- Secondo un decreto della ministero degli Esteri chi è fuggito dalle violenze dei terroristi di Boko Haram in Nigeria, può vedere respinta la richiesta per lo status di rifugiato.
- La fondazione Aiuto alla chiesa che soffre, a lungo presieduta dall’attuale sottosegretario Mantovano, aveva organizzato lo scorso 8 marzo un incontro tra Meloni e due giovani scappate dalle persecuzioni nel nord-est nigeriano.
- Il rifiuto delle forme di protezione internazionale «sarebbe non giustificabile», ammette Monteduro, direttore della fondazione, oggi anche collaboratore di Mantovano a palazzo Chigi.
Nella giornata internazionale della donna, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricevuto a palazzo Chigi due ragazze nigeriane scappate dalla persecuzione. Ma dopo meno di 20 di giorni il suo governo inserisce la Nigeria tra i paesi sicuri, dove non ci sarebbero torture o persecuzioni, nonostante Boko Haram tenga sotto scacco lo stato del Borno, nel nord-est del paese. Così chi è fuggito dal territorio nigeriano, vedrà molto probabilmente respinta dall'Italia la richiesta di protezione internazionale.
È quanto previsto da un decreto del ministero degli Esteri, guidato da Antonio Tajani, scritto di concerto con il Viminale di Matteo Piantedosi e il ministero della Giustizia di Carlo Nordio.
Per legge l’esecutivo è chiamato ad aggiornare periodicamente la lista dei paesi definiti sicuri, in cui i cittadini non hanno i titoli per richiedere la protezione internazionale. La Nigeria è tra questi. «Applicando questo meccanismo, si rende più difficile per le persone migranti, spesso vittime di migrazioni forzate, ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, protezione sussidiaria, protezione speciale, già dimezzata dal decreto Cutro», spiega Andrea Maestri, ex deputato e avvocato immigrazionista.
Così tocca al richiedente asilo «fornire la prova della persecuzione o del rischio di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. E queste prove concrete sono spesso difficili da reperire», aggiunge Maestri.
L’incontro con Meloni
Eppure lo scorso 8 marzo, la premier ha incontrato a palazzo Chigi due giovani, Maria Joseph, 19 anni, e Janada Markus, 22 anni, testimoni dirette delle persecuzioni di Boko Haram, organizzazione terroristica diventata nota per aver rapito, nel 2014, 276 studentesse a Chibok. L’incontro è stato organizzato, dietro le quinte, dal sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, attraverso la fondazione pontificia Aiuto alla chiesa che soffre (Acs), che lui stesso ha presieduto fino a quando ha assunto l’incarico governativo.
Al timone di Acs, nel ruolo di direttore, ha lasciato Alessandro Monteduro, che nel frattempo è stato nominato consigliere politico e per la sicurezza del sottosegretario a palazzo Chigi, con una retribuzione di 80mila euro all’anno. Tra i due il sodalizio è solido: Monteduro aveva già collaborato con Mantovano ai tempi del Viminale, intraprendendo insieme poi il percorso della fondazione che vuole tutelare i cristiani perseguitati nel mondo. Il giorno del giuramento al Quirinale, era anche presente tra gli accompagnatori del sottosegretario.
La fondazione Aiuto alla chiesa che soffre ha consentito alle due giovani di raccontare la loro drammatica esperienza anche al presidente della Camera, Lorenzo Fontana. Ma non è bastato a far ricredere il governo: la Farnesina di Tajani ha definito sicura la Nigeria. La scelta è maturata in seguito a una valutazione del governo, secondo cui non sono stati ravvisati rischi di «tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato», come indica la legge che regola le richieste di protezione. All’interno del decreto, peraltro, non c’è alcuna eccezione per chi proviene da determinate aree della Nigeria o appartiene a una specifica comunità.
L’ammissione di Monteduro
Il rifiuto delle forme di protezione internazionale «sarebbe non giustificabile», ammette Monteduro, che aggiunge: «Voglio credere che non ci sia alcun paese in Europa, che sia Italia o Francia, che la negherà a chi scappa da Boko Haram o da altri gruppi. Molti stati del nord della Nigeria sono governati dalla legge coranica». Il collaboratore di Mantovano tiene però a precisare: «Esprimo il punto di vista di chi dirige un’associazione di carità, non sono un esperto diplomatico. Poi ho letto solo il titolo della notizia, ma non conosco il contenuto. Voglio quindi approfondire».
I numeri, comunque, disegnano un quadro tragico. Stando all’analisi della Società internazionale per le libertà civili e lo stato di diritto, tra il gennaio del 2021 e il giugno 2022, in Nigeria sono stati uccisi oltre 7.600 cristiani. Solo nel 2022 si stima che almeno 50 sacerdoti siano stati rapiti da organizzazioni criminali o islamiste, anche se i dati ufficiali parlano di “solo” 18 sequestri.
Tra le notizie di maggiore impatto c’è stato l’omicidio di Deborah Samuel, una donna di 25 anni lapidata e bruciata viva nel maggio 2022, perché incolpata di aver condiviso messaggi su WhatsApp, considerati blasfemi dalle autorità del Sokoto, stato del nord-ovest nigeriano. Il secondo caso è invece l’assalto alla chiesa di San Francesco Saverio, a Owo, a sud-ovest del paese, durante una messa. Nell’attentato sono morte 40 persone.
Due eventi che denotano una condizione preoccupante, secondo la stessa fondazione diretta da Monteduro. «Il mondo ha voltato le spalle alla Nigeria», si legge infatti nel dossier di Acs intitolato Più perseguitati che mai. «Si sta compiendo», prosegue lo studio della fondazione, «un genocidio, ma a nessuno importa». Governo italiano incluso.
© Riproduzione riservata