Il sottosegretario chiede un risarcimento per l’articolo sul legame con il dg della 3-I spa. Si allunga la lista di esponenti del governo che hanno fatto azioni legali contro il nostro giornale
Un’altra offensiva contro Domani, con il governo che conferma la strategia aggressiva verso la stampa. Anche il sottosegretario e principale ideologo delle strategie di Giorgia Meloni, Giovanbattista Fazzolari, firma un’azione legale. Il fedelissimo della presidente del Consiglio ha seguito le orme della sua leader, che aveva querelato Domani quando era deputata e capo di FdI e non ha ritirato la querela nemmeno dopo la vittoria alle elezioni che l’ha proiettata alla guida dell’esecutivo.
Nel caso di Meloni si tratta di un articolo sull’acquisto di mascherine durante la pandemia. La destra, a cominciare da chi la guida, continua a vedere il giornalismo libero come un fastidio. E quindi da contrastare a suon di querele, poste in atto o anche solo minacciate per brandire l’arma del potere contro la stampa.
I fatti
Fazzolari chiede un risarcimento di 25mila euro per l’articolo che ha raccontato un vecchio legame contrattuale, sancito da una delibera firmata da Stefano Acanfora, diventato nel dicembre scorso direttore generale della società 3-i spa, società pubblica chiamata a gestire i servizi digitali di Inail, Inps e Istat. Per lo stesso motivo, il sottosegretario porterà in tribunale anche Dagospia, che aveva riportato la notizia data in esclusiva da Domani. Nel 2017 Acanfora – all’epoca a capo della direzione centrale acquisti della regione Lazio – è stato responsabile del procedimento che ha assegnato a Fazzolari una consulenza, della durata di due anni, da 166mila euro. I due avevano condiviso in precedenza l’esperienza negli uffici della regione Lazio.
L’attuale sottosegretario è stato dirigente nell’area infrastrutture strategiche, prima di iniziare la carriera da libero professionista. Dopo qualche mese, ha preso parte alla selezione, iniziata il 28 giugno e chiusa il 6 luglio, per una consulenza alla regione Lazio, assegnata dalla direzione guidata allora da Acanfora. Il contratto è stato interrotto nel marzo 2018, prima della scadenza naturale: Fazzolari era stato eletto in parlamento e aveva rassegnato le dimissioni.
Qualche anno dopo Acanfora ha superato la trafila da direttore di 3-i spa anche grazie alla valutazione di «un elemento fiduciario», come spiegato a Domani dal presidente della società, Gennaro Terracciano.
Il sottosegretario non ha chiesto alcuna rettifica per smentire la notizia, limitandosi a preannunciare una querela attraverso il “mattinale delle 11”, la velina quotidiana inviata ai parlamentari del suo partito.
Intanto, nella 3-i spa sono in corso manovre per cercare nuovi equilibri. Come raccontato da Repubblica, nel cda è stata portata una proposta di modifica dello statuto per spostare i poteri sotto l'egida della presidenza del Consiglio, sottraendoli in parte al ministero del Lavoro. Il progetto è finito in stand-by. Ma l’idea alla base dell’operazione non sorprende: a Palazzo Chigi il capo di gabinetto di Meloni, Gaetano Caputi, vanta una buona conoscenza con il presidente della 3-i Terracciano, sulla base di comuni esperienze lavorative, come quella nella rivista Amministrativamente, che si occupa di diritto amministrativo.
Querele a pioggia
L’azione legale di Fazzolari è solo l’ennesima attuata contro Domani. Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, nel marzo 2023 fece arrivare i carabinieri in redazione per il sequestro di un articolo. Una procedura quantomeno irrituale. Il braccio di ferro è proseguito a colpi di querele fino all’ennesimo atto di intimidazione: la richiesta di Durigon di 200mila euro da versare come risarcimento per le inchieste pubblicate da Domani sulla casa acquistata dal sottosegretario a prezzo scontato dalla fondazione Enpaia (l’ente di previdenza degli addetti dell’agricoltura). Un maxi risarcimento da pagare sull’unghia senza nemmeno passare per un giudizio.
Altri big del governo, invece, si sono finora limitati alla minaccia. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Con una nota diffusa dalle agenzie aveva fatto sapere di «aver dato mandato ai legali per una denuncia querela» in merito a un articolo che raccontava degli affidamenti diretti, risalenti al governo Draghi, di Sport e Salute, società controllata dal Mef, all’azienda Casa Rossa di Francesca Verdini, compagna di Matteo Salvini e leader del partito di Giorgetti. Proprio l'attuale numero uno del Mef aveva fortemente voluto la nascita di Sport e Salute, quando era a capo del ministero dello Sviluppo economico.
E ancora: la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, ha attaccato questo giornale durante l’intervento al Senato, in cui le veniva chiesto conto della gestione delle sue aziende. «Domani vuole alzare l’asticella», diceva in aula l’imprenditrice e ministra, irritata per la notizia sulle indagini in corso. Santanchè, nei giorni successivi, ha minacciato azioni legali a destra e a manca, dicendo: «Mi arricchirò con le querele». Al momento siamo solo alle minacce. Un po’ lo stesso spartito di Salvini che, dopo la pubblicazione delle inchieste (anche di Domani) sul sistema-Verdini, ha annunciato raffiche di denunce. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha invece scelto una strategia diversa: prima ha minacciato di querelarci per aver svelato i suoi affari con l’industria degli armamenti, poi ha fatto anche di più presentando un esposto per conoscere le fonti dei giornalisti. Un attacco incrociato alla libertà di informazione.
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