- Le navi Humanity 1 e Geo Barents sono arrivate sabato e domenica al porto di Catania, hanno ancora a bordo rispettivamente 35 persone e 214, salvate nel Mediterraneo dalle ong.
- I decreti dei ministri Piantedosi, Matteo Salvini e Guido Crosetto, uno per ogni nave, hanno dato il via a uno sbarco “selettivo” che ha permesso la discesa soltanto alle donne incinte, ai bambini e ai malati che versavano in stato di emergenza.
- La ong Sos Humanity ha deciso che non lascerà il porto e si prepara a fare ricorso al Tar. Nel provvedimento interministeriale «non c’è una scadenza, un termine temporale», e questo ha fatto sì che la ong decidesse di prendersi il tempo necessario.
Le navi Humanity 1 e Geo Barents sono arrivate sabato e domenica al porto di Catania, hanno ancora a bordo rispettivamente 35 persone e 214, salvate nel Mediterraneo dalle ong: «Stiamo facendo del nostro meglio – ha detto il capitano della Humanity, Joachim Ebeling – ma non sappiamo quanto possano resistere psicologicamente». Sulla Geo Barents, i naufraghi hanno cominciato a urlare richieste di aiuto e a esporre cartelli: «Stiamo soffrendo». Nel pomeriggio di ieri due uomini si sono gettati in mare, un terzo li ha seguiti per aiutarli, e poi è risalito, ha spiegato Medici senza frontiere. È tornato a far parte del «carico residuale», come ha definito i migranti bloccati sulle navi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.
I decreti dei ministri Piantedosi, Matteo Salvini e Guido Crosetto, uno per ogni nave, hanno dato il via a uno sbarco “selettivo” che ha permesso la discesa soltanto alle donne incinte, ai bambini e ai malati che versavano in stato di emergenza. L’ispezione sanitaria è stata condotta dall’Unità di Sanità marittima, aerea e frontiera (Usmaf). Per tutti gli altri, che non versano in condizioni di sufficiente vulnerabilità da “meritare” lo sbarco, hanno imposto l’allontanamento: le navi devono lasciare il porto, se non lo faranno rischiano una multa fino a 50mila euro.
I ricorsi
La ong Sos Humanity ha deciso che non lascerà il porto e si prepara a fare ricorso al Tar oggi. Nel provvedimento interministeriale «non c’è una scadenza, un termine temporale», e questo ha fatto sì che la ong decidesse di prendersi il tempo necessario.
L’avvocata Giulia Crescini, che fa parte del collegio difensivo di Sos Humanity, con gli avvocati Cristina Laura Cecchini, Riccardo Campochiaro e Lucia Gennari, ha spiegato a LaPresse che il primo motivo di ricorso è che non si può dare il “Pos”, il place of safety, ad alcuni sì e ad altri no. «La seconda questione è che il decreto del 4 novembre prevede che la nave non possa entrare nel porto per ragioni di sicurezza. Ma nel momento in cui entra e sbarca alcuni dei naufraghi, evidentemente queste ragioni di sicurezza non esistono, perché una parte dei naufraghi è sbarcata».
Un secondo ricorso sarà presentato presso il tribunale civile di Catania. L’esito potrebbe arrivare nel giro di poche ore, tenendo conto che tutti i migranti a bordo hanno manifestato l’intenzione di avanzare richiesta di asilo. I legali di Sos Humanity hanno deciso di chiedere al tribunale lo sbarco immediato: «La decisione – racconta Campochiaro – sarà presa nel giro di poche ore». Un’operazione portata avanti per ognuna delle 35 persone rimaste a bordo, tra lingue diverse e situazioni di tensione. Sulla nave c’è stato anche chi ha rifiutato il cibo.
Le condizioni sulle navi
Sulla Geo Barents sono continuate le evacuazioni, tra cui quella di un uomo che si è sentito male accusando forti dolori addominali. Secondo Riccardo Gatti, responsabile operazioni di ricerca e soccorso di Medici senza frontiere, sulla nave ci sono stati episodi di attacchi di panico e infezioni.
«Sono stato sulla Geo Barents e ho visto scene che mi hanno sconvolto. Casi di scabbia in corso molto gravi, persone sedate a causa di collassi, i segni delle torture sui corpi. Queste persone hanno bisogno urgentemente di aiuto», ha raccontato il deputato di Europa Verde-Sinistra italiana, Angelo Bonelli. Ieri mattina, è circolato il video di Abir, un ragazzo che su un foglio ha scritto di avere 22 anni e di provenire dal Bangladesh. Nel cartello improvvisato ha elencato quattro richieste. Non vuole tornare in Libia: «Ho paura per la mia vita». Poi ha chiesto assistenza medica: «Ho bisogno di vedere uno specialista per i miei problemi di salute». Il terzo punto: «Chiedo al governo italiano di farci sbarcare urgentemente!». Non sente al telefono la sua famiglia da nove mesi: «Voglio chiamare mia madre per dirle che sono vivo», il quarto e ultimo punto. Il centrosinistra ha intenzione di convocare i ministri in causa per appurare cosa stia accadendo in Sicilia, ma il parlamento non è ancora pienamente operativo.
Intanto, altre due navi, conferma il deputato Bonelli, la tedesca Rise Above con 93 persone a bordo e la Ocean Viking di Sos Mediterranée con 234, si avvicinano ai porti italiani. Numeri molto bassi rispetto agli ingressi che non passano dalle ong, ma che, come ha raccontato l’Huffington Post, fanno gioco alla strategia di Piantedosi per alzare la voce in Europa sulla gestione dei flussi. La Commissione europea ha ribadito, tramite una portavoce, che vi è il «dovere morale e legale di salvare le persone in mare, in base alle leggi internazionali» e ha ricordato che «nelle norme internazionali dovrebbe essere fatto ogni sforzo per garantire che il tempo sia ridotto al minimo per le persone che rimangono a bordo».
I numeri mediati dalle ong sono irrisori, ma il governo Meloni vuole comunque porli sul tavolo in vista della discussione di dicembre, quando il tema sarà affrontato in sede europea. Le associazioni antirazziste di Catania si stanno muovendo per preparare un esposto in procura per evidenziare la commissione di reati e per fare chiarezza sulle responsabilità penali. La stessa scena che ha portato sul banco degli imputati l’ex ministro Matteo Salvini, sotto accusa a Palermo perché nel 2019 bloccò lo sbarco di 140 persone dalla Open arms. Piantedosi era capo di gabinetto. Ma questa volta la firma l’hanno messa in tre.
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