La legge sul fine vita è stata incardinata nelle commissioni Giustizia e Sanità del Senato, ma la strada per la sua approvazione è in salita: per esaminare il testo sono stati scelti quattro relatori, un caso unico nella storia parlamentare degli anni più recenti. In più, uno di questi è Simone Pillon, da sempre ostile alle pratiche eutanasiche
Alla fine, i relatori della legge sul fine vita al Senato saranno quattro, due per la commissione Giustizia e due per la Sanità: Simone Pillon per la Lega, Alessandra Maiorino del M5s, Caterina Biti del Pd e Maria Rizzotti di Forza Italia.
Una scelta, quella di quattro relatori di cui uno notoriamente ostile alle pratiche eutanasiche e uno dei principali oppositori della legge Zan sul contrasto all’omotransfobia bocciata dal Senato, che rischia di certificare il fallimento del testo approvato alla Camera.
Le tempistiche
Il tempo stringe: se dovessero esserci ulteriori modifiche alla norma, infatti, dovrà tornare a Montecitorio. Considerato che alla chiusura della legislatura mancano appena dieci mesi e c’è da approvare anche una legge di bilancio, difficile che sia possibile.
La scelta di Pillon come relatore del testo rende reali i timori dei partiti che sostengono il testo e avevano cercato fino all’ultimo di scongiurare questa ipotesi.
L’altra questione che preoccupa chi è a favore del testo concordato, Pd, M5s e Leu, è che con quattro relatori è ancora più improbabile trovare facilmente una sintesi. Un provvedimento in mano a quattro persone diverse è un episodio con nessun precedente, almeno negli ultimi anni. Perfino per i provvedimenti più complessi, come la legge di Bilancio, vengono previsti due, al massimo tre relatori.
Adesso, secondo il capogruppo Pd in commissione Giustizia, Franco Mirabelli, c’è margine per fare il ciclo di audizioni e la discussione generale sul testo in un solo mese, per poi fissare il termine degli emendamenti e passare a inizio giugno a discuterli per trovare una sintesi. Il Pd sarebbe dunque disposto anche a modificare il testo per portare a casa il provvedimento.
«Al Pd interessa affrontare un problema concreto per i cittadini e al Pd interessa dimostrare che la politica, su questi temi che riguardano i diritti civili, non può dipendere dalla Consulta ma è in grado di fare le riforme». Il riferimento è alla sentenza della Consulta che dopo il caso di Dj Fabo aveva ordinato al parlamento già nel 2019 di legiferare a stretto giro sul fine vita, definendo una legge sul tema un «indispensabile intervento del legislatore».
Team Ostellari-Pillon
Non sarà facile lavorare però sotto l’occhio vigile di Pillon e Andrea Ostellari, il presidente leghista della commissione Giustizia al Senato, che già in diverse occasioni ha messo i bastoni fra le ruote ai provvedimenti sui diritti civili proposti dal centrosinistra. La combinazione non è sfuggita all’Associazione Luca Coscioni, che ha commentato per bocca di Marco Cappato e Filomena Gallo.
«Della Lega c’è già il presidente della commissione giustizia - hanno aggiunto Gallo e Cappato - non era quindi necessario o automatico che uno dei coordinatori dell’iter dovesse esser affidato al Senatore Simone Pillon, noto fin dall’inizio della Legislatura per esser contrario a qualsiasi regolamentazione di scelta personale sul proprio corpo che non sia la criminalizzazione assoluta. La presenza di Pillon come relatore è emblematica di una volontà di scontro che non crediamo sia condivisa nemmeno da tutto il centrodestra».
Il relatore ha un ruolo importante, guidando gli altri parlamentari nell’analisi del testo di legge e presentando modifiche o decidendo cosa può essere approvato e cosa no. Adesso, Pillon potrà farlo anche sul testo che riguarda il fine vita: una prospettiva che dimostrerebbe, come è successo per la legge Zan, la difficoltà del parlamento a legiferare sui diritti civili.
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