- Quello che si può fare a Napoli non si può fare in Calabria.
- Sotto il Vesuvio Pd e Movimento Cinquestelle possono accordarsi per proporre un “patto” (al momento tutto sulla carta) per la salvezza delle disastrate casse del Comune.
- Tra la Sila e lo Stretto no. Nessuno ha pensato di trovare una soluzione credibile che risani il debito sconfinato della sanità calabrese.
Quello che si può fare a Napoli non si può fare in Calabria. Sotto il Vesuvio Pd e Movimento Cinquestelle possono accordarsi per proporre un “patto” (al momento tutto sulla carta) per la salvezza delle disastrate casse del Comune. Tra la Sila e lo Stretto no. Nessuno ha pensato di trovare una soluzione credibile che risani il debito sconfinato della sanità calabrese. A Napoli, Enrico Letta e Giuseppe Conte trovano l’accordo sul candidato della coalizione giallo-rosa, l’ex ministro Gaetano Manfredi. E senza primarie, che in casa Pd, visti i trascorsi fatti di brogli ed elettori cinesi, vivono come l’incubo peggiore. In Calabria lo scenario cambia, le primarie si devono fare. La confusione sotto il cielo delle prossime elezioni regionali aumenta.
In Calabria si vota prima della scadenza naturale del consiglio regionale, per la morte della Presidente Jole Santelli. Doveva essere un voto anticipato, che però, causa Covid, è stato rinviato all’autunno prossimo. I malpensanti dicono che la pandemia c’entri molto relativamente, e che una stasi così prolungata sia servita a Pd e centrodestra per definire assetti interni e mettere d’accordo correnti e gruppi di potere per la scelta dei candidati giusti.
Sta di fatto che il Consiglio regionale, in carica ma solo per gli affari correnti, continua a macinare spese. Le ultime, ovviamente, vista la campagna elettorale alle porte, sono quelle per piccoli incarichi e stipendi destinati a portaborse e collaboratori dei vari gruppi politici.
Dalle parti della giunta, invece, il “reggente”, o “facente funzioni” Nino Spirlì, uomo forte di Matteo Salvini, ci ha preso gusto. E’ e si sente il “governatore” della Calabria a tutti gli effetti. Il centrodestra calabro, che non ha ancora ufficializzato il nome del successore della Santelli, dovrà vedersela con lui e con le sue ambizioni.
Certo, un nome già gira, ed è quello di Roberto Occhiuto, 52 anni, deputato e capogruppo alla Camera di Forza Italia. E’ in corsa, ma a passo lento. Ha il via libera di Silvio Berlusconi, ma manca il placet di Matteo Salvini. I due non si amano, e Roberto Occhiuto non ha dimenticato gli attacchi a suo fratello Mario, sindaco di Cosenza, bloccato alla corsa a Presidente della Regione nelle scorse elezioni, proprio dai veti pesanti del leader leghista. Neppure Fratelli d’Italia è entusiasta. Il partito della Meloni ha il suo “uomo forte” in riva allo Stretto, la senatrice Wanda Ferro, che non esclude un suo ritorno sulla scena della battaglia regionale. Aveva già fatto la sua corsa nel 2014, perdendo con il 23 per cento contro il centrosinistra di Mario Oliverio (61 per cento), ma, sondaggi nazionali alla mano, vorrebbe tentare di nuovo.
Cosa resta del centrosinistra
Nel Pd e dintorni le cose vanno peggio. Il partito regionale è commissariato da Roma, diviso in correnti, gruppi e cacicchi locali. Il compito di risollevare le sorti dell’intero centrosinistra, alle ultime elezioni regionali umiliato dal centrodestra (55,29 contro 30,18), era stato assegnato a Nicola Irto, giovane vicepresidente del consiglio regionale. Una candidatura poco gradita dagli apparati e dai capicorrente.
«Nicola – dicono i suoi – da tre mesi è stato lasciato solo, nessuno dei capi-elettori locali del partito si sta spendendo più di tanto». La sua scelta a febbraio scorso era stata salutata con entusiasmo dai vertici del Nazareno. «Nicola siamo con te», aveva esclamato Nicola Oddati della segreteria nazionale del partito. Un endorsement di carta, visto che dopo tre mesi, Irto dovrà passare attraverso le Forche Caudine delle primarie. Le chiede a gran voce Dalila Nesci, deputata calabrese pentastellata e sottosegretaria per il Sud. «Invoco le primarie di coalizione». Alla proposta, Irto ha fatto ufficialmente buon viso a cattivo gioco. Ma in una lettera inviata ai vertici del partito avrebbe anche minacciato di tirarsi indietro stanco dei troppi bizantinismi.
Toccherà a Giuseppe Conte ed Enrico Letta dipanare la matassa.
Chi invece non intende farsi coinvolgere da quella che chiama “la farsa delle primarie” è Luigi de Magistris. «Sono il candidato presidente di una coalizione civica. Parlo a tutti i calabresi stanchi di questa politica. Parlo a quella stragrande maggioranza che non vota e che aspira ad un radicale cambiamento. Le primarie servono a scegliere un nome, non a cambiare una intera classe politica. Pd e Movimento 5s non lo hanno capito o fanno finta di non capirlo. Noi siamo in campo per cambiare radicalmente classe politica e futuro della Calabria». Contraddizioni in seno al centrosinistra e al Pd, che a Napoli non fa sedere al tavolo delle trattative il movimento di de Magistris e la candidata Alessandra Clemente, mentre a Catanzaro invoca l’unità della coalizione.
© Riproduzione riservata