Pochi i big tra cui Giuseppe Provenzano, moltissimi militanti. Parla di lavoro, diritti e transizione ecologica: «Se voi ci siete», ha detto ai suoi, «io ci sono», e ha annunciato che prenderà la tessera del partito
Oggi dovrebbe essere il giorno della verità, per Elly Schlein. La deputata dem ha convocato “i suoi” al Monk, locale nella periferia romana, per parlare: tutti attendono il suo annuncio ufficiale di candidatura al congresso del Pd e l’attesa è anche di scoprire chi ci sarà a sostenerla.
Per ora sono arrivati Giuseppe Provenzano, il deputato romano Marco Miccoli e i deputati Marco Furfaro e Cecilia D’Elia, per Articolo Uno Arturo Scotto e Simone Oggionni. Presenti anche le “sardine”, con Jasmine Cristallo.
Moltissimi militanti, pochissimi big di partito: alle 10.30, Schlein è arrivata accolta da applausi e ha iniziato commossa, ricordando in particolare la sorella Susanna, vittima di un fallito attentato ad Atene.
Parla Schlein
Elly Schlein ha attaccato il governo Meloni, «che ha fatto una finanziaria non contro la povertà ma contro i poveri», difendendo il reddito di cittadinanza.
«I cambiamenti arrivano sulle spalle delle mobilitazioni collettive, noi vogliamo un percorso che porti alla costruzione di un nuovo Pd di cui tanti sentono il bisogno», ha detto. «Usiamo la fase costituente per confrontarci su contenuti e visione», ha detto rivolgendosi a chi ha una provenienza e una cultura diversa: «Non siamo qui per fare una resa dei conti identitaria. Siamo qui per fare il nuovo Pd, salvaguardando il suo pluralismo».
Poi attacca il modello «neo-liberista che ha portato il pianeta sull’orlo del collasso e le persone a non arrivare alla fine del mese. E’ un modello che si nutre di diseguaglianze».
Il manifesto contiene «tre sfide cruciali: diseguaglianze, clima e precarietà», poi Schlein attacca il modello autonomista proposto dal ministro Roberto Calderoli: «Il paese non va diviso ulteriormente».
Parla anche di donne, «dobbiamo liberare il tempo e il potenziale professionale delle donne, che sono ancora schiacciate dall’impegno di cura». Il riferimento è anche a Meloni, che «discrimina le donne sulla base del numero dei figli, smantellando Opzione Donna e non approvando un congedo paritario», «la sua è una leadership femminile e non femminista perchè non aiuta le donne».
Sul lavoro rivendica il diritto alla sicurezza e al salario minimo, «per la destra il lavoro è un favore, per noi è un diritto».
Il futuro del Pd
Rispetto al futuro del Pd, Schlein ha citato OccupyPd, l’esperienza a cui ha dato vita nel Pd dopo l’affossamento della candidatura di Romano Prodi al Quirinale. «Ci davano degli irresponsabili perchè dicevamo che le larghe intese erano un errore, guardate come è andata: ci avevamo visto lungo». L’assunto di allora «è ancora attuale: senza la base scordatevi le altezze».
Poi ha attaccato Renzi, «che ha spinto me e altri fuori dal Pd, dopo aver calato dall’alto riforme come quella costituzionale e il Jobs act, non passati per il voto e le primarie».
Ha invece ringraziato Stefano Bonaccini, il governatore dell’Emilia Romagna e candidato alla segreteria, con il quale ha fatto la campagna elettorale regionale entrando nella sua giunta, ed Enrico Letta, che la ha invitata alle Agorà.
«Lancio un appello alla comunità democratica, soprattutto i delusi: siamo qui per ascoltarvi e ricostruire», invece si sta parlando solo di nomi. «Io mi rimetto in viaggio, per ascoltare i circoli e la base. Il mondo non finisce con le primarie, non basta cambiare il gruppo dirigente se non troviamo una identità chiara e un gruppo sociale di riferimento. Dobbiamo far pesare di più gli amministratori, perchè vincono e le loro buone pratiche devono diventare patrimonio collettivo».
Schlein chiama a raccolta le forze anche fuori dal Pd, «ma venite liberi, o non venite affatto» e ribadisce che «bisogna scalzare le dinamiche di cooptazione correntizia, siamo qui per superare le correnti, siamo un’onda».
Bisogna cambiare il metodo organizzativo per selezionare la classe dirigente: «Fino a quando ci sarà questa legge elettorale, bisogna fare le primarie per i parlamentari, per assicurare la rappresentanza ai territori e l’uguaglianza di genere».
Gli interventi
Schlein ha chiamato a parlare persone che rappresentano le sue istanze.
Ha cominciato la trentaduenne presidente del municipio 8 di Milano del Pd, Giulia Pelucchi. “Non sono stata cooptata e non appartengo a nessuna corrente, essere liberà è stata una scelta e non ho dovuto chiamare nessuno per chiedere di poter venire qui”, ha detto interrotta da applausi. “Le logiche delle correnti di partito allontanano le persone e la partecipazione, nessuno ha saputo ribaltare queste logiche. Abbiamo scritto il programma più progressista degli ultimi anni per le politiche, e le abbiamo perse, perchè in questi anni abbiamo detto tutto e il contrario di tutto”.
Pelucchi parla di case popolari, lavoro per i giovani e false partite iva, diritti come il matrimonio egualitario e le adozioni. Poi attacca su Moratti: “Alcuni hanno chiesto di sostenere questa candidatura evidentemente inaccettabile” e sulle dichiarazioni del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che ha minacciato di uscire dal Pd in caso di vittoria di Schlein: “Siamo sempre bravi a mostrarci divisi”.
Parla poi Elvira Tarsitano, assessora al comune di Mola di Bari. “Il Pd era diventato una monocrazia, invece le diversità sono un valore aggiunto”. Lei parla del Sud, “che esiste e innova” e di bioeconomia, raccontando l’esperienza pugliese per raggiungere l’agenda 2030 contro la crisi climatica.
Interviene anche il sindaco di Arquata del Tronto, il comune che è stato molto colpito dal terremoto, Michele Franchi. “I capibastone hanno sempre allontanato le persone più pure dalla politica. Con Elly ero insieme all’università e facevamo una battaglia contro la politica che non ci piaceva. Il nostro programma alle politiche era progressista, non era quello sbagliato, erano sbagliate le persone. Il Pd è come Arquata, va ricostruito”.
Dopo di loro sono intervenute una imprenditrice digitale e una architetta, che hanno parlato della loro esperienza lavorativa, tra gender pay gap e difficoltà a fare imprenditoria sostenibile.
Da ultimo interviene l’ex presidente della provincia di Bergamo, Matteo Rossi, che ha cominciato salutando polemicamente Giorgio Gori: “Il punto non è chi esce ma chi portiamo dentro. Elly ha acceso questo speranza”. Una proposta come quella di Elly può farcela, come il referendum sui beni comuni di 11 anni fa: “Quel referendum lo abbiamo stravinto”.
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