La segretaria lancia la sua seconda “estate militante” su autonomia, salario e sanità. L’idea di un partito «di prossimità», che va a cercare gli elettori dove non ci sono più
Quando Elly Schlein, alla riunione di direzione dello scorso 5 luglio, ha annunciato «una nuova estate militante», ha guardato i suoi, seduti davanti a lei, con un sorriso canzonatorio. Era un gioco, ovviamente. Come la minaccia: «Prepariamoci». Ma un gioco fino a un certo punto: il messaggio era che il Pd non va in vacanza. E neanche il gruppo dirigente. «Restiamo mobilitati sui temi da portare nel paese. Ci aspetta un grande lavoro di mobilitazione e militanza».
Quando lo scorso anno aveva fatto lo stesso annuncio, la prima «estate militante», le ironie si erano sprecate. Ma il buon risultato di europee e amministrative (24,1 per cento e 17 capoluoghi di provincia alla sinistra contro i dieci alla destra), hanno dimostrato che l’idea di partito che ha la segretaria, e cioè la mobilitazione permanente, paga. I voti arrivano. Da capire era facile, da mettere in pratica meno. Ma quest’anno, quest’estate, Schlein può contare sulla forza delle vittorie guadagnate sul campo.
Infatti lo scherzo in direzione dura un attimo. Se l’anno scorso aveva chiesto di raccogliere firme sulla legge sul salario minimo alle feste dell’Unità, quest’anno raddoppia: di nuovo sul salario (nel frattempo la maggioranza l’ha cancellato) e anche sul quesito del referendum abrogativo dell’autonomia differenziata, «che spacca il paese»; e se poi a ottobre dovesse essere rigettato dalla Consulta, comunque la mobilitazione resterebbe, soprattutto nelle regioni del Sud, dove contro il ddl Calderoli la destra sta lentamente smottando. Schlein chiede che vada avanti anche la mobilitazione sulla sanità, tema su cui lei ha battuto in campagna elettorale e che Giorgia Meloni ha sofferto, tanto da improvvisare un decreto contro le liste di attesa; decreto che in queste ore al Senato, ha fatto litigare Lega e FdI, e che è stato bocciato dalle regioni per «profili di illegittimità costituzionale» e perché «privo di qualunque finanziamento». Sulla sanità, Schlein chiede «di battere il ferro finché è caldo, di battere i territori, di non fermarci e di stare tra le persone».
È appunto l’idea di una mobilitazione permanente, «casa per casa, strada per strada», come da citazione di Berlinguer stampata sulla tessera del partito, non a caso fortissimamente voluta da lei. Che lei stessa ha praticato nelle sue 123 tappe per le europee. Gli appuntamenti elettorali non sono finiti: dopo l’estate andrà al voto l’Emilia-Romagna (dove non a caso anche quest’anno il Pd farà la festa nazionale, stavolta a Reggio Emilia, a Campovolo, dal 23 agosto all’8 settembre) e poi l’Umbria. Non è ancora ufficiale, ma in entrambe le regioni i candidati saranno di coalizione: il sindaco di Ravenna Michele De Pascale e la sindaca di Assisi Stefania Proietti.
Il viaggio nel non-voto
Per questa idea di partito, le feste dell’Unità diventano strategiche. L’anno scorso sono state 350, l’11 per cento in più dell’anno precedente; quest’anno se ne prevede un numero superiore. Perché se dal 2021 il partito si è attrezzato all’utilizzo della rete per il tesseramento, e presto lo sarà anche per le consultazioni come previsto dallo statuto, «ora il Pd sta tornando ad essere un partito di prossimità», spiega Igor Taruffi, responsabile dell’organizzazione, «che sta dove ci sono le persone, e i loro problemi. Il percorso è già iniziato; e infatti in 40 comuni capoluoghi di provincia su 110 andati al voto nell’ultimo anno e mezzo, il Pd oggi è il primo o il secondo partito». Quest’anno sono incoraggiate dunque le feste non solo nelle città, «ma anche nelle periferie e nelle aree interne del paese, dove vivono milioni di persone», circa 12, più i dieci delle aree di montagna.
Qui si connette un’iniziativa inedita, che la segretaria ha annunciato affrontando il tema della «ferita dell’astensionismo», che ha tenuto lontano dalle urne la metà degli italiani. Schlein ha parlato di «un viaggio attraverso i luoghi del non voto», «un viaggio di ascolto e di riconoscimento». Al Nazareno si lavora a una mappatura delle zone del paese dove il livello dell’astensionismo è stato più alto, per procedere poi a tornare, o andare, nei luoghi «dove abbiamo capito che c’è un problema». Si parte da una sorta di inchiesta sociale; la citazione degli anziani è il metodo dell’«inchiesta operaia». Ma la segretaria è incolpevole: quando la facevano i sindacati nelle fabbriche, lei non era ancora nata.
La riforma del partito
È la bozza di metodo con cui il nuovo Pd già pratica una sua «riforma del partito», a cui Schlein ha accennato fin qui solo per titoli. Di «conferenza organizzativa» ha invece parlato esplicitamente Marco Sarracino, responsabile Sud. «Il voto ci fa capire che vanno sperimentate nuove forme di organizzazione. C’è voglia di partecipare per costruire l’alternativa alla destra. Invece in alcuni territori si ragiona come se fossimo fermi a due anni fa, e non fosse accaduto nulla alle primarie, né alle europee». E Andrea Orlando: «Abbiamo vinto perché abbiamo dato l’idea di un partito, valorizzando gli amministratori e parlando a mondi esterni. Ma il Pd non somiglia ancora alle liste che abbiamo fatto, né a quello che ha avuto successo alle elezioni».
La sinistra ha una sua proposta: dalla selezione delle classi dirigenti non basata “solo” sulle preferenze ma sulle battaglie politiche, al coinvolgimento del popolo delle primarie attraverso referendum interni, alla famosa «lotta ai cacicchi», a un Pd che «esca fuori dalle Ztl», dirottando le risorse nei circoli delle periferie.
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