Tutto quello che c’è da sapere sulla corsa al Quirinale, fra suggestioni della stampa, ambizioni, calcoli, tattiche, manovre e assenza di manovre dei protagonisti. Monte Cavallo, la rubrica quotidiana sull’elezione del prossimo capo dello stato
- Le date scelte per gli impegni istituzionali rappresentano altrettante scelte politiche. il 16 dicembre Mattarella in Vaticano per il commiato da Francesco. il 31 discorso di Capodanno. Il 3 febbraio ultimo giorno, se non c’è il Bis.
- Per l’elezione del nuovo Capo dello Stato Letta predica un campo larghissimo, che comprenda anche Fratelli d’Italia. Ingorgo al centro di leader e di candidati quirinabili: Salvini chiama Casini, mentre a Calenda piace la Cartabia.
- Ma perché dobbiamo ascoltare il Financial Times quando chiede Draghi a Palazzo Chigi per la stabilità del nostro Paese? Se lo chiede Travaglio.
Il calendario è tornato all’attenzione di tutti. Ne scrivono oggi Giuseppe Alberto Falci sul Corriere e Lina Palmerini sul Sole 24 Ore. Ieri la presidenza della Repubblica ha confermato la visita di commiato di Sergio Mattarella a papa Francesco per il 16 dicembre.
Mattarella sarà accolto nelle stanze vaticane giovedì prossimo per un saluto che sarà certo un’occasione, non solo formale, fra due uomini che si stimano a vicenda. L’altra data in agenda da segnare col cerchio rosso è quella del 31 dicembre. La sera ci sarà il tradizionale discorso di Capodanno a reti unificate, appuntamento obbligato per le ultime valutazioni politico istituzionali. Poi ci sarà la convocazione delle Camere per l’elezione del nuovo presidente.
Mattarella scade il 3 febbraio. A Montecitorio si dà per scontato martedì 18 gennaio come possibile primo giorno di convocazione. Non è solo una questione formale, come sempre nel fissare il calendario contano anche le scelte politiche. Se davvero si pensa a una presidenza Draghi, meglio affrettare i tempi. Ci sono infatti costituzionalisti che insistono sul fatto che toccherebbe allo stesso Mattarella sbrogliare la crisi di governo. Gaetano Azzariti lo scrive oggi sul Manifesto. Tocca a Roberto Fico diramare le convocazioni e non l’ha ancora fatto.
LETTA PER UN CAMPO LARGHISSIMO
Se il segretario del Pd Enrico Letta predica il “campo largo” per il centrosinistra, per l’elezione del nuovo capo dello Stato chiede una “maggioranza condivisa” che comprenda anche Fratelli d’Italia.
Lo ha detto proprio ieri ospite di Giorgia Meloni alla Festa di Atreju. Naturalmente ha ripetuto che di Quirinale si parlerà a gennaio. Maurizio Lupi, titolare di una delle sigle del centro, Noi con l’Italia, ha concordato con Letta in un’intervista al Corriere. Se però non si arrivasse ad una scelta di tutti, ha detto Lupi, una candidatura di Silvio Berlusconi non sarebbe una “forzatura”.
I DUE MATTEO FANNO CASINI
A proposito di centro, due segnalazioni di candidati quirinabili che potrebbero non essere campate per aria.
Carlo Calenda, di Azione, è intervenuto alla trasmissione de La7 L’aria che tira per aprire alla soluzione Marta Cartabia: «È moderata», ha detto, «e ha tutte le carte in regola, perché è sopra le parti».
Il Fatto Quotidiano ha riportato una notizia secondo la quale ieri Matteo Salvini avrebbe telefonato a Pier Ferdinando Casini. Salvini «come piano B sta lavorando a un asse con Renzi per fare i king maker per il Quirinale, come successe a febbraio per buttare giù il governo Conte. Appurato che la Lega voterà Berlusconi solo come “bandiera”, nelle ultime ore Salvini ha chiamato Casini, su cui punta Renzi: “Dal quarto scrutinio potresti essere il nostro candidato”».
TRAVAGLIO CONTRO FT
A Marco Travaglio, il direttore del Fatto, non piace l’idea che Mario Draghi resti a palazzo Chigi fino alla fine della legislatura. Neanche un po’.
Oggi nel suo commento in prima pagina si inalbera contro il Financial Times che mercoledì aveva scritto un commento sulla necessità di Supermario al posto di comando, pena una forte instabilità del nostro paese.
«Non bastando le scemenze dei giornaloni italiani, importiamo pure quelle dei giornaloni stranieri. Che, per carità, hanno tutto il diritto di dire scemenze. Ma il guaio è il provincialismo con cui i nostri se le bevono come oracoli della Pizia. L'ultima è del Financial Times, che annuncia “disordini”, “instabilità” e pericoli per le “riforme strutturali e ambiziose” del fisco e della giustizia (magari!) se Draghi ascenderà al Colle e mollerà palazzo Chigi. Noi prendiamo sul serio la stampa estera quando c'è di mezzo la reputazione internazionale dell'Italia, ma dalle sue profezie di sventura siamo vaccinati con tripla o quarta dose».
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