Il ministro Sangiuliano e Sgarbi ammettono di non rivolgersi più la parola, ma è soltanto lo screzio più evidente. Il clima è elettrico anche con gli altri sottosegretari. Mazzi, benedetto da Mantovano, aumenta il proprio potere
La cultura che prevale al Collegio romano, sede del ministero della Cultura, è per ora quella del litigio. L'unica davvero vincente. Con la riproposizione di uno stallo alla messicana in salsa destrorsa.
Ma attenzione: non si tratta di una citazione cinematografica di una scena vista tante volte sul grande schermo, né tantomeno è un sofisticato riferimento al triello di Sergio Leone, in uno dei suo capolavori western, Il buono, il brutto e il cattivo.
Al Mic è molto più prosaicamente una tensione politica che deve restare sospesa per non creare problemi. Il clima che si respira è insomma elettrico, proprio mentre i settori della cultura, dal cinema ai libri, hanno appreso con preoccupazione il contenuto della legge di Bilancio. Poco male.
I sottosegretari si muovono in una sinfonia stonata, ognuno esegue uno spartito proprio. Vittorio Sgarbi, al Mic in quota Forza Italia o meglio Silvio Berlusconi, Lucia Borgonzoni, leghista fedelissima al leader Matteo Salvini, e Gianmarco Mazzi, potente manager di spettacolo appoggiato dal sottosegretario Alfredo Mantovano, cercano di ritagliarsi uno spazio politico, sgomitando, con l’obiettivo di scalare le gerarchie nel dicastero.
Perciò si guardano con diffidenza, se non in cagnesco. Ma non possono spingersi oltre. Lo stallo alla messicana deve resistere. Le ragioni risiedono a Palazzo Chigi, ai piani alti, dove è stato impartito l’ordine di non creare problemi di immagine al governo. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non vuole affrontare grane provenienti dal Collegio romano.
Stracci al Mic
È storia nota che tra il ministro Sangiuliano e il sottosegretario Sgarbi siano volati stracci. L’ex direttore del Tg2 ha sbottato dopo l’articolo pubblicato dal Fatto quotidiano sulle attività di consulenza, remunerate, del critico d’arte. t
«Non l’ho voluto io. Lo tengo a distanza della mia persona, voglio averci a che fare il meno possibile», ha detto Sangiuliano in un’intervista rilasciata proprio al Fatto e trasformata in un teatro dell’assurdo. Sgarbi ha infatti sostenuto che fosse falsa, ma il ministro non l’ha mai smentita. Un rattoppo uscito male, che è stato l’ultimo passo verso il baratro della rottura. I due sono separati nella casa al Collegio romano.
Sgarbi conferma a Domani: «Non ho rapporti con Sangiuliano, e con tutti quelli che si affidano a lettere anonime per scoprire quello che è davanti agli occhi di tutti. Io sono Vittorio Sgarbi, e per quello che sono nominato sottosegretario, continuando a essere Sgarbi».
Sangiuliano, da parte sua, fa spallucce. Dal suo entourage confermato che con tra i due non c’è più alcun tipo di dialogo. Ma il critico d’arte ha più di qualche avversario tra i corridoi del Mic, seppure in maniera meno rumorosa rispetto al ministro. È il caso dell’altro sottosegretario, il veronese Mazzi, una sorta di eminenza grigia della cultura per Fratelli d’Italia, particolarmente dedito alla coltivazione dei rapporti nel mondo dello spettacolo da cui proviene, nelle vesti di autore e manager. Infatti ha voluto e ottenuto la delega per riformare gli spettacoli.
La benevolenza del potente sottosegretario Mantovano è una garanzia. Mazzi, intanto, tollera a fatica le esuberanze di Sgarbi, soprattutto nelle (non molto numerose) occasioni in cui si fa palesa al Mic.
Solo che da palazzo Chigi hanno fatto sapere che non è il caso di aprire una guerra. Bisogna pazientare su eventuali mosse, comprese il benservito Sgarbi, che comunque si sente intoccabile. Perché è Sgarbi.
E così Mazzi è stato investito del ruolo di supervisore, controlla che al ministero tutto vada per il verso giusto per conto di Meloni. Negli ultimi giorni si è attivato per tenere a freno eventuali malumori sulla nomina di Geronimo La Russa, figlio del presidente del Senato, nel cda del teatro Piccolo di Milano. Il legame di Mazzi con Ignazio La Russa è solido da decenni.
