Prima incontra l’ex ministro Roberto Gualtieri, e con lui «concorda» sul fatto che le candidature precipitose non fanno bene né a vincere le elezioni né al Pd. Poi, nel pomeriggio, in contropiede, nomina i suoi due vicesegretari. Sono l’europarlamentare Irene Tinagli, che avrà funzioni di vicaria, e l’ex ministro Peppe Provenzano. Nel primo caso è un colpo di scena rispetto ai nomi di deputate che circolavano, rigorosamente targati dalle proprie correnti.

I vice

Tinagli è un’economista liberale «nativa» Pd che però nel 2015 ha lasciato per Scelta civica, la formazione di Mario Monti. Poi è rientrata e oggi presiede la Commissione per i problemi economici e monetari del parlamento europeo, postazione considerata strategica per il Pd e per l’Italia. Anche Provenzano è nel Pd dalla fondazione, anche lui economista, già vicedirettore di Svimez, Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, ha presieduto il gruppo di lavoro dei ministri del Partito socialista europeo ed è stato ministro per il Sud dell’ultimo governo Conte.

Le nomine dovranno essere votate alla prossima assemblea nazionale. I due vice sono molto diversi, ma dal Nazareno viene assicurato che il criterio non è stato il «ma anche» di marca veltroniana. Con entrambi, negli scorsi anni, Letta ha stretto rapporti di stima e collaborazione. Tinagli siede nel board della Scuola di politiche, Provenzano, che è vicino al ministro Andrea Orlando, vi ha tenuto seminari.

Letta inizia a fare scelte autonome rispetto alle aspettative delle correnti. Infatti la quantità delle calde felicitazioni da parte del gruppo dirigente cala.

Roma

Ma è sul caso Roma che Letta prende la decisione più ruvida. E risolve la prima delle bombette che il suo ingovernabile partito gli ha lanciato fra i piedi. Martedì erano partiti i boatos sulla imminente candidatura a sindaco di Roma di Gualtieri, sostenuto da tempo da Claudio Mancini, deputato e notabile del Pd laziale. Voci, finite sui giornali, troppo insistenti per non essere suggerite da chi ha fretta di chiudere la partita sull’ex ministro. Forse per evitare che il nuovo segretario si convinca di altre soluzioni.

In città, non è un mistero, circola il nome di Nicola Zingaretti. Dal Nazareno era filtrata irritazione. Il segretario è eletto da pochi giorni, le amministrative ci saranno in ottobre: tutta questa fretta non c’è. Ieri mattina l’incontro con Gualtieri. Alla fine dal Nazareno viene riferito che segretario e papabile candidato sono entrambi «irritati» per le «inutili fughe in avanti» sulla candidatura. Letta deciderà ad aprile con il Pd romano.

Gualtieri spiega di avere ancora bisogno «di tempo e riflessione». Il portavoce di Liberare Roma, Amedeo Ciaccheri, che siede nel tavolo della coalizione cittadina, avverte che comunque «per scegliere il candidato servono le primarie».

Il segretario regionale Pd Bruno Astorre conferma. E Andrea Casu, segretario cittadino, giura che «la scena è meglio dei retroscena che leggiamo». «Certe candidature spuntano come funghi», ironizza Monica Cirinnà, altra possibile candidata. «Anche la persona più autorevole, per decisioni comuni prese, deve partecipare alle primarie», dice Goffredo Bettini.

Alla fine chi voleva blindare Gualtieri rischia di averlo azzoppato. E Zingaretti? Zingaretti nega l’intenzione di candidarsi. Decisamente. O quasi: «Non correrò per diventare sindaco di Roma», dice al settimanale Oggi.

Dopo essere andato da D’Urso andrà all’Isola dei famosi?, gli viene chiesto. «È più facile che diventi sindaco di Roma», è la risposta. Una battuta. O quasi.

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