Uno share di meno dell’uno per cento in prima serata non si vede spesso in Rai. E quello di Antonino Monteleone e del suo programma L’altra Italia, che giovedì sera, su Rai2, ha fatto registrare lo 0,99 per cento, è di certo un record che entrerà negli annali della storia di viale Mazzini.

Non è un caso che ieri, dopo la pubblicazione degli ascolti, ai piani alti delle televisione pubblica, i dirigenti hanno compulsato gli archivi alla ricerca di precedenti che potessero rendere più “difendibile” quanto accaduto. Ma il tracollo rappresenta già un macigno per una governance che si sta ancora insediando (lo stallo in commissione Vigilanza sta impedendo la conferma della presidente designata, Simona Agnes).

Alle opposizioni non sembra vero. La trasmissione è sintomo di «un disastro culturale, sociale ed economico» attacca il Pd. E solleva «un tema di sostenibilità delle scelte editoriali» rincara il M5s. In Rai, nessuno si sente responsabile: caldeggiato dalla politica, ora in molti sollevano dubbi su quanto l’ex Iena avesse il physique du rôle per affrontare – senza aver mai condotto in diretta – la prima serata monstre del giovedì su Rai2. Un incubo che turba da otto anni i sonni dei direttori che si sono succeduti.

Dall’addio di Michele Santoro in poi, nulla sembra riuscire a catturare i telespettatori. Un “triangolo delle Bermuda” che un collega navigato come Massimo Giletti non ha voluto affrontare. Tanti i precedenti di programmi chiusi dopo qualche puntata. Ma al livello di share di Monteleone non era arrivata nemmeno Nunzia De Girolamo con Avanti popolo l’anno scorso.

Guanti di seta

Peraltro L’altra Italia era partito male, con un 1,77 per cento al debutto, ma non ha fatto che peggiorare. Chi ha lavorato con Monteleone in queste ultime settimane segnala un certo desiderio di accentrare le decisioni: «D’altra parte, se hai le spalle coperte da quelle amicizie». Il riferimento è alle simpatie che il conduttore, noto per le sue lunghe inchieste su Mps per Le Iene, raccoglie a palazzo Chigi.

Eppure, proprio per i suoi rapporti con la “fiamma magica” di Giorgia Meloni, raccontano dall’azienda, Monteleone era stato trattato con i guanti di seta. Alla regia Flavia Unfer, che si è già occupata di Belve di Fagnani, un nuovo studio faraonico alla Dear «con luci spaziali», come capostruttura Franco Argenziano, che ha lavorato con Santoro, e l’esperto autore Giovanni Benincasa a far da consulente.

E poi, redattori e inviati arrivati da tutte le trasmissioni del globo terracqueo, attratti da una produzione interna (quindi garanzia della preziosissima matricola, che facilita la collaborazione con i programmi). Una squadra valida, ma molto disomogenea, dice chi lavora in tv, azzoppata dal fatto che il programma che viale Mazzini ha immaginato per Monteleone di innovativo aveva ben poco: il solito talk, condotto da un inviato valido, poco noto come conduttore.

In Rai puntano il dito sulla prima serata. Di solito chi non ha mai condotto viene trattato «come una mutanda appesa». La metafora colorita descrive una posizione sicura, «tra due mollette», cioè due programmi che tengono un certo livello di share. «Al massimo l’elastico si piega un po’, ma resta appesa».

Ora c’è da trovare una soluzione. Il programma era previsto per oltre trenta puntate, il contratto di Monteleone è addirittura biennale. Qualcuno evoca il trasloco al mercoledì, da sempre il desiderio del conduttore, ma che significherebbe fare controprogrammazione a un altro programma della direzione Approfondimenti, Chi l’ha visto. Difficile.

C’è poi l’ipotesi della chiusura e il ricollocamento del conduttore, «magari in una seconda serata con più servizi e meno studio» azzardano. Certo, L’altra Italia doveva essere il programma di punta della direzione, giustificando i costi da capogiro: 180mila euro di realizzazione a puntata, circa 700mila euro di stipendio per Monteleone, nuovo volto su cui puntare, in due anni. «Un conduttore giovane per gli standard Rai, con un programma che si propone di avere un linguaggio innovativo» diceva il direttore Paolo Corsini alla conferenza stampa di presentazione. Così innovativo che l’hanno capito solo 169mila telespettatori.

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