Il parroco del parco Verde di Caivano è passato dalle battaglie contro i roghi tossici agli applausi alla premier. Ma il nuovo protagonismo del don ha diviso il movimento. Le accuse incrociate nella chat del comitato
L’incontro di don Maurizio Patriciello con Giorgia Meloni è stato decisivo per saldare un rapporto che ha mandato al macero il comitato anticamorra e ha spaccato il fronte antimafia campano. In una chat infuocata con giornalisti, attivisti e cittadini si è consumato uno strappo che ha sancito l’addio del prete simbolo. Da un lato i duri e puri, quelli che «con la destra non si parla», dall’altra quelli che «contano i fatti» con buona pace dell’appartenenza.
Tra questi ultimi c’è lui, Patriciello, predicatore al parco Verde di Caivano, che è diventato testimone dell’annunciato impegno del governo delle destre per quella landa negletta e dimenticata anche da Dio. Quel Dio che, ogni santa domenica, il prete ha provato a evocare, chiamare, pregare per dare speranza e presente alle anime di quel fazzoletto di cemento e spaccio, pensato dalla politica e governato dai clan di camorra, gli uomini dei Moccia, i signori della malavita che lì al parco Verde non hanno mai messo piede.
Padre Maurizio, come lo chiamano i più, è presto diventato un simbolo, ancor di più dopo l’orrore dello stupro di due cuginette nella piscina-fantasma, immagine perfetta del degrado e dell’abbandono di quell’angolo di mezzogiorno. Ospitate tv, collegamenti radiofonici, incontri a palazzo Chigi, la difesa inattesa perfino del ministro-cognato, Francesco Lollobrigida, che avrebbe chiesto una “fermata ad personam” del Frecciarossa su cui viaggiava proprio per arrivare in tempo a Caivano e inaugurare il parco realizzato dall’arma dei carabinieri.
«I topi si sentono stanati, ma sono convinto che torneranno, topi che hanno ballato per tanti anni, ora forse sentono che qualcosa sta cambiando davvero», ha detto Patriciello, a settembre, dopo l’ennesima stesa, lui che vive sotto scorta. La vicinanza a Meloni – si sentono continuamente con la presidente che si informa su tutto – l’appoggio al decreto Caivano, giudicato dalla maggioranza del comitato anticamorra una deriva securitaria e nulla più, sono stati i motivi dello strappo.
L’operazione della destra non riguarda solo questo luogo, ma l’intero fronte antimafia, alcuni di quelli che sui territori hanno visto le macerie del potere prima di Forza Italia e poi del Pd e che ora hanno trovato una sponda. Una sponda perché Fratelli d’Italia ha bisogno di costruire reti, collegamenti sui territori e può farlo perché, in alcule zone del paese, veste ancora l’abito del partito antisistema che non può essere chiamato in causa per i disastri del passato.
Questo anche se la classe dirigente di FdI in Campania è un incrocio tra reduci berlusconiani, ex missini e occupanti del carro del vincitore. Ma in regione il protagonista politico assoluto è il presidente Vincenzo De Luca, che a Caivano beve caffè, dimentica le sue promesse e assegna patenti di credibilità a questo o quello tra un insulto e l’altro ai vertici del Pd. A don Patriciello, pastore di anime, in realtà, importa poco di bandiere e militanza, di più importano le risposte che la politica promette e saprà dare. Anche a costo di essere tacciato di «tradimento».
Ed è quello che è accaduto nella chat del comitato anticamorra dove sono stati ripescati vecchi incontri e mani strette con Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno, che in terra campana ancora ricordano saltellare insultando napoletani e Meridione.
La terra dei fuochi
Ma chi è padre Maurizio? Lo chiamano padre «anticamorra», ma da quelle parti, e non solo, tutti lo conoscono per il suo impegno contro i fuochi tossici che hanno avvelenato quel territorio. Lì i nomi dei camorristi si sono sempre fatti sottovoce, i clan sono arrivati perfino a piazzare le telecamere a un passo dalla chiesa per evitare eventuali blitz, lui ha sempre denunciato abbandono e smaltimenti illegali. Un miracolo laico visto che a quelli religiosi, in questo territorio, si fa fatica a credere.
Negli anni padre Maurizio è diventato un riferimento, anni d’isolamento, lacrime e dolore. Nella stagione del rancore e del pianto lui era lì con la sua tonaca a consolare le madri che seppellivano i figli, ammazzati da tumori, che a grappolo colpivano quelle terre. Le sue erano parole ferite che dovevano accarezzare una comunità lacerata e che subiva l’onta di un governo nazionale che sminuiva.
