- L’attenzione è focalizzata sull’attuazione del (Pnrr). Tante le scadenze tra settembre e dicembre che rischiano lo sforamento a causa della campagna elettorale, a partire dal ddl Concorrenza che andrebbe approvato entro l’anno.
- In sospeso c’è pure la riforma fiscale, altro provvedimento al centro di un aspro scontro politico nei mesi scorsi. A giugno il testo è stato approvato alla camera, ora rischia di fermare il cammino al senato.
- A dicembre scade la formula di quota 102 per le pensioni. Senza una intervento legislativo, torna in vigore integralmente la legge Fornero.
Il freno premuto sulla strada del nuovo decreto Aiuti per le famiglie. E un brusco stop a qualsiasi iniziativa sul taglio del costo del lavoro, il cuneo fiscale, da destinare al rafforzamento della busta paga dei lavoratori. Il governo aveva avviato il confronto con le parti sociali per valutare la portata dell’intervento.
La forchetta su cui si ragionava era tra i cinque e i dieci miliardi di euro da mettere sul piatto. La crisi di governo ha bloccato ogni ragionamento e l’eventuale decreto di scioglimento delle camere lo metterebbe in archivio, insieme alle misure allo studio per contrastare l’aumento dei prezzi. Dalle bollette al carrello della spesa. Queste sono solo due possibili conseguenze nel caso in cui, mercoledì prossimo, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, dovesse confermare l’intenzione di chiudere l’esperienza a palazzo Chigi, accelerando le elezioni anticipate. Il ventaglio di dossier aperti è molto ampio.
Si ferma tutto
Ci rientrano anche leggi sui diritti civili come quelle sulla cannabis o sullo ius scholae, definitivamente spazzate via con il ritorno alle urne. Si fermerebbe, inoltre, il percorso faticosamente iniziato del salario minimo, uno dei vessilli del Movimento 5 stelle. Le interlocuzioni avviate dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, resterebbero lettera morta.
L’attenzione, tuttavia, è focalizzata sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), uno dei motivi che ha portato alla nascita dell’esecutivo di unità nazionale. Il mancato rispetto dei tempi stabiliti farebbe saltare l’invio della nuova tranche economica da parte dell’Unione europea. Uno scenario che diventa plausibile.
Entro la fine dell’anno bisogna infatti approvare il ddl Concorrenza, attualmente in esame in commissione attività produttive della Camera. Sul provvedimento non mancano le tensioni, come testimoniato dalle recenti proteste dei tassisti.
Ma, al netto dei singoli articoli contestati, tra le varie riforme da completare senza deroghe ci sono quella delle concessioni per la gestione di porti, il piano per la rete energia elettrica e infine la revisione dei sistemi di servizi pubblici locali. Misure contenute nel testo fermo a Montecitorio.
Con le elezioni in pieno autunno diventa molto improbabile, se non impossibile, l’approvazione di questi interventi, inclusi i relativi decreti attuativi emanati entro dicembre. Non a caso palazzo Chigi aveva fissato agosto come termine ultimo dell’iter parlamentare, garantendosi almeno quattro mesi per predisporre i testi regolatori.
Le green communities
Ma, per quanto sia uno dei più mediatici, non è il solo punto da dirimere in merito al Pnrr. Durante l’ipotetica campagna elettorale, si sforerebbero i tempi di alcuni punti inclusi nel cronoprogramma del Recovery plan. Entro la fine di settembre bisogna provvedere all’aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per la selezione delle Green communities, ossia il finanziamento, con 135 milioni di euro, di comunità locali che seguono piani di sviluppo sostenibile.
Un compito che spetta al ministero della Transizione ecologica, guidato da Roberto Cingolani. La stessa scadenza, però, riguarda il ministero delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili (Mims) per «l’entrata in vigore della riforma che deve garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati».
Sempre il Mims è chiamato ad attuare il completamento del polo strategico nazionale, l’infrastruttura digitale che accentrerà la gestione dei dati e dei servizi di tutte le amministrazioni centrali, delle Asl e degli enti locali, dalle regioni alle città con più di 250 mila abitanti.
E ancora: il ministero del lavoro deve garantire l’entrata in vigore, a livello regionale, di tutti i piani per i centri per l’impiego, il dicastero della Ricerca deve invece potenziare, mettendo a disposizione nuovi posti letti, gli alloggi per gli studenti.
Giustizia congelata
Mentre il ministero della Giustizia dovrà ultimare i decreti necessari alla riforma del processo civile e penale, alla riforma del quadro in materia di insolvenza, contestualmente all’avvio delle procedure di assunzione per i tribunali civili e penali. Una sequenza di impegni davvero lunga, tra target (obiettivi) e milestone (traguardi) fissati.
E c’è un problema ulteriore: i ministeri dovrebbero svolgere questo lavoro all’interno di un governo in carica per il disbrigo di affari correnti. «Dovrebbe essere configurabile come ordinaria amministrazione. Ma il grado di opinabilità è forte», dice Andrea Pertici, professore ordinario di diritto costituzionale nell’università di Pisa.
Caro vecchio fisco
Insomma, nulla lo vieta ma qualche ragione di opportunità potrebbe essere sollevata. A restare in sospeso c’è poi la riforma fiscale, altro provvedimento al centro di un aspro scontro politico nei mesi scorsi. A giugno c’è stata l’approvazione alla camera, il testo è approdato al senato dove si pensava in un rapido passaggio, con il via libera entro agosto.
Ma dopo la crisi di governo resta solo un buon auspicio. E non c’è solo il Pnrr a essere interessato dallo stop alla legislatura. A inizio agosto scade lo sconto di 30 centesimi per i prezzi del carburante. Oltre al rinnovo della misura, palazzo Chigi stava valutando un ulteriore taglio dei costi. Il decreto potrebbe essere varato lo stesso, ma dovrebbe limitarsi al minimo indispensabile.
Senza dimenticare, infine, il nodo delle pensioni: a dicembre scade la formula di quota 102. Servirebbe una nuova riforma, altrimenti torna in vigore la legge Fornero.
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