- Il partito del Cav eleggerà all’unanimità presidente il ministro degli Esteri. Sarà un traghettatore verso le europee, in attesa di capire il futuro della minoranza interna e di Fascina
- Dall’area Ronzulli arrivano garanzie sul sì a Tajani presidente traghettatore, ma qui si fermano. Quando e se ci si arriverà, al congresso la partita per la leadership sarà apertissima, è la riflessione.
- Per ora, tuttavia, c’è spazio solo per un obiettivo: in vista delle europee, FI intende far pesare tutto il suo ruolo di partito membro del Ppe.
Blindato e sobrio. Il consiglio nazionale di Forza Italia si riunisce sabato a Roma, nel verde di Monte Mario dell’hotel Parco de’ principi e alle 9.45 è attesa la relazione del protagonista della giornata, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che sarà eletto presidente del partito. Un presidente «traghettatore» però: con il compito difficile di non far affondare la nave fino alle europee del 2024, dopo le quali si svolgerà un vero congresso fondativo che dovrebbe dare nuova spinta alla fase post-Berlusconi del partito.
Che il prescelto per ricoprire il ruolo che fu del fondatore sia Tajani, non ci sono mai stati dubbi. L’obiettivo del consiglio – 213 consiglieri, che discuteranno a porte chiuse – è quello della cifra tonda: eletto all’unanimità, per dare il segno che il partito è unito nel nome del Cavaliere. Questo significa con la convergenza anche di quella che è ormai la minoranza interna, capitanata dalla capogruppo al Senato Licia Ronzulli.
Il risultato è più che alla portata: su Forza Italia ancora in lutto per la morte del leader è calato il velo della pace, almeno esteriormente. Tutti sono coscienti del momento delicatissimo e del fatto che ogni mossa inconsulta può provocare un terremoto, ogni strappo rischia di dare il via all’esodo verso altri partiti della maggioranza.
Proprio per questo Tajani si sta muovendo con circospezione: il dialogo con i ronzulliani procede, garantiscono fonti interne al gruppo, e il ministro degli Esteri ha anche anticipato nei giorni scorsi che ci saranno dei nuovi ingressi nel partito. provenienti «dal centro e dal centrosinistra», ha detto. «Fa parte del nuovo progetto di rilancio», viene spiegato.
Eppure, nomi ancora non ce ne sono: l’ex ministra Elena Bonetti di Italia Viva, tra le indiziate per il passaggio, ha smentito categoricamente cambi di casacca. L’altro nome possibile era quello di Ettore Rosato, sempre di Iv, ma anche da lui è arrivato il no. Eppure i fastidi dentro il partito di Matteo Renzi sono forti, soprattutto dopo il fallimento della fusione con Azione.
Dall’area Ronzulli arrivano garanzie sul sì a Tajani presidente traghettatore, ma qui si fermano. Al congresso la partita per la leadership sarà apertissima, è la riflessione, e «quasi certamente si svolgerà prima delle europee».
La famiglia Berlusconi
I fronti interni, però, non sono finiti qui perchè il partito azienda continua ad avere sopra di sè la famiglia Berlusconi. Per vincolo morale ma anche e soprattutto economico, visto che su FI pendono 90 milioni di debiti garantiti ora dagli eredi del Cavaliere che quindi hanno una golden share imprescindibile sul futuro della creatura politica del padre.
In settimana si è consumato un primo attrito: nel trigesimo dalla morte di Berlusconi i figli hanno fatto sapere che si sarebbe tenuta una sola messa di ricordo, privata e nella cappella della villa di Arcore. Peccato che Licia Ronzulli ne avesse organizzata una anche a Roma, nella chiesa di Sant’Eustacchio dietro al Senato. Screzio volontario o decisione in buona fede?
Dentro FI viene avvalorata la seconda tesi e ad avvalorarla è stata la partecipazione alla messa di Roma di Gianni Letta, che avrebbe forse preferito essere a villa San Martino con i parenti stretti. La sua presenza, però, forse incentivata proprio dai figli di Berlusconi, è servita a stemperare pettegolezzi e illazioni di una riunione di cordata tra i banchi della chiesa, che hanno visto la presenza anche di alcuni ministri azzurri e di eletti di altri partiti.
In questo clima di tensione, la convitata di pietra al consiglio di sabato è Marta Fascina. L’ultima compagna di Berlusconi non si è più fatta vedere in aula alla Camera (di cui anche prima non era però assidua frequentatrice), formalmente non ha alcun ruolo riconosciuto nel partito e sabato non sarà presente all’hotel Parco de’ Principi.
Negli ultimi mesi prima della morte del leader ne era stata il factotum anche politico, ma il ricovero al San Raffaele le ha impedito di portare a termine la collocazione come coordinatori dei suoi uomini di fiducia: il sottosegretario Tullio Ferrante e i lombardi Alessandro Sorte e Stefano Benigni. Ora l’interrogativo, dunque, è quale sarà il suo ruolo e come eventualmente verrà accolta nella dinamica del partito.
Per ora, tuttavia, c’è spazio solo per un obiettivo: in vista delle europee, FI intende far pesare tutto il suo ruolo di partito membro del Ppe. Non a caso sabato ci sarà anche del presidente del Ppe Manfred Weber, con cui la premier Giorgia Meloni sta intessendo rapporti.
La sua presenza servirà a rilanciare il ruolo europeo di FI e a dare forza alla leadership di Tajani, nella speranza di non sparire sotto il 4 per cento prima del maggio 2024. Una paura più che fondata visto che. dopo la fisiologica crescita sull’onda dell’affetto al Cav, ora i sondaggi danno il partito in calo al 7,5 per cento e un travaso di voti verso la Lega, che cresce dello 0,7 per cento.
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