L’astensionismo crescente mette in evidenza il ruolo dei “cacicchi” e dei signori delle tessere. In Basilicata l’ex presidente ha portato il 7,5 per cento. Per giugno è caccia ai mister preferenze
Con ogni elezione, arriva il tempo di contarsi. E, in questa fase crepuscolare in cui portare gli elettori ai seggi è un’impresa, il voto personale – le “truppe cammellate” pronte a votare il singolo candidato - pesa ancora di più. Lo insegna il caso Basilicata: con meno di un votante su due a infilare la scheda nell’urna, chi può contare sul proprio pacchetto di voti può contarsi agilmente e anche mostrare il suo peso.
L’effetto si è visto con la lista di Azione, in una inedita alleanza con il candidato di centrodestra Vito Bardi. Il partito di Carlo Calenda, infatti, è diventato il rifugio di Marcello Pittella, già governatore della regione con il Pd dal 2013 al 2018 e consigliere di opposizione allo stesso Bardi nella passata legislatura. Pur dopo l’eclatante giravolta da capofila del centrosinistra a candidato consigliere di centrodestra, Pittella è stato il secondo candidato più votato con 7.157 preferenze. Addirittura la lista di Azione, con il 7,5 per cento, ha portato al centrodestra ben 19646 voti: appena 900 meno della Lega, con cui si è contesa il terzo posto in coalizione.
Lo stesso effetto si manifesta anche nel voto alle europee, in cui l’affluenza è storicamente piuttosto bassa: a quelle del 2019 si fermò al 54,5 per cento, nel 2014 si arrivò al 57,2 per cento. E soprattutto dove la lege elettorale è particolarmente favorevole: c’è il voto di preferenza in collegi di dimensioni regionali e la soglia di sbarramento al 4 per cento impone di cercare candidati in grado di superare l’ostacolo. Per questo tutti – partiti grandi e piccoli – sono a caccia dei cosiddetti “cacicchi”, i ras delle preferenze.
Mr preferenze
La mossa è evidente soprattutto nella Lega, a caccia della doppia cifra. Al nord Matteo Salvini ha provato - senza riuscirci – a candidare i governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, entrambi eletti con il traino della loro lista personale. In Veneto, quella di Zaia pesa il 44 per cento, con oltre 900mila preferenze (quasi tre volte quelle della Lega). In Friuli, la lista Fedriga è arrivata a un buon 17 per cento, con oltre 70mila voti.
La campagna acquisti, invece, è stata vincente al sud dove l’ex sindaco di Catania ed eurodeputato uscente di Fratelli d’Italia, Raffaele Stancanelli, ha accettato il corteggiamento leghista. La speranza è che porti in dote le sue 30mila preferenze, più votato nella circoscrizione Isole dietro solo a Giorgia Meloni che era candidata ovunque.Altro nome imbarcato dai leghisti è quello di Aldo Patriciello, imprenditore molisano cresciuto nella Dc ed eurodeputato uscente di Forza Italia ma che si è scontrato coi vertici del partito e intende far pesare altrove le sue oltre 80mila preferenze nel 2019.
In Sicilia, invece, sta ancora cercando casa a destra la Dc rifondata da Totò Cuffaro: l’ex governatore condannato per favoreggiamento è convinto di controllare circa 140mila elettori sull’isola, ma per ora sono chiuse le porte di Forza Italia e anche quelle della Lega. Per questo per lui sarebbe in campo anche l’ipotesi di dirottare il suo pacchetto di voti su un candidato esterno rispetto al suo movimento. Il fortunato non è ancora stato indicato definitamente, ma retroscena regionali parlano di una possibile convergenza sulla radicale Rita Bernardini, che guiderà nelle Isole la coalizione “Stati Uniti d’Europa” di Italia Viva e Più Europa.
Certa nella lista di Matteo Renzi al sud, invece, è la candidatura di Sandra Mastella, moglie del principe di Ceppaloni e maggiorente della prima repubblica Clemente Mastella. Nel suo feudo del beneventano, l’ex ministro peserebbe circa 80mila preferenze. Numeri che bastano per eleggere un eurodeputato e che potrebbero essere fondamentali per un cartello elettorale che ha come obiettivo il superamento del 4 per cento.
Come pesarsi
La scelta di candidarsi alle europee serve quindi per pesarsi e in molti casi l’obiettivo non è certo il singolo seggio ma la dimostrazione di forza utile per le successive tornate elettorali. È il caso, per esempio, della consigliera regionale veneta Elena Donazzan, storico volto di Fratelli d’Italia e aspirante al ruolo di governatrice dopo l’addio di Zaia. Nel suo partito ha come avversario interno il coordinatore Luca De Carlo, ma lei è la donna più votata in regione con 10mila preferenze individuali nel 2020. A queste europee, con il vento che spingerà la lista di FdI, l’assessora all’Istruzione punta a fare un risultato che renda la sua ambizione a palazzo Balbi ben più di una suggestione.
Un obiettivo simile guiderà anche la campagna elettorale di Letizia Moratti. L’ex sindaca di Milano sarà candidata nella circoscrizione Nord-Ovest dietro al segretario Antonio Tajani e può già mettere in campo gli oltre 152 mila voti ottenuti dalla sua lista personale come candidata presidente della regione Lombardia del terzo polo. L’effetto potrebbe essere quello di superare in preferenze anche il leader del partito e l’apertura della sua campagna elettorale in grande stile, con Ivana Spagna sul palco e Milano tappezzata di manifesti, mostra come Moratti non intenda badare a spese.
Anche nel Pd la tentazione di usare le europee per mostrare la propria forza interna c’è. È il caso di Antonio Decaro, sindaco di Bari e ora al centro di una difficilissima situazione sia a livello cittadino che regionale, dopo la richiesta di scioglimento del comune per mafia da parte del centrodestra e le inchieste che hanno colpito la giunta di Michele Emiliano. Decaro punta a fare un ottimo risultato al Sud con due possibili effetti: da un lato ipotecare la possibile candidatura alle prossime regionali in Puglia, dall’altro però anche mostrare i muscoli dentro il partito. Il presidente dell’Anci, infatti, è uno dei possibili pretendenti della segreteria dem, se la guida di Elly Schlein entrerà in crisi dopo le europee.
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