La segretaria deve sminare la matassa del terzo mandato, sabato un difficile confronto con i sindaci. Domenica prossima si vota per la regione: una sconfitta avrebbe effetti pesanti sia sulla premier sia sulla dem
Nell’èra della pax pre-europee, per il Pd non arriva mai il giorno giusto per un confronto franco sulle divergenze interne. Ma non è detto che lunedì, il giorno della prima riunione di direzione del 2024, non lo sia.
E sarebbe, sulla carta, il giorno più sbagliato: perché è il primo giorno della settimana finale e decisiva della campagna elettorale in Sardegna, l’isola in cui la segretaria si gioca la prima cruciale partita del Super Bowl delle urne di primavera.
Tertium non datur
Eppure nel gruppo dirigente dei dem sono arrivati al pettine nodi a lungo rimandati, nell’illusione che si sciogliessero da soli. Il week end che ha visto il presidente della Campania Vincenzo De Luca protagonista di una pittoresca marcia romana contro l’autonomia differenziata, ha lasciato una coda amara nel partito.
Sabato, dopo la manifestazione, un gruppo di sindaci dem si è confrontato in call con Elly Schlein. C’erano anche il responsabile dell’organizzazione Igor Taruffi e quello degli enti locali Davide Baruffi. C’è del malumore per la freddezza con cui il Nazareno ha accolto l’iniziativa di De Luca, ma questo preoccupa poco chi sa che De Luca sta organizzando un suo movimento.
Il vero punto dolente è il tema “non detto” di quella giornata: il sì al terzo mandato per tutti i primi cittadini e per i presidenti di regione. La segretaria fin qui è orientata per il no, ma ha promesso un confronto con il partito; la minoranza riformista ormai spinge apertamente per il sì, non solo per dare la possibilità a sindaci e soprattutto governatori (Bonaccini, De Luca e Emiliano), ma anche per far esplodere i conflitti nella destra.
La Lega ha presentato un emendamento pro-ter al dl Elezioni in commissione Affari Costituzionali, FdI e Lega non hanno ancora trovato un accordo, e giovedì si potrebbe arrivare al voto. Il Pd fin qui non ha avuto una linea “ufficiale”.
E la riunione di sabato secondo alcuni presenti non è finita bene. Secondo altri, più vicini al Nazareno, invece sì: «Lo spirito è quello di trovare una soluzione unitaria, anche in considerazione del fatto che la maggioranza è spaccata, che il governo è diviso: loro litigano, noi invece discutiamo», è quello che filtra, «Ci sono sfumature diverse, ma niente strappi. Nessuna volontà di dividersi all’interno, ma spirito unitario».
Domenica fino a tardi un gruppo di sindaci Pd ha limato un documento per il terzo mandato che verrà consegnato oggi alla direzione. Per Schlein sarà difficile non affrontare la questione. Anche se nella sua idea il tema principale all’ordine del giorno è il congresso del Pse a Roma, il primo e due marzo, descritto come «un’operazione politica enorme, con l’arrivo dei leader e l’approvazione del manifesto elettorale del socialismo europeo, a cui ha contribuito Schlein».
A scanso di eccessive aspettative nazionali, dal Nazareno viene escluso che in quell’occasione la segretaria annunci la sua corsa alle europee. Su questo l’incertezza va avanti. E non aggiunge buon umore alla compagnia.
Scommessa Sardegna
Ma il Pd ha davanti a sé un’altra questione molto più seria di come viene raccontata anche al proprio interno. In Sardegna le urne si apriranno e chiuderanno domenica prossima, il 25 febbraio. E lì si gioca una partita importante.
La Sardegna è la prima regione che va al voto nel 2024. Inaugura una lunga stagione di verdetti amministrativi (cinque regioni, 3700 comuni di cui 27 capoluoghi di provincia, e le europee). Ed è nei fatti l’unica regione contendibile alla destra (certo più di quelle che si rinnoveranno nei prossimi mesi, Abruzzo, Piemonte, Basilicata e Umbria). Il primo risultato del centrosinistra potrà essere un confortante slancio per le prove elettorali di primavera. O il primo passo falso.
