- I due leader si sono visti alla Camera per un’ora e hanno pubblicato una rassicurante nota congiunta, ma sotto traccia prosegue la lotta sui posti di governo. Meloni, in particolare, sarebbe contraria ad avere Salvini come ministro dell’Interno.
- Ma dopo l’incontro (e a dire il vero anche prima) i due assicurano di andare d’amore e d’accordo. Tra loro solo «collaborazione e unità di intenti».
- Ma mentre Fratelli d’Italia non commenta le indiscrezioni sulle liste dei ministri, che vedono Salvini sistematicamente eslcuso, i leghisti si agitano: chiedono il ritorno del “capitano” al Viminale e danno l’impressione di sentirse il prestigioso posto davvero a rischio.
Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sono incontrati ieri alla Camera nel primo colloquio dopo il voto di domenica, una riunione molto attesa dopo che negli ultimi giorni diversi media avevano ipotizzato forti tensioni tra i due, in particolare sulla spartizione dei posti di governo. Si tratta del secondo incontro nelle “consultazioni” informali che Meloni ha fatto con i leader della sua coalizione, dopo che martedì aveva incontrato Antonio Tajani nella sede del partito in via della Scrofa.
L’incontro con Salvini ha avuto un profilo più istituzionale, nelle sale di Montecitorio. I due non hanno commentato con i giornalisti e si sono limitati a pubblicare una scarna nota congiunta in cui assicurano che tra loro c’è «un clima di grande collaborazione e unità di intenti» e che nell’incontro si è parlato soltanto «della situazione e delle priorità e urgenze all’ordine del giorno del governo e del parlamento».
Il comunicato ha fatto poco per calmare le speculazioni di giornalisti e osservatori. Meloni, sostengono molti, non vorrebbe Salvini al ministero dell’Interno, un ruolo troppo delicato per un personaggio imprevedibile e che sarebbe compromesso con la Russia.
I leghisti insistono
Ma i leghisti sono i primi a sembrare preoccupati. Salvini in persona si è mosso questa mattina per ribadire che le sue ambizioni non sono cambiate. «Ci vuole qualcuno che torni a difendere e proteggere confini, leggi, forze dell’ordine e sicurezza in Italia. Qualche idea ce l’abbiamo», ha scritto su Twitter tornando ad autocandidarsi al ruolo.
I suoi fedelissimi gli sono andati subito dietro. Dal capogruppo in Senato Massimiliano Romeo all’ex ministro Lorenzo Fontana, i colonnelli di partito hanno tutti ribdadito che il ministero dell’Interno sarebbe perfetto per il leader leghista, mentre i parlamentari del partito hanno bombardato i giornalisti di screenshot e messaggi in cui gli elettori di centrodestra chiedono un ritorno di Salvini al Viminale.
Ma è chiaro che nel partito non tutti sono tranquilli e pronti a sostenere il leader. Domani alle 15, Salvini riunirà i parlamentari della Lega. Si discuterà di governo, ma anche delle future elezioni regionali in Lombardia, dove il cattivo risultato della Lega alle politiche di domenica, ha riaperto il dibattito sulla ricandidatura del presidente leghista uscente, Attilio Fontana, insidiato dalla candidata più gradita agli alleati, l’assessora al Welfare Letizia Moratti. Sempre dalla Lombardia arriva la notizia che la Lega lombarda (cioè la sezione regionale del partito) celebrerà a gennaio il suo congresso. «Benino, un primo piccolo passo ma non basta ancora – ha commentato il deputato uscente ed ex segretario della Lega lombarda Paolo Grimoldi – Il congresso serve subito, ci sono le elezioni regionali, urgono democrazia e rappresentanza dei territori da domani mattina».
FdI tace
Meloni e gli altri dirigenti di Fratelli d’Italia si sono invece chiusi nel silenzio. Secondo le uniche informazioni fatte filtrare alla stampa e non smentite, Meloni sarebbe intenzionata a formare un governo «inattaccabile» e che «non mi crei problemi e non provochi censure ed inutili scontri». Per il resto, il partito non commenta le liste di possibili ministri comparse su tutti i principali quotidiani e che, invariabilmente, escludono Salvini da qualsiasi posizione di grosso peso.
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