Moto Sangiuliano
Sommovimenti che non passano inosservati davanti allo sguardo di Sangiuliano, che da uomo di comunicazione accelera sull’immagine di un ministro instancabile. La sua agenda è sempre ricca di impegni, quasi debordante.
Nelle ultime ore è stato in Emilia, da Sassuolo a Parma, qualche ora prima aveva incontrato l’architetto Santiago Calatrava, con tanto di photo opportunity da postare sui social. E soprattutto nei prossimi giorni è pronto a tagliare il nastro della mostra su Tolkien, un momento-clou per la destra erede della fiamma.
Il ministro sorvola sul fatto che i rapporti interni al Mic che non sono idilliaci e allo stesso tempo prova a spazzare via le nubi delle polemiche scaturite dalla lettera, inviata al Mef di Giancarlo Giorgetti, in cui chiedeva corposi tagli al cinema, soprattutto al sistema del tax credit.
E proprio su questo punto è aumentata la distanza con uno dei sottosegretari, la leghista Borgonzoni, che ha la delega al cinema e ha cercato di arginare l’assalto del ministro al settore. L’ex candidata dalla presidenza della Regione Emilia-Romagna sta provando a scrollarsi di dosso l’etichetta che si è auto-attaccata con la frase, risalente al 2018, «non leggo libri da anni».
Del resto il tema lettura resta scivoloso al Mic: ne sa qualcosa il ministro durante la serata dedicata al premio Strega.
Da quando è approdata al ministero, già da sottosegretaria del governo Draghi, Borgonzoni ha cercato di creare una rete di contatti nell’ambito della cinematografia. A Cinecittà si muove da padrona di casa, nonostante l’amministratore delegato, Nicola Maccanico, sia ormai in area Fratelli d’Italia.
Gli operatori del comparto cinematografico, sebbene abituati ad avere altri interlocutori, hanno apprezzato lo sforzo di mediazione compiuto sulla salvaguardia del tax credit.
Uno strumento che proprio Borgonzoni ha promosso durante gli incontri istituzionali con gli investitori e che Sangiuliano stava per colpire duramente. La tensione tra i due non raggiunge il “picco Sgarbi”, insomma non è deflagrata come accaduto con il critico d’arte. Resta a uno stadio latente.
Super Mazzi
Sullo sfondo torna, di nuovo, la figura di Mazzi, che in questi scontri incrociati vede aumentare la propria sfera di influenza, che si muove in autonomia.
Per qualcuno addirittura potrebbe diventare il prossimo ministro, se Sangiuliano - come pare - dovesse decidere di traslocare in Campania per correre alla presidenza delle elezioni regionali. Chi lo conosce bene, però, parla di Mazzi come un profilo che preferisce muoversi dietro le quinte «essere potente senza salire per forza sul palcoscenico», è la definizione che viene consegnata a Domani.
Sul proscenio c’è stato nella sua città natia, Verona, dove ha occupato la carica di amministratore della società che gestisce l’arena, una delle leve più importanti del potere cittadino e addirittura regionale, su cui comunque esercita un forte ascendente.
La sovrintendente è Cecilia Gasdia, candidata nel 2017 alle comunali di Verona nelle liste di Fdi. È un profilo molto vicino al sottosegretario, che ha ingaggiato un duello con il sindaco della città, il civico di centrosinistra Damiano Tommasi, proprio sulla gestione dell’arena.
E il mondo della cultura, quello reale ed esterno alle beghe ministeriali, cosa dice? La mobilitazione nel settore cinematografico è scattata dopo l’annuncio della riduzione dei fondi per il tax credit. Produttori e artisti hanno fatto sentire la propria voce, ottenendo almeno un ridimensionamento dei tagli. I libri sono stati riposti in uno scaffale nell’ultima manovra.
L’associazione italiana editori (Aie) ha sottolineato la «mancanza di attenzione delle istituzioni pubbliche rispetto al tema del libro, della lettura e del settore nel suo complesso, come confermato dall’assenza di interventi in legge di Bilancio a sostegno della domanda di lettura, del diritto allo studio e dell’intera filiera del libro».
Il presidente dell’Aie, Innocenzo Cipolletta, ha chiesto unità a tutti gli attori della filiera: «Dobbiamo chiedere che il libro, la lettura e gli editori tornino al centro delle attenzioni della politica». Un appello all’unità che andrebbe esteso agli attori del Collegio romano.
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