Dall’altra parte c’è una destra che nonostante il gelo fra Lega e FdI, mercoledì 21 chiuderà la campagna elettorale con tutti i leader nazionali sul palco. La premier e i suoi due vice Antonio Tajani e Matteo Salvini saranno insieme al Padiglione E della Fiera di Cagliari al fianco di Paolo Truzzu, il candidato alla presidenza.
Anche Giorgia Meloni gioca una partita importante, dopo aver vinto il braccio di ferro con il leader leghista e aver buttato fuori scena il presidente uscente Christian Solinas, aiutata da un’inchiesta per corruzione. Truzzu non può perdere: cioè Meloni non può perdere.
Una sconfitta incrinerebbe tutto il teorema dei “riequilibri” nella coalizione, in primis quello della rivendicazione del candidato in Veneto da parte di FdI, intrecciato proprio con la richiesta del terzo mandato per Luca Zaia.
Ma neanche Schlein può perdere. Il Pd, da Roma, si è affidato da subito alla candidata presidente Alessandra Todde, grillina – ex viceministra allo Sviluppo economico dei governi Conte II e Draghi –, scelta senza primarie.
E così si è condannato alla rottura con Renato Soru, padre fondatore del partito sardo ed ex governatore. Nei sondaggi che circolano in queste ultime ore – la pubblicazione sarebbe vietata, ma domenica Dagospia ne ha reso noto uno che dà Todde in vantaggio, altri segnalano la prevalenza di Truzzu – la percentuale dell’imprenditore è sempre rimasta sopra le due cifre, a dispetto degli appelli al voto utile. Se alla fine la destra dovesse prevalere, la responsabilità del risultato finirebbe tutta sulle spalle del gruppo dirigente dem, a partire da quello nazionale.
Un palco per due
Ormai nell’isola il più è fatto. Quello che non è stato mai fatto fin qui è un appuntamento di tutta la coalizione, le dieci liste che sostengono la manager grillina (Pd, M5s, Progressisti, Alleanza Verdi Sinistra, Uniti per Todde, Sinistra Futura, Psi, Fortza Paris, Orizzonte Comune e Demos). Il che racconta il clima fra alleati.
A Roma del resto non va meglio. La scorsa settimana Conte ha pizzicato Schlein dopo l’approvazione del cessate il fuoco a Gaza alla Camera, risultato ottenuto con un’intesa fra la segretaria e la premier; poi ha provato a ridimensionare il successo della manifestazione di De Luca contro l’autonomia. In Sardegna invece ha invocato l’unità in tre giorni di presenza sull’isola.
Ma se ne capisce il motivo: M5s qui ha la possibilità di guadagnarsi il suo primo presidente di regione. E così al Nazareno è arrivata una cauta richiesta – tardiva, forse fuori tempo massimo – di un palco finale con i leader nazionali. Ammesso che sia davvero un valore aggiunto.
Ma Todde aveva già annunciato una chiusura tutta regionale, e domenica non aveva cambiato programma. Non è però ancora detta l’ultima parola. Schlein sarà di nuovo nell’isola lunedì: a Carboni a con Todde e Bersani nel pomeriggio, e in serata con Todde al Teatro Massimo di Cagliari.
Schlein punta sulla vittoria in Sardegna per iniziare con il piede giusto la stagione delle urne. E per dimostrare che da qualche parte il «campo largo» porta i risultati promessi. È successo solo una volta, a ottobre, alle comunali di Foggia, dove ha vinto la dirigente scolastica Maria Aida Episcopo.
Ma Episcopo era una candidata indicata da Conte. E se andasse in buca la Sardegna, sarebbe senz’altro un successo della linea delle alleanze fortissimamente sostenuta da Schlein. Grazie però, di nuovo, alla guida di una candidata di Conte.
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