- Secondo il ministro, l’insegnamento della matematica nelle nostre scuole non è più «adeguato ai ragazzi» perché troppo astratto. Ma qual è il ruolo dell’astrazione nell’insegnamento della matematica? Varia a seconda degli argomenti. Dove bisogna imparare ad eseguire delle operazioni aritmetiche, è minimo, e massimo invece il rischio della noia o della ribellione all’apparente arbitrarietà delle regole.
- La geometria euclidea propone delle dimostrazioni, un esempio di pensiero astratto. Ma questo si esercita su figure, che vanno osservate con cura. L’osservazione e l’attenzione non sono meno in gioco dell’astrazione.
- Né va dimenticato che l’astrazione ha un ruolo forse maggiore che in matematica nella grammatica e in filosofia, in cui gli scolari sono confrontati con astrazioni verbali vertiginose. Infatti alcuni pensano che anche l’italiano scritto non sia più «adeguato ai ragazzi».
Nei giorni scorsi è stata riportata dai giornali un’affermazione del ministro Giuseppe Valditara secondo cui l’insegnamento della matematica dovrebbe «essere meno astratto e più adeguato ai ragazzi». Se e quanto questa affermazione sia un annuncio di come il nuovo governo intenda farsi carico del grado insufficiente dell’alfabetizzazione matematica della popolazione studentesca del nostro paese, come segnalato dai sistemi di valutazione nazionali e internazionale, è una questione aperta e forse angosciosa.
Vorrei fare qualche osservazione sull’astrazione nell’insegnamento della matematica dalle scuole elementari alle medie superiori, non come cittadino, né come insegnante, ma come ex-scolaro.
Penso che ciascun argomento matematico richieda un suo grado di astrazione; e soprattutto che occorra distinguere l’astrazione da molte altre facoltà – e attività mentali – che gli scolari sono chiamati ad esercitare e sviluppare nel loro apprendimento della matematica. Non è difficile trarre alcune considerazioni significative dai propri ricordi scolastici.
L’aritmetica, l’algebra, la geometria mobilitano facoltà mentali di immaginazione, inventiva, attenzione, ragionamento, calcolo, industriosità, pazienza, diverse e complementari. Non c’è nessuna astrazione in una divisione con dividendo di tre cifre, o nell’uso della tavola dei logaritmi; o nell’apprendere l’algoritmo di estrarre la radice quadrata di un numero positivo; data anche l’età in cui si affrontano questi fondamentali argomenti, il loro insegnamento è necessariamente pratico: si fa così e così, e se si sgarra, si è perduti.
Anzi una delle ragione per cui molta gente non ha un buon ricordo delle lezioni di matematica è esattamente che si tratta di regole apparentemente arbitrarie, perché non si capisce da dove originino e non se ne capiscono le motivazioni. Gli esercizi per apprendere queste regole – o algoritmi come è più esatto chiamarle – appaiono a molti non solo laboriosi e onerosi ma anche, e in molti casi soprattutto, noiosi.
È di troncare questo tragico nesso, tra matematica e noia, non tra la matematica e l’astrazione, che si è fatto carico un letterato tedesco, Hans Magnus Enzesberger, nel suo bellissimo libro per scolari, Il Mago dei Numeri; per ragazzi, ma, direi, anche per adulti e…sì, anche per ministri dell’Istruzione.
Un po’ più avanti negli anni, si fa la conoscenza con la geometria euclidea, nel piano e a volte nello spazio. Qui si impara a capire e successivamente imbastire in proprio delle dimostrazioni. Dunque, l’astrazione. Ma rinunciarvi significherebbe ignorare la disciplina che è stata negli ultimi 2300 anni ed è tuttora a fondamento di tutto il sapere scientifico. Sarebbe allarmante dover concludere che «non è più adeguata ai ragazzi».
Casomai, bisognerebbe fare qualche cenno anche alle geometrie non-euclidee. Inoltre, non si tratta di ragionamenti astratti nel senso di totalmente separati dalla realtà, che è presente nello studio della geometria come rappresentazione grafica, sensibilità per le forme e intuizione spaziale. Assieme alla grammatica, la geometria è una componente della capacità di sapersi orientare nel mondo.
Poi vengono i problemi di geometria analitica, in cui algebra e geometria magicamente si uniscono. Qui diventa importante sapere trarre dall’enunciato del problema una figura corretta e perspicua, che si presti alla riflessione alla ricerca di una soluzione.
La ricerca verte sull’individuazione di quelle proprietà della figura, che tradotte in equazioni o disequazioni porteranno ad una soluzione. Visualizzazione, contemplazione, impostazione algebrica, capacità di calcolo, discussione critica della soluzione sono qui tutte in gioco. L’astrazione, al massimo sullo sfondo.
L’astrazione verrà all’università, più nell’algebra e nella logica, direi, che nel calcolo differenziale e integrale, in cui nuove attitudini immaginative e capacità quasi artigianali saranno evocate da un argomento affascinante e assorbente: lo studio dell’infinito.
Basti ricordare che non esiste una regola generale, un algoritmo che consenta di calcolare il limite di un’espressione, ad esempio di una successione. Ad un certo punto, è giocoforza andare per tentativi e inventare.
In complesso, non direi che l’astrazione abbia un grande ruolo nella matematica scolastica, e forse neppure nella matematica in generale. Gli scolari incontrano l’astrazione anche in altre materie, ad esempio nella grammatica italiana o di altre lingue, e nella filosofia. Si tratta di astrazioni verbali a volte vertiginose, rispetto alle quali in po’ di logica simbolica potrebbe, paradossalmente, aiutare gli studenti a mantenere qualche contatto con la realtà.
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