La “piersilvizzazione” radicale di Mediaset non è stata gradita a molti nella galassia che ruota attorno al partito. Ma è stata necessaria ai Berlusconi per prendere il controllo di uno strumento che può ancora influire sulla politica
«Magari rinsaviscono». Il commento tagliente affidato a Domani è di un esponente di prim’ordine di Forza Italia, un ambiente dove la “piersilvizzazione” di Mediaset non ha molti sostenitori.
Ma si tratta solo di un elemento nel complicato universo intrecciato di televisione e politica che si sono ritrovati in mano Pier Silvio e Marina Berlusconi più di tutti gli altri fratelli alla morte del padre a giugno scorso.
L’impressione è però che l’autonomia che i due – soprattutto Pier Silvio, al timone del Biscione – hanno dimostrato in questi primi sette mesi oltre a non essere apprezzata da tutti è servita ai due fratelli per crearsi uno standing autonomo dal partito, con una linea propria e la disponibilità di tutti gli strumenti necessari per danneggiare, anche seriamente, palazzo Chigi.
«L’impressione in azienda è che Pier Silvio è arrivato per restare, ha piacere di esibire il comando e si mostra contento del suo nuovo incarico», dice una persona che conosce bene Cologno Monzese. Il secondogenito ha voluto subito dare una sterzata alla traiettoria di Mediaset, dove i primi palinsesti che portano la sua firma hanno avuto un sapore rivoluzionario, con nuovi innesti che hanno cambiato il carattere delle tre reti.
La versione ufficiale è che si tratta solo di un allineamento degli astri e che le trattative erano già iniziate in altre stagioni. Le modifiche sono intervenute soprattutto nella programmazione di Retequattro, dove sono sbarcati due volti tutt’altro che organici all'immaginario del centrodestra, Myrta Merlino e Bianca Berlinguer.
Sfida di fuori onda
Proprio con la figlia di Enrico si è consumato l’ultimo incidente con la diffusione dei fuorionda in cui si lamentava dei servizi prodotti dalla sua squadra.
Che Striscia li abbia mandati in onda è sicuramente indice dell’insofferenza di alcuni rami d’azienda ma, si mormora a Cologno Monzese, che Pier Silvio non ne fosse al corrente è altamente inverosimile.
Anzi, di fronte a una polemica del nuovo acquisto che – sottolineano – ha avuto tutto quello che voleva, dal cachet alla squadra, passando anche per ospiti non proprio in linea con la Mediaset di una volta, ci potrebbe essere stata anche la voglia di mettere un limite alle ambizioni della giornalista.
Insomma, in azienda i messaggi devono arrivare a chi se li merita, la bassa frequenza che raccoglie ogni parola fuori posto anche quando le telecamere dovrebbero essere spente è una spada di Damocle che pende sopra la testa di tutti, anche se ufficialmente l’autonomia di Antonio Ricci viene ribadita in ogni occasione.
Lo sa bene Giorgia Meloni, a cui pure è stato recapitato un messaggio da mano ignota: i racconti su chi fosse a conoscenza dei servizi che stava per trasmettere Striscia su Andrea Giambruno sono molteplici, ma più di qualcuno non esclude che la famiglia Berlusconi fosse consapevole.
Ribaltare la narrazione del «non sono ricattabile» che Meloni scagliò contro il padre di Marina e Pier Silvio durante la formazione del governo è stata un’occasione troppo ghiotta: il pretesto per dimostrare che, al di là delle parentele e di un partito in grosse difficoltà, i Berlusconi sono giocatori da tenere in considerazione nell’agone politico. E che Mediaset, alla bisogna, sa ancora far male.
A Pier Silvio la politica non interessa farla, ma muoverla. «Con la differenza di stile nell’impiego del mezzo, che Pier Silvio utilizza in maniera più sottile rispetto a quanto facesse il senior», dice chi frequenta l’azienda da lungo tempo.
Mediaset, è il ragionamento, non è più schiacciata su una linea politica, ma è al servizio della famiglia, libera di muoversi nella direzione che è più utile in quel momento. «La sinistra è entrata in azienda, ma la vera notizia è che non siamo più di destra». Nessun bisogno, dunque, di rivolgersi soltanto all’elettorato di Forza Italia o della destra. Se qualcuno nel partito si risente, fatti suoi: Mediaset non è una derivazione degli azzurri, è il ragionamento.
Fare squadra
I due fratelli hanno imparato a far perfettamente squadra ed entrare nel ruolo del poliziotto buono e di quello cattivo ogni volta che è necessario, come nel caso della vicenda Giambruno.
Meloni, raccontano nel governo, è ancora convinta che dietro alla decisione di crearle imbarazzo rendendo pubblici i modi poco cavallereschi dell’ex compagno ci sia la mano di Marina, con cui il rapporto da tempo è in sofferenza, mentre Pier Silvio all’indomani della messa in onda del servizio si era precipitato a chiamarla.
