- Il testo arriva alla commissione guidata dalla leghista Bongiorno, FI contraria a qualsiasi modifica.
- La linea del governo è che non ci siano rischi di incostituzionalità, linea dura anche verso l’Ue
- Il giudizio di costituzionalità del Colle sarà stringente. Mattarella dovrà convincersi che le norme non sono contrarie ai trattati internazionali e proprio la direttiva Ue bocciata dalla commissione potrebbe essere uno scoglio determinante
Nessun dubbio di costituzionalità sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio: almeno per ora, l’indicazione rimane quella di andare avanti sui binari tracciati dal Consiglio dei ministri.
Inizia così, con una improvvisa accelerata, l’iter parlamentare del disegno di legge del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che tocca i reati contro la pubblica amministrazione, la pubblicazione di intercettazioni e alcuni aspetti di natura processuale.
Il testo è rimasto fermo sulla scrivania del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per dieci giorni. Il Colle doveva dare l’autorizzazione alla presentazione del ddl alle camere: un atto tecnico mai rifiutato prima d’ora e non un vaglio di costituzionalità, che avverrà invece in un secondo momento, quando il testo definitivo verrà approvato dalle camere e dovrà essere promulgato. Ora inizierà il suo percorso parlamentare, che comincerà la settimana prossima in commissione Giustizia al Senato e andrà avanti certamente fino a settembre.
A sovrintendere, ci sarà la presidente della commissione e plenipotenziaria della Lega in materia di giustizia, Giulia Bongiorno. Sarà lei – che era piuttosto scettica sull’abrogazione del reato e ha negoziato in maggioranza un intervento in due fasi, con il successivo riordino dei reati contro la Pa – a gestire i tempi e i modi dei lavori, anche in vista della pioggia di emendamenti che arriverà almeno da una parte dell’opposizione.
Tuttavia il testo è frutto di un accordo politico che sembra resistere sia dentro la maggioranza che con una parte dell’opposizione: il Terzo polo ha confermato che voterà a favore dell’abolizione dell’abuso d’ufficio e anche il Pd è combattuto. Se non c’è condivisione sull’abrogazione tout court, anche i dem – spinti soprattutto dai loro amministratori locali – erano convinti che servisse una revisione.
Tuttavia, in queste settimane il governo ha dovuto prendere atto di due segnali: da un lato la la lunga attesa per il via libera del Colle, dall’altro le contestazioni dei magistrati, secondo cui la cancellazione dell’abuso d’ufficio indebolisce la lotta alla corruzione ed è a rischio di costituzionalità. Tanto che, secondo indiscrezioni filtrate nei giorni scorsi, in un incontro con Mattarella la premier avrebbe promesso modifiche al testo, così da superare rischi di incostituzionalità.
Teorie senza fondamento, invece. Il governo sembra convinto che il testo non presenti alcun rischio di costituzionalità – tesi da sempre sostenuta dal firmatario, il guardasigilli Nordio – e sarebbe deciso ad approvarlo così come è uscito dal Cdm.
Certamente questa è la linea di Forza Italia, sempre più al fianco del ministro, che non rileva alcun rischio di costituzionalità.
«Lo certifica anche il fatto che a quanto mi risulta non sia stati formulati formalmente rilievi da parte del presidente della Repubblica», spiega Pietro Pittalis, membro di FI in commissione Giustizia. Nessuna modifica sostanziale al testo sarebbe ipotizzabile, per ora: né per quanto riguarda l’abuso d’ufficio, né sul traffico di influenze illecite o sulla pubblicazione del contenuto delle intercettazioni.
La linea del governo
A dimostrarlo è l’iniziativa in commissione Affari costituzionali alla Camera. Qui, infatti, è stato approvato un parere che di fatto suona come la linea difensiva della maggioranza a chi teorizza l’incostituzionalità del ddl.
Il parere, firmato dal deputato di Fratelli d’Italia Antonio Giordano, esprime un giudizio negativo sulla proposta di direttiva Ue anticorruzione, che cita la convenzione Onu di Merida e prevede che tutti gli stati membri si dotino del reato d’abuso d’ufficio e, se venisse approvata, azzopperebbe il ddl Nordio.
«La convenzione Onu prevede un’incriminazione meramente facoltativa per quanto riguarda l’abuso d’ufficio», quindi «l’intervento normativo unionale, obbligando alla criminalizzazione di fattispecie valutate in maniera diversa a livello internazionale, corre il rischio di porre su uno stesso piano dogmatico veri e propri obblighi convenzionali insieme a semplici raccomandazioni».
In altre parole: l’Ue vuole rendere obbligatorio un reato che l’Onu prevede come facoltativo, quindi la direttiva Ue va rifiutata in questa parte. Proprio questo argomento – la facoltatività del reato secondo la convenzione internazionale – è il punto forte della linea del governo e che avrebbe convinto anche palazzo Chigi.
Se Forza Italia è assolutamente allineata con Nordio e anche FdI per ora non mostra dubbi, la Lega rimane silenziosa. Nessuna notizia filtra dall’entourage di Bongiorno, che però giocherà un ruolo fondamentale nell’approvazione del ddl. I voti per approvarlo così com’è non sono un problema, visto il sostegno convinto anche del Terzo polo. Tuttavia non è mai stata l’approvazione in aula il vero rischio.
Massimo riserbo rimane sulle interlocuzioni tra la premier e il Quirinale, il quale però avrebbe ben presenti i dubbi di costituzionalità che ancora aleggiano intorno all’abrogazione dell’abuso d’ufficio. La moral suasion, tuttavia, non sembra aver sortito effetti.
Meloni sembra decisa a chiudere questo capitolo senza sconfessare il difficile accordo chiuso in Cdm con i partiti della sua maggioranza, ma sa che il giudizio di costituzionalità del Colle sarà stringente.
Mattarella dovrà convincersi che le norme non sono contrarie ai trattati internazionali sottoscritti dall’Italia e proprio la direttiva Ue bocciata dalla commissione potrebbe essere uno scoglio determinante. E la mancata promulgazione della prima riforma della giustizia, pur se limitata, targata Meloni, sarebbe un duro colpo per il governo e soprattutto per il ministro.
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