anche lui indagato, ndr) avrebbero realizzato utilizzando costi occulti del finanziamento fiscale della politica».
- Per Renzi, le accuse non reggono: «Vado avanti a testa alta, tutto quello che ci riguarda è trasparente, tracciato e legittimo» ha detto «Non ho niente da nascondere».
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LaPresse
Nuova tegola giudiziaria su Matteo Renzi. L’ex premier è infatti indagato per finanziamento illecito e false fatturazioni insieme al manager dei vip (e suo amico personale) Lucio Presta. Domani ha scoperto ieri che la procura di Roma ha iscritto il leader di Italia viva nel registro degli indagati qualche settimana fa, in merito a un’inchiesta sui rapporti economici tra Renzi e l’agente televisivo.
Al centro dell’indagine ci sono i bonifici del documentario Firenze secondo me, che già finirono nel 2019 in una relazione dell'antiriciclaggio della Uif. Ma anche due progetti televisivi (mai realizzati) che vedevano Renzi nella veste di intervistatore e di narratore: il primo programma si sarebbe dovuto chiamare Mr Intervista, il secondo Cinque minuti. Format che sarebbero stati pagati da Presta circa duecentomila euro, e stati comprati da alcun network.
Presta e la villa
Chi vi scrive due anni fa, sull’Espresso, segnalò come Presta, per il progetto televisivo andato in onda su Discovery, girò a Renzi quasi mezzo milione di euro, una cifra che appariva del tutto fuori mercato. Non solo se rapportata alle somme pagate da conduttori di fama come Alberto Angela, ma anche a confronto con quanto incassato dai Presta da Discovery Channel: se al tempo fonti interne all’emittente rivelarono che il documentario presentato dal politico era stato comprato per poche migliaia di euro, oggi si scopre che l’Arcobaleno Tre (la società di Presta e del figlio Niccolò, anche lui indagato) ha fatto a Discovery una fattura di appena mille euro, che non risulta ancora incassata. Il documentario, costato quasi un milione di euro tra compenso per Renzi e produzione, a oggi non ha generato ricavi.
I soldi ottenuti dall’amico Presta, già organizzatore di alcuni eventi alla Leopolda, servirono invece a Renzi, nell’autunno del 2018, a restituire parte del prestito da 700mila euro che aveva ricevuto dalla famiglia Maestrelli per l’acquisto di una villa a Firenze. Un prestito anomalo che finì nelle maglie dell’antiriciclaggio, anche perché i soldi furono bonificati dai Maestrelli attraverso il conto dell’anziana madre Anna Picchioni, e da qui finirono su quelli dei Renzi che li usarono per comprare la villa da 1,3 milioni di euro.
In quel caso non fu aperta alcuna inchiesta penale. La polemica politica si concentrò sul rischio di un conflitto di interessi dell’operazione, visto che Riccardo Maestrelli era stato nominato (qualche anno prima del prestito) dal governo Renzi nel consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti Immobiliare spa, una società pubblica controllata dal ministero dell’Economia.
Presta, al tempo, giustificò i 454mila euro dati a Renzi per le quattro puntate di Firenze secondo me come un investimento che si sarebbe dovuto pesare nel tempo: «Renzi è stato pagato con la ritenuta d’acconto. Non posso rivelare la cifra avuta da Discovery» disse nel 2019. «Anche se non ho venduto ancora i diritti ad altre emittenti, farò un dvd e un libro. Ho i diritti per tutta la vita! Firenze non ha una data di scadenza». Renzi ha sempre spiegato che non è affar suo se Presta vuole pagarlo con cachet simili a quelli di star come Roberto Benigni.
I format mai realizzati
La procura di Roma, però, vuole valutare davvero se l’operazione è davvero regolare. I sospetti maggiori non riguardano tanto il documentario, visto che il prodotto – al di là dei mega-compensi – è stato realizzato e messo in onda: costato 920mila euro (di cui metà per Renzi), Presta ha investito 80mila euro per “affittare” le location come Palazzo Vecchio, la Biblioteca Medicea e il museo del Bargello, altri 200mila per la produzione e la post-produzione e 70 mila euro tra grafico e regista.
I dubbi dei magistrati e della Guardia di finanza interessano soprattutto altri accordi professionali tra i due, con relativi compensi da centinaia di migliaia di euro, che portano i denari girati da Presta a Renzi in due anni a poco meno di 750 mila euro complessivi. Accordi inediti scoperti dalla Finanza dopo una verifica fiscale nella sede dell’Arcobaleno Tre. Oltre ai soldi del documentario, la società del manager ha infatti versato altre cospicue somme all’ex premier sia per la cessione dei diritti d’immagine in esclusiva sia alcuni progetti televisivi che i due avrebbero dovuto fare insieme.
Sono stati trovati anche alcune slide dei format a cui ha lavorato Renzi. Il primo si intitola Mister Intervista, e vede come conduttore Renzi in persona: l’idea era quella di realizzare 8 puntate da 50 minuti l’una, basate su «interviste confidenziali» a personaggi famosi. Non un’idea nuovissima, tanto che finora non è stata ancora venduta ad alcun emittente.
Il secondo programma si intitola Cinque minuti: l’idea di Renzi era quella di raccontare storie del passato di vario tipo partendo da date del calendario, sulla falsa riga di Accadde oggi di Rai Cultura. Il contratto di esclusiva per la realizzazione dei due format, più la cessione dei diritti d’immagine che è stata pagata con fattura a parte, vincolava Renzi alla srl di Presta dal primo agosto 2018 al 31 dicembre 2019.
Secondo la procura, le operazioni potrebbero essere illecite: leggendo il decreto di perquisizione ai Presta e alla loro Arcobaleno Tre, i pm Alessandro Di Taranto e Gennaro Varone parlano infatti di «rapporti contrattuali fittizi, con l’emissione e l'annotazione di fatture relative a operazioni inesistenti, finalizzate anche alla realizzazione di risparmio fiscale, consistente nell’utilizzazione quali costi deducibili inerenti all’attività d’impresa costi occulti del finanziamento della politica». Per Renzi, le accuse non reggono: «Vado avanti a testa alta, tutto quello che ci riguarda è trasparente, tracciato e legittimo» ha detto «Non ho niente da nascondere».
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