- Nella settimana dell’improbabile discussione parlamentare sul fine vita, nell’aula Paolo VI anche papa Francesco ha deciso di non toccare direttamente il tema. Nelle versioni in lingua della sua catechesi i termini «eutanasia» e «suicidio assistito» sono espliciti.
- Il pontefice ha scelto una terza via tra le posizioni intransigenti pro-vita delle gerarchie cattoliche e le aperture al dibattito sul fine vita palesate di recente dalla Civiltà Cattolica.
- Nel dibattito pubblico sull’eutanasia, i cattolici appaiono sempre più divisi. Il non-detto del papa esprime il limbo in cui è sospesa la legge sul fine vita, che ora rischia di dividere non solo il parlamento, ma anche la chiesa.
Nella settimana in cui il parlamento ha rinviato ancora una volta la discussione delle norme sul sostegno medico ai pazienti affetti da malattie irreversibili e intollerabili che scelgono liberamente e autonomamente di morire, nell’aula Paolo VI anche papa Francesco ha deciso di non toccare direttamente il tema.
Il pontefice, svolgendo una catechesi incentrata sulla «buona morte», quella di san Giuseppe, ha accuratamente evitato di menzionare le parole «eutanasia» e «suicidio assistito».
Parlando delle cure palliative nelle ultime fasi di vita del paziente, papa Francesco ha detto: «Dobbiamo però stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano a uccidere. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio».
Parole che potrebbero passare per una condanna netta dell’eutanasia, se non fosse che nelle versioni in francese e in inglese del discorso, ad esempio, compaiono le parole «euthanasie/euthanasia» e «suicide assisté/assisted suicide» proprio nel punto in cui il pontefice ha parlato genericamente di «uccidere» e «qualsiasi forma di suicidio». Sul portale vaticano le stesse parole non sono presenti nella versione estesa della catechesi che è stata pubblicata, ma fanno capolino in calce, nella sezione Sommario.
Tra i due gesuiti
L’eutanasia tocca sensibilità divergenti nel mondo cattolico, fra chi sostiene la difesa della vita di un malato anche quando costui la reputa intollerabile e chi, al contrario, ritiene un gesto di pietà la morte indotta in una persona tenuta in vita con trattamenti di sostegno vitale.
Papa Francesco ha scelto la terza via, lasciando che altri esponenti della chiesa prendessero posizione sul tema. Nelle stesse ore della catechesi papale in aula Paolo VI, infatti, al convegno Eutanasia: vite da scartare? Il dovere della società di fronte alla sofferenza organizzato da Pro Vita & Famiglia Onlus, veniva letta la lettera inviata dal prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale e gesuita Luis Ladaria, già noto per aver firmato il documento che negava la benedizione delle unioni omosessuali: «Negli ultimi anni abbiamo assistito alla promozione, a livello legislativo internazionale, dell'eutanasia e del suicidio assistito, fatto che rappresenta un vero cambiamento di paradigma nella cura dei malati nelle fasi terminali della vita».
Parole nette, ma che chiudono alla possibilità di un dibattito, come invece prospettava lo scorso gennaio su La Civiltà Cattolica un altro gesuita, il teologo Carlo Casalone. Bergoglio si pone in mezzo ai suoi due confratelli, lasciando la possibilità d’inserire o meno l’eutanasia entro la tanto più generica quanto fumosa espressione «cultura dello scarto», come emerge dal discorso tenuto all’assemblea plenaria della pontificia accademia per la Vita lo scorso settembre.
Cattolici divisi
Nel dibattito sull’eutanasia, i cattolici appaiono sempre più divisi. Se di recente 70 associazioni cattoliche hanno espresso il loro dissenso nei confronti della scelta del ministro della Salute Roberto Speranza di affidare ai comitati etici regionali il compito di rilasciare i pareri sulle procedure di fine vita, aumentano i cattolici che guardano all’eutanasia da una prospettiva opposta.
L’Associazione Luca Coscioni ha dato molto risalto alla storia di Daniela malata oncologica, morta in attesa dell’autorizzazione al suicidio assistito. Sua sorella Verdiana dice: «Aveva appena iniziato le pratiche per la richiesta di suicidio assistito per paura dell’agonia finale, quando chiesi conforto a un parroco che mi aiutasse a comprendere. È stato lui a dirmi di non giudicare mia sorella, di starle vicino perché solo lei avrebbe potuto capire quanto dolore stesse sopportando. Non smetterò mai di ringraziare questo sacerdote, poiché mi ha aperto gli occhi e la mente, permettendomi di abbracciare la scelta di mia sorella».
Da allora Verdiana continua a confrontarsi con i cattolici della sua età: «Sono cattolica praticante. E dico che, nello stato di salute di cui godo, non penserei mai all’eutanasia. Ma nessuno può impedire a un essere umano di poter decidere della sua vita liberamente. Molti cattolici come me comprendono e appoggiano l’eutanasia, che non significa essere obbligati ad attuarla». Così, il non-detto di papa Francesco esprime il limbo in cui è sospesa la legge sul fine vita. Che ora rischia di dividere non solo il parlamento, ma anche la chiesa.
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