La deputata di Italia viva è andata nella capitale del regime dell’Azerbaigian per monitorare le elezioni. Secondo l’Epde, sostenuto dalla Commissione europea, è un viaggio farsa
Per la seconda volta in un anno, a settembre è volata a Baku per verificare che le elezioni in Azerbaigian si svolgessero senza brogli. Naike Gruppioni, deputata italiana di Italia viva, già dirigente di Confindustria, è ormai una delle parlamentari che conosce meglio il regime azero. E le piace un sacco, stando a quanto ha dichiarato ai media locali: «Una delle caratteristiche che mi stupiscono del vostro Paese è il desiderio del popolo di partecipare attivamente alle elezioni. La passione della gente è la manifestazione della democrazia».
Il tutto detto al termine di un’elezione contestata da Osce e parlamento Ue, in cui ha votato il 37 per cento degli aventi diritto, con la scontata vittoria del partito del presidente Alyev (al vertice della repubblica caucasica da 21 anni dopo altri due decenni marchiati dal padre Heydar) e decine di critici in carcere o in esilio forzato.
Ancora attiva nell’azienda di famiglia (la emiliana Sira Industrie), Gruppioni è stata scelta da Matteo Renzi come componente della commissione Affari esteri alla Camera. Dev’esserle chiara l’importanza strategica che per l’Italia ha l’Azerbaigian, diventato negli ultimi anni rilevante esportatore verso la Penisola, oltre che di petrolio, anche di gas tramite Tap (Renzi da premier ne fu grande sostenitore), e pure importante acquirente di armi prodotte da Leonardo.
Il legame con Baku è confermato dalla visita ufficiale di Alyev in Italia meno di due mesi fa. Oltre a energia e difesa, in ballo c’è la ricostruzione del Nagorno Karabakh, la regione che l’esercito azero ha bombardato costringendo alla fuga la popolazione armena e attirandosi così l’accusa di genocidio (per ora caduta nel vuoto) della Corte penale internazionale.
Gruppioni deve essersi affezionata alle acque oleose del mar Caspio. Non le sono infatti bastate le critiche ricevute dopo essere andata, su invito del regime, a fare da “osservatrice” delle presidenziali dello scorso febbraio. Allora era in compagnia dei deputati di Fratelli d’Italia, Salvatore Caiata e Andrea Di Giuseppe.
«Il governo dell’Azerbaigian ha dimostrato un serio impegno per sostenere la trasparenza e l’affidabilità del processo elettorale», ha dichiarato Gruppioni nel corso di una conferenza stampa post voto a Baku. Musica per le orecchie di Alyev, interessato a un riconoscimento internazionale prima del grande appuntamento, la Cop 29 che inizierà l’11 novembre. Proprio come l’anno scorso negli Emirati Arabi, anche questa volta la conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici sarà ospitata da un’autocrazia che basa buona parte del proprio potere geopolitico sugli idrocarburi.
Gruppioni non è stata l’unica osservatrice invitata dal regime. Una radiografia è stata prodotta dalla European Platform for Democratic Elections (Epde), organismo che monitora le elezioni in vari Paesi ed è finanziato quasi interamente dalla Commissione Ue. In un rapporto che Domani ha potuto leggere in anteprima si legge che, insieme ad altri 106 politici e analisti, Gruppioni ha svolto il ruolo di «finta osservatrice», cioè di chi viene invitato a monitorare le elezioni in un Paese terzo ma in realtà osserva solo quel che piace al regime locale. Come gli altri colleghi, la parlamentare italiana «ha ignorato molteplici violazioni elettorali in cambio di un viaggio a Baku».
Tra gli osservatori chiamati a legittimare il regime azero c’erano anche, scrive l’Epde, «funzionari russi e bielorussi con legami con servizi di intelligence, alcuni dei quali sanzionati dall’Occidente per aver commesso torture nei confronti di esponenti dell’opposizione democratica». Due esempi su tutti. Sergey Khomenko, oggi vice presidente del Consiglio della Repubblica Bielorussa: è sotto sanzioni perché, secondo l’Ue, da vice ministro dell’Interno ha represso le proteste del 2020 contro il regime di Lukashenko a colpi di «arresti arbitrari e maltrattamenti, compresa la tortura, di manifestanti pacifici» e «intimidazioni e violenze contro i giornalisti».
Secondo esempio. Igor Korotchenko, direttore del think tank Caspian Institute for Strategic Studies e membro del partito russo Rodina: è uno degli osservatori che l’Epde ritiene legato ai servizi di Mosca. Il report cita un riconoscimento ricevuto nel 2020 dall’Svr, il servizio segreto estero, che ha premiato Korotchenko «per il grande contributo personale dato al rafforzamento e allo sviluppo della cooperazione con i servizi segreti esteri della Russia».
L’Azerbaigian resta un Paese che ignora i principi base dello stato di diritto. Lo ha detto due mesi fa anche Mary Lawlor, relatrice speciale dell’Onu sulla situazione dei diritti umani. Eppure l’Ue, e l’Italia in particolare, hanno scelto di chiudere gli occhi per avere un’alternativa alle forniture di gas russo.
Filippo Taglieri, che per l’ong italiana ReCommon quest’anno ha intervistato molti attivisti azeri, mette in dubbio l’efficacia di questa scelta: «Tra i tanti abbiamo conosciuto Zhala Bayramova, il cui padre è un docente universitario attualmente prigioniero politico. La sua colpa è quella di aver dimostrato a più riprese che l’Azerbaigian compra gas russo. Da qui la domanda: non staremmo semplicemente comprando metano russo con bandiera azera? Non staremmo quindi supportando un governo che viola i diritti umani per boicottarne un altro che fa la stessa cosa?».
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