L’autonomia della nuova generazione ha ricadute anche in azienda, dove la vecchia guardia è rimasta tutt’altro che soddisfatta delle manovre dei fratelli. È Mauro Crippa quello che ha dovuto mettersi da parte più di tutti gli altri.
Il direttore generale in altri tempi poteva contare su una delega quasi totale da parte di Silvio Berlusconi, un asse che il manager utilizzava per arginare le ambizioni di Pier Silvio: di fronte alle indicazioni del capostipite anche il capo di Mediaset doveva fare un passo indietro.
Ora, quell’asso da giocare è venuto meno a Crippa. Che ha accettato di cedere il controllo sulla linea editoriale e i palinsesti a Pier Silvio, compensato a novembre anche da un’ulteriore promozione alla direzione Comunicazione e immagine dell’azienda, un’altra poltrona di gran potere.
E pazienza se la linea non è più quella giordanesca anti-immigrati tanto cara alla Lega di qualche anno fa, quando Matteo Salvini aveva il 30 per cento dei consensi.
L’emancipazione di Pier Silvio (e Marina) che sta allontanando Mediaset dalla linea tradizionale mira a dimostrare che è possibile fare ascolti anche senza il trash a cui le reti del Biscione avevano abituato gli spettatori nell’ultimo decennio.
Di qui, il divorzio con Barbara D’Urso e l’intervento diretto anche su programmi che rappresentano il cuore della programmazione nazionalpopolare che ha garantito ascolti solidi a Cologno Monzese per anni come il Grande Fratello.
A primo impatto, il fatto di aver superato la Rai nella sfida dello share a fine 2023 sembrerebbe prova del successo dell’azzardo di Pier Silvio. In realtà, a leggere i dati di fine anno e confrontandoli con quelli del primo semestre 2023 emerge che – nonostante una crescita stabile degli ultimi tre anni di Mediaset – il sorpasso è dovuto più a un calo importante degli ascolti Rai (da 38,2 per cento di share nel giorno medio al 37 di fine anno) che a un exploit di Mediaset, che rimane stabile intorno al 37,5 per cento.
Impasse informazione
Quello che continua a non decollare – e da Forza Italia non mancano di farlo notare – è l’informazione. Merlino, originariamente assunta per affidarle una prima serata, poi costretta a prendere il testimone di Pomeriggio Cinque, continua a restare dietro Alberto Matano: venerdì 19, per esempio, La vita in diretta ha raccolto il 17,9 per cento di share nella prima parte e il 19,5 per cento nella seconda, mentre Canale 5 si ferma al 14,2 e 14,3 per cento.
Ma non sono dati isolati, e non basta la caffettiera esibita da Merlino la scorsa settimana a colmare la nostalgia degli spettatori del “caffeuccio” che prendeva D’Urso con il suo pubblico.
Berlinguer tiene meglio nel serale del martedì, portando a casa poco meno del 6 per cento che garantiva anche in Rai. Certo, soffiano con malizia gli azzurri, sempre meno di Giovanni Floris su La7, e soprattutto meno di Lilli Gruber nell’access time.
Da inizio mese Berlinguer conduce infatti anche Stasera Italia, ribattezzato per l’occasione Prima di domani, che aveva già dato segni di grossa sofferenza in autunno, quando era condotto da Nicola Porro, e non andava oltre il 3-4 per cento.
Anche il cambio di conduzione non sembra aver dato al programma lo scossone di cui avrebbe avuto bisogno. Per non parlare dell’edizione del fine settimana, dove gli ascolti asfittici di Augusto Minzolini sono costati quasi subito l’affiancamento all’ex colonnello di Berlusconi senior.
A fine anno, neanche il rapporto storico che lo legava capofamiglia è riuscito a impedire che fosse accompagnato alla porta: un’altra dimostrazione di autonomia della nuova generazione.
Il messaggio è chiaro: l’interesse non conosce lealtà. Anche i legami decennali non saranno più una linea rossa. E poi, lo strumento per difendere gli interessi dei Berlusconi in futuro sarà molto più Mediaset di Forza Italia, anche a costo di danneggiare il partito qualora dovesse seguire altre linee.
Non è un caso che i due figli di primo letto secondo indiscrezioni potrebbero non partecipare alla celebrazione del trentennale della discesa in campo. Ad adeguarsi o giocare di sponda, negli occhi dei Berlusconi, dovrà essere in ogni caso il segretario Tajani, che finora non sta riuscendo ad arginare Meloni su nessuno dei temi cari alla famiglia e all’elettorato, dalla tassa sulle banche al superbonus, passando per il taglio canone Rai.
La possibilità di modifica del tetto pubblicitario della televisione pubblica dopo la riduzione del contributo pubblico (compensato per il momento solo per quest’anno dalla fiscalità generale), non è ancora stata esplorata da viale Mazzini ma è sempre nell’aria, nonostante non è detto che aumentare il bacino di pubblicità della tv pubblica risolva i problemi dei conti Rai.
Ma, almeno finché l’interesse economico avrà la meglio su quello politico, i Berlusconi non starebbero a guardare, se dovesse succedere. I dirigenti del Biscione possono dormire sonni tranquilli.
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