- Oggi tanti diritti e libertà possono sembrarci scontati. Quando siamo nati, esistevano già da molti anni, e potremmo pensare che sia così da sempre, ovunque.
- La Costituzione, nata dalla Resistenza, sancisce dei principi che sono l’opposto di quelli che c’erano durante il fascismo, quando "democrazia" era considerata una parolaccia.
- La forza di una comunità si misura, invece, dalla sua capacità di stabilire legami di solidarietà e di prendersi cura del bene comune, che non comprende solo cose visibili o tangibili.
La Costituzione è la regola delle regole, la nostra Carta dei valori, il progetto di società che vogliamo realizzare.
Oggi tanti diritti e libertà possono sembrarci scontati. Quando siamo nati, esistevano già da molti anni, e potremmo pensare che sia così da sempre, ovunque.
E invece... In tanti paesi del mondo, proprio in questo momento, ci sono persone imprigionate per le loro idee, ridotte in schiavitù, discriminate per la loro etnia o religione di appartenenza. Paesi in cui la donna è sottomessa all’uomo, e da sola non può decidere nulla, non è libera di uscire con chi vuole, non può nemmeno scegliere come vestirsi. Paesi in cui gli omosessuali sono condannati a morte.
Tutti quei diritti che oggi ci sembrano ovvi, come andare a scuola, poterci sposare con la persona che amiamo, scegliere un mestiere, esprimere liberamente le nostre idee, leggere i libri che vogliamo, sono invece una conquista.
La Costituzione, nata dalla Resistenza, sancisce dei principi che sono l’opposto di quelli che c’erano durante il fascismo, quando "democrazia" era considerata una parolaccia. Ma non saremmo mai arrivati a darci una questa Costituzione senza la lotta partigiana, senza il sacrificio di tante donne e tanti uomini che hanno combattuto il fascismo per riconquistare la libertà. Molti diritti civili, poi, sono frutto di battaglie ancora più recenti. E ne mancano ancora altri da conquistare. Ma non è detto che, una volta acquisiti, i diritti siano assicurati per sempre. Come nel gioco dell’oca, capita di arretrare di qualche casella, o addirittura di tornare al punto di partenza. E può succedere che, quasi senza accorgersene, Paesi democratici ripiombino nella dittatura. Ciò avviene quando i cittadini sono pigri, distratti e indifferenti, quando non si informano, non leggono e non studiano, quando si lasciano sedurre dagli slogan o dalle menzogne dei demagoghi, specialisti nel promettere soluzioni semplici e veloci a problemi complessi.
Per funzionare, la democrazia ha bisogno di cittadini consapevoli e responsabili. Non basta avere dei diritti. Per poterli far valere, è necessario conoscerli. Perciò dobbiamo studiare la Costituzione, fin da bambini. Leggerla, farcela amica. Impegnarci per la sua piena attuazione. Viva la Costituzione!
Andrea Franzoso
Il bene comune
Di chi è il paesaggio di una città, di una riviera, di una regione, di un paese? Di chi sono il teatro Massimo di Palermo, le aree archeologiche di Pompei ed Ercolano, la cattedrale di Trani, la biblioteca Angelica di Roma, l’ospedale Meyer di Firenze, la Pinacoteca di Brera? Di chi è il Pollino, la Val Trebbia, il lago di Carezza o il Piave? Di chi è il mare? E l’aria che respiriamo?
Siamo abituati a considerare nostre solo le cose che ci appartengono direttamente, perché le abbiamo comprate o perché ce le ha regalate qualcuno. In realtà tutti noi possediamo qualcosa di molto più grande che non si può quantificare. È il bene comune e comprende tutto ciò che non è di proprietà dei singoli, ma appartiene a tutti i membri di una comunità, indistintamente.
Questo significa che possediamo ricchezze inestimabili, come siti archeologici, musei, opere d’arte, palazzi storici, fiumi, laghi, boschi, spiagge, valli e montagne, ma anche che abbiamo una grossa responsabilità. Il bene comune, infatti, è come un grande patrimonio che riceviamo in eredità da chi è vissuto prima di noi e che abbiamo il dovere di custodire per chi verrà dopo.
Purtroppo le ultime generazioni si sono dimostrate miopi ed egoiste.
Pensiamo, per esempio, all’inquinamento industriale. Grandi e piccole aziende hanno sfruttato in modo dissennato le risorse del pianeta per aumentare la produzione e il profitto. I governi degli stati hanno lasciato fare. E le conseguenze oggi sono drammatiche: foreste rase al suolo, falde acquifere e terreni contaminati da sostanze nocive, livelli altissimi di gas tossici nell’aria, mari e oceani inquinati dal petrolio e dalla plastica.
Oppure, pensiamo alla devastazione del paesaggio, un fenomeno a cui tristemente in Italia abbiamo fatto l’abitudine: l’abusivismo edilizio, la cementificazione sfrenata del territorio, l’agricoltura intensiva, lo sfruttamento delle bellezze artistiche. Una città come Venezia è diventata una sorta di parco dei divertimenti per turisti, dove è consentito persino arrivare davanti a piazza San Marco a bordo di una grande nave da crociera.
Le ragioni di questi disastri sono molteplici. Innanzitutto gli interessi economici dei singoli hanno spesso prevalso su quelli generali. E poi è mancato il senso civico, ovvero il sentimento di appartenenza a una comunità. Se gli individui hanno a cuore soltanto la proprietà privata e il loro tornaconto personale, se non si sentono parte di una collettività, ciò che è pubblico finisce per essere considerato di nessuno, e dunque oggetto di saccheggio.
La forza di una comunità si misura, invece, dalla sua capacità di stabilire legami di solidarietà e di prendersi cura del bene comune, che non comprende solo cose visibili o tangibili. Tra le ricchezze condivise ci sono, infatti, la salute, l’istruzione, la cultura, l’uguaglianza, la libertà, il lavoro e molto altro.
Il bene comune, dunque, è il fondamento della democrazia.
La Costituzione stessa è un bene comune, perché è lo strumento che sancisce e protegge tutti i nostri diritti.
Essere cittadini in una democrazia vuol dire partecipare al funzionamento della comunità, rispettare e proteggere il bene comune, per sé stessi, per le persone che vivono intorno a noi, e per quelle che nasceranno in futuro.
Salvatore Settis
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