Il sottosegretario alla Giustizia Ferraresi trasforma la spedizione del 6 aprile in un’azione legittima. Ma la ricostruzione ufficiale contraddice le testimonianze e le riprese video. Il ministro Bonafede tace
- Il 6 aprile, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, un contingente di agenti della polizia penitenziaria, proveniente da altri istituti, è entrato nel padiglione Nilo e ha trasformato la perquisizione in una spedizione punitiva.
- I video, agli atti dell’inchiesta, mostrano minuto per minuto l’azione fuori da ogni regola del battaglione di agenti.
- Finalmente dopo il lungo silenzio, il governo ha dovuto prendere una posizione ed è stata chiarissima. Il sottosegretario Vittorio Ferraresi ha definito quella perquisizione «doverosa azione di ripristino di legalità e agibilità dell'intero reparto».
Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, non rilascia dichiarazioni alla stampa sulle violenze in carcere, ma il governo ha dovuto rispondere alla Camera sui pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, avvenuti il 6 aprile scorso. Il caso è stato sollevato da Riccardo Magi, deputato di +Europa-Radicali, e Manfred Schullian della Südtiroler Volkspartei, che hanno presentato una interpellanza urgente al ministro.
La risposta del sottosegretario Vittorio Ferraresi è stata che quel 6 aprile si è svolta un’azione di ripristino della legalità. Si è dimenticato di aggiungere che la legalità è stata ripristinata a colpi di manganello. «La verità è che siamo di fronte a dei fatti non solo gravissimi, ma di portata eversiva rispetto alla nostra Costituzione, se confermati. Il ministro non ha mai avuto la sensibilità istituzionale di condannare e prendere le distanze dai fatti, anche utilizzando il condizionale», dice Riccardo Magi.
La spedizione
Il 6 aprile, un contingente composto da agenti della polizia penitenziaria provenienti da vari istituti campani è entrato nel carcere Francesco Uccella e ha trasformato la perquisizione in una spedizione punitiva. I video di sorveglianza, dei quali si è scoperta l’esistenza grazie a riscontri e testimonianze, mostrano minuto per minuto l’azione fuori da ogni regola del battaglione di agenti. Gli indagati sono circa un centinaio e le immagini sono nei fascicoli della magistratura. Detenuti inginocchiati, schiacciati contro il muro, finiti con costole rotte e traumi di ogni genere. Tra i picchiati c’era anche un recluso disabile. Dopo un lungo silenzio, il governo ha dovuto prendere una posizione ed è stata chiarissima. Il sottosegretario Vittorio Ferraresi, rispondendo all’interpellanza, ha ricostruito tutti i passaggi della vicenda e ha notato che c’è una inchiesta in corso, coperta da segreto d’indagine, avviata dalla procura locale dopo le denunce dei garanti dei detenuti, dall’associazione Antigone e dai reclusi. Esaurita la premessa, il sottosegretario ha ripercorso la vicenda rimuovendo scrupolosamente quanto è stato scoperto e denunciato nelle scorse settimane in queste pagine. Ha ricordato che il 5 aprile, a seguito della notizia di alcuni casi di positività in uno dei reparti, in un padiglione si è accesa una protesta che Ferraresi definisce «violenta» . «Gli stessi, ( i detenuti, ndr) attraverso la demolizione di numerose suppellettili e arredi dell’amministrazione (tra cui brande, tavoli e sgabelli), e non solo, si barricavano all’interno delle sezioni di allocazione, impedendo ogni accesso al personale penitenziario», ha detto. Poi ha aggiunto: «Il comandante ha richiesto ausilio di risorse, avendo ricevuto minacce di ritorsione da parte dei detenuti rivoltosi qualora si fosse fatta irruzione per il doveroso ripristino dell’ordine e della sicurezza». In merito alla perquisizione straordinaria, debordata in pestaggi e violenze, è arrivato a dire che è stata una «doverosa azione di ripristino di legalità e agibilità dell’intero reparto». Nella stupefacente ricostruzione, il sottosegretario ha raccontato di detenuti che opponevano resistenza e di dodici reclusi sanzionati.
Le domande senza risposta
L’ultimo passaggio preso in esame è la notifica del decreto di perquisizione a carico di 57 agenti, avvenuto l’11 giugno. Il sottosegretario ha riferito della protesta degli agenti e della tensione dovuta all’identificazione del personale civile e di polizia «alla presenza di familiari e dei passanti». La risposta è terminata qui perché poi il sottosegretario si è occupato di fatti accaduti a metà giugno quando dopo una rivolta è intervenuto il Gom, il gruppo operativo mobile, con il trasferimento di alcuni detenuti. Nessuna indagine interna è stata aperta perché, ha riferito il sottosegretario, si attende di leggere gli avvisi di garanzia richiesti alla procura e non un nulla osta che basterebbe all’apertura di una verifica interna.
In questa ricostruzione manca infine un particolare cruciale. Ferraresi ha completamente rimosso la visita del magistrato di sorveglianza che, il 6 aprile, ha visitato il carcere e ha definito la situazione «sotto controllo». Durante la visita del magistrato Marco Puglia non è accaduto nulla di grave nonostante la rivolta «violenta» avvenuta appena il giorno prima: l’ha definita così il sottosegretario. Nessuna particolare misura di tutela è stata predisposta per quella visita. Non solo.
Marco Puglia, intervistato dal tg regionale della Rai, nella mattina del 6 aprile, ha detto: «Il profilo dell’ordine e della sicurezza è sotto controllo, c’è stata solo una protesta rientrata». Il sottosegretario parla di una violenta manifestazione, di un comandante minacciato, e il giorno dopo un magistrato di sorveglianza riferisce in tv di una situazione miracolosamente sotto controllo?
A questa domanda se ne aggiunge un’altra: si può definire una spedizione punitiva, con pestaggi e violenze, una doverosa azione di ripristino di legalità? Per il governo sembra di sì.
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