Rispondendo a un’interrogazione del Pd, il ministro dell’Economia, che è anche a capo della struttura che controlla Eni, a sua volta padrona dell’agenzia Agi, si è chiesto se sia il caso che una partecipata possegga un’agenzia di stampa
Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, «il vero quesito da porsi è se sia corretto che società partecipate dallo Stato posseggono un'agenzia di informazione, poiché questo potrebbe alimentare dubbi sulla sua effettiva libertà». Il suo ministero partecipa al controllo di Eni, che a sua volte possiede Agi: l’agenzia di stampa sarebbe secondo insistenti indiscrezioni di stampa oggetto d’interesse di Antonio Angelucci, imprenditore nella sanità, editore e parlamentare della Lega.
Considerato anche che è già proprietario di tre testate (di cui una beneficia dei fondi pubblici per l’editoria), la notizia ha destato molto scalpore, tanto da spingere il Pd a chiederne conto al ministro che tecnicamente sovrintende alle decisioni di Eni. I giornalisti di Agi, intanto, hanno già scioperato per due giorni e hanno deciso di incrociare di nuovo le braccia per altri due. Ora ci si chiede se sia opportuno che la (presunta) trattativa continui, e che una partecipata parzialmente controllata dal governo ceda un asset a un parlamentare della maggioranza che sostiene quello stesso governo. A giudicare dalla sua risposta, in ogni caso, Giorgetti sembrerebbe avere molti più dubbi sull’indipendenza di un’agenzia di proprietà pubblica che di una in mano a un privato.
Secondo il ministro, sarebbe «in fase di valutazione una manifestazione di interesse ricevuta da un soggetto terzo, nel contesto di un’interlocuzione preliminare e qualsiasi indiscrezione stia emergendo sull'ipotesi di cessione o sui relativi termini è da ritenersi infondata, poiché prematura rispetto allo stato del confronto con la controparte e della relativa valutazione». In ogni caso, ha aggiunto Giorgetti, il suo ministero non sarebbe deputato a rispondere sull’eventuale cessione dell’Agi, che per altro beneficia di denaro garantito alle agenzie da bandi di palazzo Chigi: «Seppure il Mef detenga una partecipazione in Eni di circa il 30%, ricordo che a questa partecipazione non corrisponde alcun potere su decisioni come questa di natura gestionale».
«Massimizzare il valore»
Per Giorgetti, insomma, la detenzione da parte dell’Eni e quindi del suo ministero di Agi non è un aspetto positivo, anzi. Il rischio sarebbe un’eventuale influenza dell’azionariato sul lavoro giornalistico: «Io posso garantire che non c'è stata e non c'è nessuna influenza, ma non potete chiedere a me conferme né per il passato né per il futuro». Insomma, forse meglio affidare l’Agi a un privato, visto che il ministero potrebbe avere ricadute positive soltanto da un’eventuale vendita.
«In senso stretto il Mef come azionista dell’Eni non ha un interesse a detenere alcuna forma di partecipazione in un’agenzia di stampa, al limite, potrebbe esigere la massimizzazione del valore economico in merito a una eventuale alienazione», ha detto Giorgetti.
Su quale sia il futuro dell’agenzia, in caso di vendita, il ministro non si è voluto esporre. «Tenuto conto anche del fatto che le agenzie di stampa sono assegnatarie di corrispettivi da parte dello Stato, le procedure in tal senso devono sia soddisfare i requisiti di trasparenza sia essere competitive, sia garantire i livelli occupazionali. Altri aspetti inerenti conflitti di interesse, concentrazioni di potere e incompatibilità parlamentari non attengono alle competenze di questo ministero».
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