I giornali, alcuni, sfottevano chi parlava di nesso causa effetto tra discariche e aumento dell’incidenza tumorale. La chiamavano la «terra dei fuochi fatui», lui era il predicatore che malediva i pomodori dall’altare, credeva ai pentiti come Carmine Schiavone (votati al delirio nell’ultima fase) ai quali rivolgeva appelli accorati invocando «coraggio e verità». Da padre, in realtà, ha provato a parlare con tutti.
Una volta chi scrive lo ha fatto sedere attorno a un tavolo con uno degli artefici del sistema del crimine ambientale campano, Nunzio Perrella. «Sono addolorato nel constatare ancora una volta lo sciupìo di una vita. Ma la speranza che non tutto è perduto mi rincuora», diceva. Un prete che lì, in quella parrocchia, ha accolto tutte e tutti. Non sempre è bastato a creare consenso e partecipazione. C’era altro che cresceva e non era facile da estirpare, la malapianta. «Che stai facendo?», chiedeva a un ragazzo sul motorino. E lui: «Questa mattina mi sono lavato dopo nove giorni, mi sento il male dentro», rispondeva. Aveva la faccia stanca, spenta. Quasi morente. Si era bucato la mattina, appena scappato da una comunità. Anche a questi parlava e parla padre Maurizio. La Roma dei palazzi del potere, dal parco Verde, sembra un altro mondo.
Ogni tanto arrivavano i politici per le passerelle, arrivavano con le auto blu, la loro utilità era quella di far pulire al mattino le aiuole dei viali, i giornalisti accorrevano per raccogliere le dichiarazioni del ministro di turno. Padre Maurizio ascoltava, parlava e benediva anche la miriade di amenità che lui e il Cristo appeso alla croce hanno udito in questi anni. La colpa delle morti per tumore, oltre la media nazionale, era degli stili di vita, dell’alimentazione e baggianate simili.
La spaccatura
Dopo l’orrore dello stupro, Meloni ci ha messo la faccia e ha incrociato quella di padre Maurizio. Due obiettivi: promettere le risposte che lì nessuno ha dato e, indirettamente, aprire una breccia nel fronte antimafia. Un’operazione che non passa solo da padre Maurizio, ma anche da Marilena Natale, finita sotto scorta per le sue cronache, i suoi racconti e i suoi strali contro i camorristi avvelenatori.
Natale è diventata consulente della commissione bicamerale d’inchiesta sulle mafie, guidata dalla meloniana Chiara Colosimo. Anche lei era parte del comitato anticlan, animato e fondato da Sandro Ruotolo, giornalista che gira scortato e oggi è un esponente del Pd. «Quel comitato prescindeva da destra e sinistra, è cresciuto nella chiesa. Padre Maurizio ha parlato sempre con le istituzioni, questi di destra stanno facendo le cose, sgomberano gli occupanti dalle case e daranno il centro sportivo alla comunità non ai privati. Io non prendo un euro, tra poco uscirò con un libro con la prefazione di Federico Cafiero De Raho (ex procuratore antimafia e oggi deputato M5s, ndr). A me interessano le risposte, non le bandierine e le candidature, io andai da Giuseppe Conte così come da tutti i politici di sinistra, ora ci sono questi di destra che ascoltano quello che diciamo. Che devo fare, non ci parlo? Ma stiamo scherzando?», dice Natale.
Il comitato aveva ottenuto qualche risposta come la tenenza dei carabinieri diventata stazione, ma è una pagina vecchia. Ora ne è nato un altro dove Patriciello, Natale e altri, non ci sono. «A Napoli esiste una questione minorile, ma pensare di risolverla con un aumento delle pene senza intervenire sulle cause del degrado economico e sociale è tempo perso. Siamo convinti cioè della necessità di ridurre le diseguaglianze economiche e sociali», scrivono nel loro appello Ruotolo e il medico Paolo Siani, già deputato Pd (fratello di Giancarlo, cronista ucciso dalla camorra ndr) al quale hanno aderito decine e decine di realtà da quella cattolica, anche il vescovo di Napoli, a quella associativa, da quelle sindacali all’unione industriale. Ma il prete diventato simbolo di quel parco, di quel territorio non c’è, padre Maurizio si fida di Meloni. E per questo è stato scomunicato dal fronte ufficiale.
Lui ha comunque detto, chiaro e tondo, che è pronto anche a fischiare, ma fino a questo momento per la presidente solo applausi «perché continua a occuparsi del parco Verde». Applausi che hanno terremotato un comitato e aperto una crepa nel fronte anticamorra. Al momento è il primo risultato tangibile del governo, ora si attendono gli altri.
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